Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Scoprire per la prima volta la libertà.

Durissimo colpo, oggi, per gli alunni di una classe prima media. Un colpo tanto duro quanto benefico. Esperienza straordinaria nel vero senso della parola.
Oggi, primo giorno di scuola, la classe proveniente dal ciclo elementare non soltanto ha dovuto superare lo shock del cambio di Istituto e di insegnanti, ma anche quello relativo allo stravolgimento totale della loro (già distorta) concezione di libertà.
Ultima ora, suona la campanella, entro in classe ma non vado alla cattedra, mi siedo per terra appoggiato alla parete opposta alla cattedra, il più lontano possibile da quest'ultima, in grembo ho il nuovo registro personale. Attimi di sconvolgimento emotivo, uno stupore indicibile si stampa negli occhi degli studenti, i quali, completamente spiazzati, non sanno che fare, cosa dire, come reagire, non capiscono questa sovversione della regola da parte mia. Gli studenti stanno seduti al posto che è stato loro assegnato, ma sono tutti voltati con lo sguardo verso di me e questo li costringe ad una posizione innaturale e scomoda. Li ho invitati a sedersi per terra vicino a me. Si sono fiondati immediatamente. Non è caduto il mondo.
Da quella posizione ho cominciato ad aprire la porta della loro prigione e a far capire che cosa sia la vera libertà. Ho parlato della scuola tradizionale, delle sue regole ipocrite, della sua vocazione a forgiare sudditi obbedienti, del fatto che io non faccio come gli altri insegnanti, non lascio compiti per le vacanze, non considero nessuno inferiore o superiore, io stesso non sono superiore a loro e non devono considerarmi tale. Ho parlato soprattutto del concetto di libertà che si sposa con quello della responsabilità. Ho detto che nessuno dovrà mai chiedermi il permesso per andare in bagno o per fare altre cose, se queste cose però non provocano fastidio agli altri o non ledono il bene comune. Ho spiegato che il concetto di libertà è in realtà una pratica (quella che stavamo facendo, ad esempio) e che questa pratica non vuole dire disorganizzazione e caos, ma superorganizzazione e ordine, un altro tipo di ordine, un superordine, quello che io definisco ordine morale-naturale che poggia su altre regole (anch'esse morali-naturali) di reciproca collaborazione e di rispetto. Ho fornito loro alcuni esempi che sono stati compresi al volo.
Un bambino però non ce l'ha fatta a sganciarsi dalla sua prigione, dalla routine, dalla 'ginnastica d'obbedienza', e mi ha chiesto il permesso di andare in bagno. Naturalmente gli ho domandato subito per quale motivo mi avesse chiesto il permesso per questo suo bisogno-diritto naturale, e per quale motivo, poi, io avrei dovuto negarglielo; lui ha capito subito e, senza dirmi niente, è andato a fare pipì, autoresponsabilizzandosi nell'esercizio della libertà.
Letteralmente traumatizzati da così tanta libertà e da sì chiara verità (venuta a galla anche nella loro coscienza), questi ragazzi e queste ragazze non hanno fatto altro che assumere per tutto il tempo espressioni di enorme stupore per questa piacevolissima novità. Bocche aperte, sbigottimento, meraviglia, lampi di vita negli occhi... sembrava che avessero trovato un tesoro sepolto, e in un certo senso è così. Allora ho chiesto loro se li avessi colpiti in bene o in male: 'benissimo' hanno risposto, ancora increduli e straordinariamente sereni. Si è già creato un clima di rispetto reciproco e di forte complicità.
Questi atteggiamenti, queste espressioni di grandissimo stupore, ci dànno la misura esatta di come a 10 anni gli individui siano già abituati alla non-libertà, alle regole coercitive imposte da qualcun altro, da un capo. Questa classe, completamente ignorante in materia di libertà, ricalca già in maniera fedele i tratti della società. Adesso chiedetevi: se a 10 anni le persone sono già così allenate ad obbedire e così lontane dal concetto di libertà, quanto schiavo è il popolo nei confronti del sistema gerarchico e coercitivo dello Stato?

'Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d'obbedienza...' (F. De André, 'Nella mia ora di libertà')

