Se avete letto 'La tragedia delle ciliege triangolari' di Silvano Agosti sapete già di che cosa voglio parlare, se non lo avete letto potete trovare il breve testo incluso in questo pdf, scaricabile liberamente, dal titolo 'Il genocidio invisibile'.
Comincio dal fatto in sé, asciutto asciutto. Chi conosce la storia delle ciliege triangolari sa già che in quel capitoletto la maestra, dopo aver rimproverato il bambino per aver disegnato le ciliege triangolari e rosa, lo corregge e gli ordina di farle tonde e rosse. Ebbene, durante un corso di aggiornamento per docenti, dove ho parlato di pedagogia libertaria, ho avuto modo di leggere ai partecipanti anche 'La tragedia delle ciliege triangolari'. Alla fine del corso, e dopo aver chiarito alcuni aspetti della pedagogia libertaria, una collega è venuta da me a chiedermi conto e ragione di quelle ciliege (s'era legata al dito un'obiezione e voleva a tutti i costi rivolgermela), non tanto perché io mi ricredessi sulla pedagogia libertaria, ma per dimostrarmi implicitamente tutto il suo attaccamento al sistema e a quella pedagogia tradizionale che io definisco del 'si è sempre fatto così'. L'obiezione era questa: 'La maestra ha fatto bene a correggere il bambino, poiché tutti i bambini devono imparare che le ciliege sono tonde e rosse, e non triangolari e rosa'. Per inciso dico che per fortuna la mia collega si è limitata a questo senza scadere nella sequela di luoghi comuni e sciocchezze del genere 'altrimenti ognuno fa quel che gli pare e ci sarebbe anarchia', intendendo con questo la sciocchezza secondo cui anarchia equivale a caos e violenza e disordine, ecc. Invece in questo modo ho potuto sbrigarmi a risponderle. Il fatto si è -le ho detto- che quel bambino, per poter disegnare le ciliege triangolari, ha dovuto necessariamente avere delle ciliege un'esperienza precedente, se non avesse avuto questa esperienza (magari le ha pure mangiate) non avrebbe potuto disegnare alcuna ciliegia, men che meno triangolare.
Comincio dal fatto in sé, asciutto asciutto. Chi conosce la storia delle ciliege triangolari sa già che in quel capitoletto la maestra, dopo aver rimproverato il bambino per aver disegnato le ciliege triangolari e rosa, lo corregge e gli ordina di farle tonde e rosse. Ebbene, durante un corso di aggiornamento per docenti, dove ho parlato di pedagogia libertaria, ho avuto modo di leggere ai partecipanti anche 'La tragedia delle ciliege triangolari'. Alla fine del corso, e dopo aver chiarito alcuni aspetti della pedagogia libertaria, una collega è venuta da me a chiedermi conto e ragione di quelle ciliege (s'era legata al dito un'obiezione e voleva a tutti i costi rivolgermela), non tanto perché io mi ricredessi sulla pedagogia libertaria, ma per dimostrarmi implicitamente tutto il suo attaccamento al sistema e a quella pedagogia tradizionale che io definisco del 'si è sempre fatto così'. L'obiezione era questa: 'La maestra ha fatto bene a correggere il bambino, poiché tutti i bambini devono imparare che le ciliege sono tonde e rosse, e non triangolari e rosa'. Per inciso dico che per fortuna la mia collega si è limitata a questo senza scadere nella sequela di luoghi comuni e sciocchezze del genere 'altrimenti ognuno fa quel che gli pare e ci sarebbe anarchia', intendendo con questo la sciocchezza secondo cui anarchia equivale a caos e violenza e disordine, ecc. Invece in questo modo ho potuto sbrigarmi a risponderle. Il fatto si è -le ho detto- che quel bambino, per poter disegnare le ciliege triangolari, ha dovuto necessariamente avere delle ciliege un'esperienza precedente, se non avesse avuto questa esperienza (magari le ha pure mangiate) non avrebbe potuto disegnare alcuna ciliegia, men che meno triangolare.
