Una citazione al giorno

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Data Rivoluzionaria

La fabbrica del cono gigante

immagine presa dal web
Un grumo allegro di bambini, eccoli qui, sono in sei. Stanno giocando insieme con la sabbia del bagnasciuga. Mi piace osservare da lontano i giochi dei bambini, imparo sempre tante cose, e anche loro, giocando, vivendo insieme, imparano incidentalmente tante cose. Questi bambini e queste bambine avranno un'età compresa tra i sei e i dieci anni. Per fortuna accanto a loro non c'è nessun educatore, nessun adulto scolarizzato, nessun insegnante a dividerli per età e a rinchiuderli in qualche cella, sia essa scolastica o di casa, facendoli annoiare mortalmente 'per il loro bene'.
Inizia così la costruzione di un enorme cono, il loro cono di sabbia. Quando i bambini si mettono d'accordo non ce n'è per nessuno, bastano poche parole e due occhiate complici, poi si parte, e se è il caso - come quasi sempre è -  ci si mette d'accordo di continuo anche durante l'opera. Si lavora tutti insieme, febbrilmente, ma è divertente perché è per davvero un gioco, non certo qualcosa di imposto, non certo un ricatto salariale padronale. Questi bambini hanno avuto l'idea di costruire un cono partendo da una grossa pietra di circa 10 Kg e cominciando a ricoprirla di sabbia bagnata. Ecco la fabbrica del cono gigante! Osservo l'autorganizzazione perfetta, immediata, e soprattutto la spontaneità di ogni cosa. Due bambine si dedicano alla modellazione, mentre un bambino rivolta con la paletta la sabbia, e la accumula ben bene affinché una bambina  la trasporti al cantiere, un metro più in là.

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Dev'essere terribile, se ci si pensa, per la moltitudine degli adulti scolarizzati, vedere che, fatte le dovute proporzioni, si possa mettere in piedi un cantiere senza neppure nominare un capocantiere, né un architetto, né un ingegnere, senza insomma tutta quella sfilza di certificazioni gerarchizzate e gerarchizzanti (le specializzazioni di cui Ivan Illich parla spesso, e non certo in modo positivo). Ormai la nostra società non è più in grado di pensare al di fuori dello schema dato e a cui si è affezionata in modo religioso, tanto da non volersene staccare. Anche questi bambini, purtroppo, impareranno il modello culturale dominante e, salvo forse qualcuno, vorranno trasmetterlo agli altri, vorranno essere 'laureati in' solo per avere un ruolo nella macchina del capitale (la nostra  società), ma per adesso essi sono ingegneri, architetti, artisti, capi di se stessi, carpentieri, senza aver bisogno di alcuna certificazione statale, sono perciò persone e basta, e stanno usando la loro naturale e solidale intelligenza e curiosità, con gioia e in autonomia: tutte cose che la scuola uccide scientemente, per progetto occulto.
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Una volta finito il cono non so bene cosa sia successo, forse i bambini si saranno rimessi d'accordo, fattostà che il bambino più alto della ciurma taglia di netto col piede il vertice del cono. Ma nessuno si innervosisce per questo. Come mai? Ho capito! questi bambini vogliono prendere un'altra pietra e metterla sul tronco di cono, così da realizzare una costruzione ancora più alta. Due di loro, a quattro mani, prendono perciò una seconda pietra e la collocano sul cono mozzato, quindi tutti ricominciano con la sabbia a modellare questa che sembra ormai una cuspide della Sagrada Familia. Quanta gioia, quale slancio di energie, che spontaneità, e per fortuna, come dicevo prima, non c'è nessun adulto scolarizzato a disturbare queste creature con i soliti 'fai così, fai cosà, te lo faccio vedere io, sarebbe meglio fare così, tu non sei capace...'.
Il gioco poi cambia. Una volta finito il cono gigante si inizia con un intreccio reciproco di gambe (le proverbiali acrobazie dei bambini) dove a un certo punto, accavallata la gamba destra sulla gamba del vicino, e torcendo il corpo tutti insieme nello stesso momento, si viene a formare una volta a crociera, un gruppo scultoreo con le mani appoggiate per terra e le gambe che rimangono in alto, sospese. E' una tensostruttura umana! Prima provano in tre, poi in quattro, poi entra nel gioco una bambina davvero piccola di statura, talmente piccola che non riesce ad arrivare alle gambe degli altri per agganciarle, e allora rimane a guardare gli altri e a ridere. Gli altri, vedendo la piccola in disparte, decidono di cambiare gioco e di costruire una piramide umana, in maniera tale che la più piccola possa salire per ultima a formarne il vertice. E così fanno. Tutti si divertono magnificamente. Nel frattempo scopro che anche mezza spiaggia sta osservando divertita ed estasiata questi bambini autorganizzati, questi giochi così spontanei, così vitali e autoeducanti, dove non c'è neppure l'ombra di ideologie e dogmi, nessuna legge esterna da seguire, nessuna direttiva imposta dall'alto, e naturalmente nessun adulto a classificare e a dare premi e punizioni; c'è però l'infinita gioia di essere nel modo in cui ognuno vuole essere. Ciò non genera caos e violenza, al contrario porta convivialità, felicità condivisa con tutti, anche con me che guardo e imparo.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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