L'evoluzione di Matteo e il suo esame di terza media

Matteo ha avuto un percorso didattico tradizionale molto accidentato, quando l'ho conosciuto aveva già ripetuto un anno. Lo studio delle materie tradizionali, spiegate in modo tradizionale, non lo appassionava per niente, anzi lo odiava (come dargli torto?). Matteo era quel che si dice comunemente 'un ragazzo problematico', irascibile e litigioso. Gli mancava forse una motivazione capace di appassionarlo a qualcosa?
E' successo che, a un certo punto, quando ho cominciato a collegare l'Arte all'ideale anarchico, spiegando i princìpi di giustizia sociale e di libertà che circolavano tra Ottocento e Novecento, svelando al contempo le menzogne del sistema, Matteo ha cominciato a essere attentissimo. Prendeva appunti, cosa mai vista prima. Aveva trovato la motivazione e aveva perciò cominciato a osservare tutte le cose dal punto di vista eminentemente anarchico, ponendo alla base di tutti i suoi ragionamenti i valori morali dell'anarchia, la pace, la fratellanza, l'uguaglianza, il bene collettivo, la giustizia (vera) e naturalmente la vera libertà. I miei colleghi erano contenti del suo cambiamento, ma non sapevano a che cosa fosse dovuto, si limitavano a dire: 'è molto più responsabile'.
Matteo era arrivato al punto di integrare le lezioni con i suoi interventi, trapuntando i discorsi con esempi coerenti, utilizzando anche la lavagna per disegnare.

L'esame.
Il primo giorno d'esame (Italiano scritto), Matteo scelse la traccia che più lo stimolava nella trattazione di argomenti legati ai problemi sociali. Scrisse parecchio sul problema dell'acqua in Africa, utilizzando questo tema per parlare dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, senza mai però scrivere la parola 'anarchia' e i suoi derivati (aveva capito che in quella sede sarebbe stato meglio non stimolare i pregiudizi). Quando i miei colleghi lessero il suo tema rimasero positivamente colpiti, direi stupefatti, non soltanto per l'argomento scelto, ma anche per come Matteo lo avesse svolto, con una maturità fuori dal comune, tracciando una linea logica perfetta che andava dalla denuncia del problema, alla sua vera causa, fino alla soluzione. Un discorso squisitamente di denuncia, lodato da tutti i miei colleghi (con tanto di applauso), ma se Matteo avesse scritto la parola 'anarchia' sono certo che i miei colleghi, per stupido pregiudizio, avrebbero storto il naso. Avviene sempre così: tutti lodano certi princìpi fintanto che non viene pronunciata la parola 'anarchia' o 'anarchico', ecc.
Ecco che il brutto anatroccolo, svogliato, punito e accusato da tutti, che odiava a morte i miei colleghi e le mie colleghe, è diventato un individuo cosciente, attento ai problemi sociali e in grado di capirne le vere cause, quindi di fornirne le soluzioni. La cosa buffa -e direi anche assurda- è che questa maturità, questa responsabilità, attiene certamente soltanto alla natura di Matteo e alla sua propria autodeterminazione, ma i miei colleghi credono che 'il miracolo' sia avvenuto per merito loro.

Primo settembre, docenti all'appello

Come ogni anno, il primo collegio dei docenti è una sorta di avviso, come dire: 'inutile sospirare, ormai ci siete e riabituatevi al più presto'. E' stato bello il periodo delle vacanze, chi è partito per nuovi lidi, chi è rimasto (vista la crisi), chi si è dedicato all'alpinismo, chi alla marina, chi all'agricoltura o alla botanica, ecc. C'è chi, come me, si è dedicato alla lettura e alla pittura in assoluto relax. Insomma, le vacanze sono l'unico periodo in cui l'essere umano gode e si rigenera. Cosa vuol dire questo? Semplicemente che l'Uomo ha una vitale necessità di se stesso, di curare i propri svaghi, di creare, di pensare al proprio bene e anche a quello degli altri. E' una necessità umana e naturale, è la vera vita.
Invece no, la scuola statale, così come le altre attività strutturate secondo un modello ripetitivo e competitivo-aziendale, diventa un obbligo da assolvere militarmente! E vale forse soprattutto per i ragazzi e le ragazze. Guardiamoli bene questi studenti in prossimità dell'inizio anno scolastico, guardiamo come i loro occhi si spengono a poco a poco, la maschera della disperazione riprende la triste forma abituale, quando invece durante le vacanze i loro occhi sorridevano e i loro abbracci erano davvero sinceri. Poveri ragazzi, costretti di nuovo allo smaronamento, all'autorità, alle ingiustizie, al dovere, all'abitudine, alla sudditanza permanente.
Per noi docenti è la stessa cosa, già il primo di settembre uno smaronamento indicibile con un dirigente scolastico che non fa in tempo neanche a sedersi che subito pone i suoi paletti e i suoi diktat: 'lei faccia come dico io, perché lo dico io, perchè qui comando io'. Una infausta e deleteria logica che dovranno subire anche gli studenti, da noi, per imparare ad essere buoni, devoti all'autorità, allo Stato, al governo di turno. Anche quest'anno mi rifiuterò di fare il carabiniere o il giudice! Anche quest'anno cercherò di insegnare la libertà, clandestinamente, per quanto mi sarà possibile.
L'essere umano non ha bisogno di questo tipo di scuola, non ha bisogno di questo tipo di società. Ascoltiamoci dentro, profondamente. Non vorremmo tutti -docenti e studenti- tornare alle nostre adorate vacanze? Qualcosa dovrà pur dire, no?

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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