Ho pensato poi: possibile che un ragionamento così semplice e logico le abbia fatto difetto? Possibile che anche il semplice e trito concetto di 'rielaborazione personale della realtà' le sia sparito del tutto? Sì, in questo tipo di società è possibilissimo, purtroppo. E non mi riferisco soltanto al caso specifico delle ciliege e circoscritto alla mia collega. Questa è una società dove gli automatismi mentali, i dogmi, le convenzioni, i formalismi, hanno finito per ingolfare la logica, il ragionamento, e pure il senso delle parole. Ne sono vittima anche io, non crediate, ma combatto gli automatismi, mi sono sempre messo in discussione per emanciparmi, e continuo a farlo. Perciò, quando sostengo che occorre mettere in dubbio ogni convinzione, lo dico a ragion veduta e vissuta sulla mia pelle. Però attenzione. Ho notato che quando si tratta di difendere il meccanismo sistemico societario, le persone diventano abilissime alla critica, ma è una critica non costruttiva, ferocissima proprio perché cieca, autoritaria e conservatrice. Ad esempio, qualche persona, anziché discutere intorno ai concetti qui espressi, potrebbe aprire una disquisizione infinita sull'uso della parola ciliege con o senza la 'i'. Sterili critiche formaliste a cui non bado più. Una buona critica costruttiva dovrebbe invece legarsi al rifiuto di rimanere ancorati al 'si è sempre fatto così', significa predisporsi a un vero cambiamento, significa progredire, guardare alla sostanza e non alla forma, avanzare nei fatti e sulla linea libertaria.
Invece questa è una società che non vuole cambiare, è stabile sulla sua linea autoritaria (non ne conosce altre, e ciò che conosce di anarchico libertario è viziato dal pregiudizio), e d'altra parte la scuola è istituzionalmente preposta alla conservazione di questo tipo di società. Non chiedete alla maggioranza dei docenti di lasciare liberi i bambini di giocare, di divertirsi, di esprimersi, di scegliere... si offenderebbero o si arrabbierebbero. La maggior parte delle persone, docenti inclusi, vede nella libertà degli altri un mostro da combattere e da uccidere senza pietà, e queste persone ci riescono benissimo perché la legge e la morale in cui credono glielo consentono, e di questa legge e di questa morale si fanno forza, salvo poi predicare ipocritamente la libertà di espressione a destra e a manca, senza parlare della pace, della fratellanza, della giustizia. Parole. Per queste persone, una ciliegia triangolare rappresenta davvero una tragedia, per la loro falsa coscienza anzitutto! Quello che c'è a scuola è esattamente quello che c'è nella società, e viceversa, le due facce della medaglia concorrono -a circuito chiuso- alla loro autoformazione continua e autoritaria. La scuola forma la società, la società forma la scuola. Da dove partire per far cambiare le cose? Ci si arriva con un minimo di ragionamento.
Si dirà, credo a torto, che l'obiezione di quella mia collega ha dell'incredibile proprio perché è stata una docente a rivolgermela, cioè una persona che dovrebbe conoscere almeno teoricamente il significato di creatività, dovrebbe quantomeno conoscere i motivi per cui sono nate le Avanguardie, o il verso libero in poesia, o tutti quei cervelli che, accusati dalle istituzioni e dalla società, hanno poi fatto progredire l'umanità (anche se il progresso gestito dal sistema finisce sempre per giovare alle varie governances élitarie e padronali). Eppure, se a quella collega io ponessi la seguente domanda: per quale motivo gli artisti come André Derain (vedi foto) sovvertivano tutti i colori? sono sicuro che, in qualche modo, senza ricorrere ad alcuno studio specifico, si sforzerebbe di trovare i motivi per rispondere più o meno correttamente. Magari direbbe che 'le sue opere sono l'espressione di un sentire la realtà in modo del tutto personale', oppure potrebbe dire che 'quelli erano anni in cui la sovversione delle regole accademiche predisponeva alla sovversione delle regole sociali imposte'. Ecco, sono sicuro che cercherebbe le parole e i concetti per rispondermi più o meno così, e allora perché non le ha ricercate nel caso delle ciliege triangolari? Il fatto si è che resiste ancora la triste convinzione secondo cui i bambini sono esseri informi, inferiori, vuoti, da addestrare, da moralizzare, che debbano 'imparare a stare nella società', in questo tipo di società e non un'altra, esattamente come la società ordina, praticamente copiando dagli adulti totalmente scolarizzati e assorbendo da loro acriticamente (pena punizione) i loro dettami, il loro unico punto di vista 'serio' sul mondo, quello imparato a scuola, quello voluto dal sistema che serve proprio al sistema. Così non se ne esce più. Ma se è questo quello che vuole la società, allora dovrebbe essere fiera di sé e dei suoi risultati. Ma visto che la società di Stato continua a lamentarsi dei mali che si autoprocura da secoli, dovrebbe smetterla di clonare se stessa attraverso la scolarizzazione tradizionale dei bambini.
