Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Quale scuola, secondo l'anarchia? Nessuna, ovviamente!


Contro il sistema educativo, contro l'idea stessa di scuola, l'anarchia ha sempre reagito opponendo all'atto di fede - che è andato via via rafforzandosi fino a oggi - la potenza del dato reale, l'inoppugnabilità dei risultati visibili. Sono infatti i risultati ottenuti dalla scolarizzazione, specie da quando è stata introdotta l'obbligatorietà dell'istruzione di stato, l'unica forza in grado di smantellare la falsità del dogma scolastico. Da più di un secolo, quindi, i propositi dell'anarchia rispetto alla scuola esprimono l'idea di abolizione della stessa. 

L'anarchia ha da sempre la piena consapevolezza del fatto che il bambino è un individuo e che, come tale, possiede fin dalla nascita il diritto naturale di essere come egli desidera essere, senza sottomissioni ad ingerenze pedagogiche o progetti educativi provenienti dall'esterno, fossero anche i più progressisti, somministrati nel modo più 'libero' e dagli educatori più saggi. Anche il bambino ha bisogno di essere liberato da ciò che lo imprigiona, lui più di tutti, come diceva William Morris già nel XIX secolo! Chi dà voce al bambino prigioniero, se non l'anarchia odierna?

Alcuni filosofi e sociologi, come ad esempio William Godwin, posero la questione dell'istruzione sotto la lente di ingrandimento della critica sociale già alla fine del XVIII secolo, ma occorse aspettare gli anni '50 e '60 del secolo scorso - se vogliamo escludere il pensiero abolizionista di Giovanni Papini dei primi anni del Novecento - per far emergere in modo chiaro e limpido un bisogno condiviso di farla finita con la scuola. E' stato Ivan Illich a esprimere chiaramente in un testo specifico la necessità di abolire l'istituzione scolastica con il suo 'Descolarizzare la società', ma anche con altri scritti come 'Distruggere la scuola' e attraverso conferenze varie in giro per il mondo. Siamo già negli anni '70 del secolo scorso, e nello stesso periodo il famoso pediatra anarchico Marcello Bernardi auspicava per il bambino un mondo senza alcuna struttura educante. 

'Descolarizzare la società' di Illich si configurò fin da subito come un vero testo-faro per le coscienze rivoluzionarie anarchiche che, da tempo ormai, non avevano quasi più nulla da spartire con la 'vecchia guardia anarchica' riguardo al tema scuola. La scuola riformata, abbellita, modernizzata, aperta quanto si vuole, con insegnanti liberi quanto si desidera, non è infatti che la solita trappola universale (Paul Goodman), agghindata in modo più accattivante. Perciò le idee educative progressiste che potevano ancora attrarre la vecchia guardia anarchia ottocentesca - ma che in fin dei conti non risolvevano il problema (perciò oggi oggetto di interesse da parte del comunismo riformista) - evolvettero in idee autenticamente rivoluzionarie, anarchiche. 

Questa evoluzione dell'idea anarchica, che sul tema scuola da riformista divenne rivoluzionaria, fu necessaria anche a causa del sempre più crescente interesse del sistema industriale e militare nei confronti della scuola, un interesse con cui l'anarchia del dopoguerra ha dovuto fare i conti, reagendo proprio con il concetto di abolizione della scuola. Oggi l'anarchia è tesa allo sviluppo dell'autonomia del bambino e all'abolizione dell'educazionismo a tutti i costi, perché qualsiasi educazionismo si fonda sul dominio. Oltre a Illich, si aggiungono oggi altri studiosi come ad esempio Benjamin Kiesewetter, e altri anarchici come Yves Bonnardel, o Pedro Garcia Olivo, nella lotta per la descolarizzazione, per la liberazione del bambino e, di conseguenza, anche dell'umanità. 

Sono stati fatti molti passi avanti rispetto alle vecchie scuole libertarie di Francisco Ferrer, Lev Tolstoj, Sébastien Faure, ecc., e anche rispetto alle idee di Bakunin e Kropotkin sul tema scuola. Le loro visioni sul sistema educativo, buone ancora nell'Ottocento, oggi sono equiparabili ai progetti pedagogici riformisti tanto apprezzati dal sistema di potere padronale, quindi persino dalle destre che, come ultimamente abbiamo visto, ci tengono all'istruzione delle masse (non a caso) e condannano quei genitori che non mandano a scuola i loro figli. Saranno felici anche i comunisti di partito. 

