Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Quando pensi sia tutto giusto...

E' incredibile vedere come la maggior parte dei princìpi di costume, o morali, che la società reputa giusti, e che perciò ama anche insegnare con convinzione superdogmatica ai bambini, vadano sempre immancabilmente contro la società stessa, contro l'interesse dei singoli individui (ma ci sono ancora gli individui?). Il risultato è sempre diverso dalle aspettative. E' come amalgamare degli ingredienti in cucina, convinti di fare una determinata e buona ricetta, ma puntualmente viene fuori un'altra cosa, sempre indigesta, tossica.
Se non sapessi che esiste un piano culturale-pedagogico prestabilito all'origine, un'istruzione di massa in tal senso, non lo crederei mai possibile! E dire che larga parte di intellettuali e artisti, ancora all'inizio del Novecento, lo dicevano chiarissimamente, come anche gli anarchici oggi: distruggiamo la normalità, bandiamo la consuetudine, disintegriamo gli automatismi culturali... perché il potere è da distruggere, non da conquistare, ed il sistema non è da riformare, ma da abbattere!
Sarebbe un bell'esercizio, da parte di tutti quanti, cominciare a scardinare le certezze, scoprendo poi che la maggior parte di esse, magari proprio quelle su cui ci giocheremmo la vita, erano in realtà certezze false e distruttive, ma non posso costringere nessuno a fare questo esercizio di critica 'cubista' di smontaggio e osservazione analitica delle cose. Comunque la Storia è lì, intesa come esperienza e testimonianza, per chi la vuol vedere e farne tesoro. Alla mia veneranda età posso solo dire che se le persone non arrivano autonomamente a compiere questo salto ardito, se non arrivano da sole a destrutturare con coraggio le loro certezze, a entrare dentro le pieghe più profonde di questa cultura, scoprendone il fine indigesto già a partire dagli ingredienti iniziali, nessun altro può costringerle a farlo. Ma chi autonomamente lo fa, generalemente, poi, se ne compiace.

Se lo scopo non è anarchico, può solo essere autoritario

Ogni società educa e si autoeduca sul proprio modello, stendendosi sul corpo della madreforma che essa si è data, e in questo modo si autoriproduce. Ci sono però società, come la nostra, che non si scelgono spontaneamente la madreforma attraverso cui potersi autoriprodurre, perché questa madreforma è stata inizialmente, e continua ad essere, un disegno preciso voluto dalla classe agiata per poter continuare ad essere agiata e sfruttatrice. Un disegno che muta solo in apparenza a seconda di come tira il vento e la pancia della gente. Se oggi gli oppressori, come nel 1800, guardano alla scuola come ad uno strumento di liberazione, è solo perché il disegno pedagogico della classe agiata ha fatto bene il suo dovere, purtroppo. Gli oppressi non riescono a destrutturare più il dogma scolastico, anzi, lo innalzano devoti più di un tempo e tutt'al più lo vogliono soltanto modificato, ma mai eliminato. 
Se la società è un gruppo, la scuola è nata per dare a questo gruppo uno scopo, un obiettivo comune in cui credere. Ma come dimostrano i fatti, gli obiettivi che la scuola propaganda, e di cui si vanta, non sono gli stessi di quelli che nasconde e produce. C'è contraddizione tra ciò che la scuola dice di voler fare e ciò che fa, tra ciò che dice di voler produrre e ciò che in effetti produce. E questo però sembra essere chiaro soltanto alla classe agiata, che conosce bene gli scopi occulti della scuola, ed è ovvio, dato che è stata lei a volerli. Per dirne una: la scuola dal lato teorico (e retorico) condanna il bullismo, ma è proprio attraverso i suoi strumenti e tutta se stessa che lo crea (un esempio qui).
Un pensiero di John Dewey dice: 'Qualsiasi educazione data da un gruppo tende a socializzare i suoi membri, ma la qualità e il valore della socializzazione dipendono dagli scopi del gruppo'. Una società come la nostra, modellata per mezzo della competizione, del 'valore' militare e della gerarchia, non può certamente produrre libertà e pace, né avere scopi di autentica e diffusa solidarietà. Purtroppo.
Una buona società potremo averla soltanto descolarizzandola nel più breve tempo possibile, facendo in modo che le nuove generazioni sviluppino autonomamente le loro aspettative e attitudini, senza essere contaminate dagli adulti, dal nostro modello sbagliato, dalla nostra cultura, dai nostri valori a cui siamo affezionatissimi. Gli adulti non hanno alcun diritto di fare progetti sui loro figli, di conformarli, di pensare e agire al posto dei figli! Che costruiscano da soli, i bambini e le bambine, la loro madreforma, e che la modifichino o la distruggano quando vogliono, se lo vogliono. Siano loro a decidere, e nessun altro al di fuori di loro. I bambini non si privatizzano! Se questo fa paura agli adulti, è giunto il momento di combattere culturalmente questa paura stolta.
Il mio consiglio conseguente è anche quello di diffidare di quanti propongono visioni future di scuole riformate, luccicanti e coloratissime, magari pescando dagli (o gli) stessi argomenti propugnati dalle scuole libertarie e dall'anarchia, ma che di queste hanno soltanto l'imballaggio esterno patinato. Attenzione sempre agli scopi nascosti. Attenzione alle strumentalizzazioni politiche, che sono sempre in agguato, operazioni facili e demagogiche, abbaglianti, che aiutano sempre il sistema, alla fine, perché sono esse stesse il sistema! Guardiamo quindi sempre alla direzione, autoritaria o libertaria, e guardiamo all'obiettivo: se non viene dichiarato apertamente di volere lo smantellamento dello Stato, l'eliminazione di tutti i governi, hic et nunc, siamo certi che siamo di fronte a una enorme impostura: il solito inganno politico ben mascherato.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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