Si dirà, credo a torto, che l'obiezione di quella mia collega ha dell'incredibile proprio perché è stata una docente a rivolgermela, cioè una persona che dovrebbe conoscere almeno teoricamente il significato di creatività, dovrebbe quantomeno conoscere i motivi per cui sono nate le Avanguardie, o il verso libero in poesia, o tutti quei cervelli che, accusati dalle istituzioni e dalla società, hanno poi fatto progredire l'umanità (anche se il progresso gestito dal sistema finisce sempre per giovare alle varie governances élitarie e padronali). Eppure, se a quella collega io ponessi la seguente domanda: per quale motivo gli artisti come André Derain (vedi foto) sovvertivano tutti i colori? sono sicuro che, in qualche modo, senza ricorrere ad alcuno studio specifico, si sforzerebbe di trovare i motivi per rispondere più o meno correttamente. Magari direbbe che 'le sue opere sono l'espressione di un sentire la realtà in modo del tutto personale', oppure potrebbe dire che 'quelli erano anni in cui la sovversione delle regole accademiche predisponeva alla sovversione delle regole sociali imposte'. Ecco, sono sicuro che cercherebbe le parole e i concetti per rispondermi più o meno così, e allora perché non le ha ricercate nel caso delle ciliege triangolari? Il fatto si è che resiste ancora la triste convinzione secondo cui i bambini sono esseri informi, inferiori, vuoti, da addestrare, da moralizzare, che debbano 'imparare a stare nella società', in questo tipo di società e non un'altra, esattamente come la società ordina, praticamente copiando dagli adulti totalmente scolarizzati e assorbendo da loro acriticamente (pena punizione) i loro dettami, il loro unico punto di vista 'serio' sul mondo, quello imparato a scuola, quello voluto dal sistema che serve proprio al sistema. Così non se ne esce più. Ma se è questo quello che vuole la società, allora dovrebbe essere fiera di sé e dei suoi risultati. Ma visto che la società di Stato continua a lamentarsi dei mali che si autoprocura da secoli, dovrebbe smetterla di clonare se stessa attraverso la scolarizzazione tradizionale dei bambini.
Una ciliegia è rotonda, perciò bisogna disegnarla così. E chi lo ha stabilito? E con quale diritto? E a quale scopo? E colui o colei che sostiene la copia fedele della realtà, è forse in grado di copiare fotograficamente una ciliegia? Può dimostrare tale abilità? E se sì (fatto raro), può dire se tale abilità risponde alle reali esigenze dell'umanità e della sua emancipazione? Domande, queste, le cui eventuali risposte gronderebbero di ignoranza, di
violenza, di retorica, di vacuo, di oscurantismo, di adattamento. Che cosa vuol dire copiare se non riprodurre l'esistente, tale e quale, proprio come avviene in una catena di montaggio? A chi giova questa ri-produzione meccanica e di routine dell'esistente? Questa è la società dove la creatività è bandita, accusata, derisa, una società fatta di gente incapace di pensare con la propria testa, incapace di fantasia, di sogno, una società ripiegata sul suo nulla violento, e che pretende di insegnare se stessa ai bambini, ritenendoli degli idioti. L'addestramento alla copia è dappertutto, e che sia copia perfetta di ciò che viene imposto, dalla tv, dal cinema, dai videogiochi, dalle architetture cittadine, dalla morale autoritaria. Gli studenti copiano i loghi delle squadre di calcio e delle multinazionali, e quando si invitano gli studenti a creare un proprio logo molti di loro hanno evidenti difficoltà. Vedo bambini di 11 anni già addomesticati che mi dicono: 'non ho fantasia, preferisco copiare le figure del diario'. A chi pensate possa giovare tutto questo?
E' davvero il caso che io spieghi qui il significato di creatività? E' il caso che io esponga i meravigliosi motivi per cui gli artisti del Novecento abbiano guardato ai disegni dei bambini molto piccoli come vere opere d'arte? E' il caso che io dica, citando Fabrizio De Andrè, che sarebbe opportuno cominciare a mettere in discussione le consuetudini 'perché le pupille abituate a copiare inventino i mondi sui quali guardare'? No, non sarò io a spiegarvelo qui, fatevelo spiegare dai bambini di tre anni, osservandoli e lasciandoli in pace, ammesso che riusciate a sopportarvi nel vedervi così prigionieri di fronte alla loro splendida libertà.
P.S. Se ne avete ancora voglia, potete leggere le considerazioni di due ragazzine dopo aver letto in classe 'La tragedia delle ciliege triangolari'. Cliccate qui.