Per l'anarchia, dunque, oggi non c'è più spazio per la scuola, ancorché riformata, non può più esserci, sarebbe come se l'anarchia dichiarasse - come fanno le masse istruite - che un potere buono esiste se il governante è illuminato. L'anarchia sa che questo è impossibile, come oggi sa perfettamente che non esiste una scuola buona, neppure se illuminato è il pedagogo! Sul tema scuola, insomma, Bakunin, Tolstoj, Kropotkin e gli altri sono ampiamente superati, hanno fatto il loro tempo, da un bel po'! Oggi è tempo di descolarizzare il mondo. 

'Giro giro tondo, cambia il mondo', cantava Gaber su testo di Luporini in 'Non insegnate ai bambini'. Non è un caso.

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Decreto Caivano: destra e sinistra unite appassionatamente per la scuola.


 Il governo dei seguaci del fascismo prende di mira i genitori dei figli che non andrebbero a scuola. Il governo nostalgico vuole tutti a scuola, proprio come i comunisti, ma anche più dei comunisti, visto che i fascisti prevedono pure il carcere per i genitori che non assolverebbero all'obbligo di istruzione dei loro figli. Questi fascisti ci tengono proprio a scolarizzare tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso! Ma esistono davvero quelli che non vanno a scuola? O si tratta anche questo di un mito, come emerge dai dati Istat che abbiamo riportato in un post precedente? E' bene ricordare che già oggi (e da anni è così) quando un genitore non manda il figlio a scuola è soggetto a denuncia, una denuncia che parte dalla segnalazione del dirigente scolastico e arriva fino ai carabinieri che alla fine bussano alla porta di quel genitore. Da quando è stato istituito l'obbligo di istruzione si fa così, purtroppo, e quindi nessuno si salva dall'essere scolarizzato (a scuola o altrove, ma tutti devono essere colonizzati da questa cultura autoritaria e devono dimostrarlo con esami specifici!). Se poi un giovane smette di andare a scuola a 16 anni, è liberissimo di farlo, perché oggi l'obbligo a quell'età svanisce. 

Ad ogni modo, che i fascisti abbiano a cuore la scuola non c'è da sorprendersi, sapete? Chi segue il blog o la pagina facebook sa bene qual è il vero scopo della scuola nella società, non è il caso di ribadirlo. Speriamo tuttavia che la notizia di questa attenzione dei fascisti nei riguardi della scolarizzazione forzata smonti finalmente il luogo comune secondo cui l'istruzione scolastica serva a edificare una società libera e antiautoritaria, perché la scuola fa invece esattamente il contrario, lo fa benissimo da sempre, nonostante i buoni propositi progressisti di molti docenti, propositi che non servono a niente perché tutti, soprattutto loro, i docenti, continuano a crogiolarsi con soddisfazione beghina nel luogo comune, e nel sistema perverso della competizione scolastica e del signorsì-avanti-marsh! E' il meccanismo scolastico in sé che fascistizza, ed è un meccanismo ben oleato dagli stessi operatori della scuola, dai docenti, dai tecnici, dai dirigenti, da tutta la società già perfettamente scolarizzata... E' un meccanismo distopico, quello della scuola, del quale tutti questi operatori, interni ed esterni, non saprebbero fare a meno, di cui non si vogliono liberare, in cui credono dogmaticamente. Perché la scuola, purtroppo, come diceva bene Ivan Illich, è una chiesa! e anche, come diceva Paul Goodman, una trappola universale!

'Intelligenza artificiale' ed etica. Quale etica? Chi la decide?


C'
è un modus operandi caratteristico di questo sistema che tende sempre al potenziamento dell'autoritarismo strutturale della nostra società. Questo modus si può riassumere con la formula 'se ci sarà da aggiustare lo vedremo, ma intanto lasciateci fare'. Ecco un inganno proprio di chi gestisce il potere e l'immenso apparato distopico amministrativo destinato ai nostri rapporti ormai disumanizzati. Lo scopo è raggiungere un obiettivo nefasto dicendo 'intanto facciamolo, poi faremo delle leggi specifiche che regolamenteranno il problema'. 
Ora, quelli che scrivono le leggi sventolano sempre ai quattro venti che la legge (soltanto la loro) si basa su dei valori etici o morali, invitandoci di conseguenza a stare tranquilli, perché - dicono sempre i governanti e i giuristi - la legge ha come sua base dei valori giusti e attenti (li chiamano 'valori democratici'). L'esperienza però ci racconta che a forza di fidarci delle loro 'leggi democratiche' o della loro etica siamo arrivati a un altissimo grado di disumanità e ingiustizia. Com'è sto fatto? Il fatto invece è che se la nostra società volesse fondarsi su valori veramente etici o morali, l'idea stessa di 'governo' sarebbe messa al bando ancora prima di pensare di realizzarla. Non c'è niente di meno etico o morale di un governo, già solo come concetto, figuriamoci le sue leggi! 
Vogliono quindi realizzare progetti che racchiudono dei pericoli per noi tutti catastrofici, distopici al massimo (ad esempio la cosiddetta 'Intelligenza Artificiale' - 'AI') e come sempre ci dicono: 'sì, ci possono essere dei problemi, ma voi lasciateci fare, poi scriveremo delle leggi a regolamentare il problema etico'. Ecco un nuovo inganno che si concretizzerà attraverso il solito vecchio modus operandi. Ci racconteranno ad esempio, come al solito, che l'AI è necessaria per la nostra sicurezza, lo stanno già dicendo, ma anche questa è una storia vecchia, un pretesto antico che non funziona quasi più. Da questo punto di vista la gente sembra più accorta di un tempo.
Ma una vera etica - dicasi vera e umana, libertaria - quindi messa veramente a difesa di tutti, se non venisse come sempre criminalizzata, avrebbe già dovuto imporsi, avrebbe già dovuto sovrintendere e orientare da molto tempo in quelle direzioni che, soltanto e sicuramente, non costituiscono pericoli per l'umanità. Ad esempio, si potrebbe benissimo usare l'AI soltanto per la tutela della nostra salute fisica e per poche altre cose davvero indispensabili, se poi ce ne sono, se non sono le solite velleità e capricci di autorità e ricercatori a caccia soltanto di primati e medagliette. Ma fare questo non conviene al potere e, come al solito, il progetto distopico dell'AI abbraccerà purtroppo ogni ambito del sistema (soprattutto quello relativo al controllo sociale e alla repressione) e ci travolgerà in malo modo, forse definitivamente, anche e soprattutto per colpa delle loro leggi democratiche. Abbiamo una grande esperienza, ormai. 
Ribadiamo il concetto in modo ancora più semplice: una vera etica o una morale integra e onesta rivolte all'essere umano e che agiscano a monte, come dovrebbero fare, non permetterebbero per nessun motivo al mondo l'esistenza di governi e di leggi calate dall'alto, nemmeno come idea, figuriamoci l'esistenza di un'AI in mano a polizie, eserciti e potentati burocratico-finanziari. L'AI sarà un'altra arma micidiale in mano alla violenza legalizzata che organizza guerre e genocidi, ma ci faranno credere che lavorano per il nostro bene e che il problema dell'umanità è il solito ladruncolo di quartiere.

Basaglia e la scuola come istituzione violenta


F
ranco Basaglia, nel corso della sua vita, ha avuto modo di esprimere pienamente il suo pensiero anche in merito alla nostra società, al concetto di potere, alle istituzioni dello stato che egli definiva senza mezzi termini istituzioni violente: violente per loro stessa natura. Fra queste istituzioni Basaglia annoverava la scuola, con i suoi meccanismi interni distopici, spesso occulti, e con i suoi tecnici (i docenti) che, diceva, hanno un ruolo mistificante, perché, come gli altri tecnici delle altre istituzioni 'non fanno che consentire, con la loro azione tecnica apparentemente riparatrice e non violenta, il perpetuarsi della violenza globale. Il loro compito - che viene definito terapeutico-orientativo - è quello di adattare gli individui [nel nostro caso gli studenti, ndr] ad accettare la loro condizione di «oggetti di violenza», dando per scontato che l’essere oggetto di violenza sia l’unica realtà loro concessa, al di là delle diverse modalità di adattamento che potranno adottare'. La presa di posizione basagliana sulla scuola, però, come sappiamo, non è stata al centro delle sue battaglie. Tuttavia parlarne gli è servito per raggiungere il suo obiettivo. 
E' interessante notare come in quegli anni, tra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso, vi sia stata una concentrazione di intellettuali e professionisti che rilanciavano le medesime questioni, ognuno analizzando la società dal suo punto di vista e arrivando però tutti alle medesime conclusioni: questo sistema nasce dalla violenza e attraverso questa si esprime per ottenere la perpetuazione del suo tipo di ordine fatto di pochi oppressori e molti oppressi. Così, ad esempio, troviamo un Michel Foucault che ci parla della scuola come al modello usato per concepire le prigioni moderne, ma anche di come il vero potere, quello concreto e palpabile, consista non tanto nell'antico concetto del vertice di una piramide, ma nella rete operosa di funzioni svolte alla base dagli stessi oppressi, laddove le istituzioni che sembrano le più filantropiche sono invece quelle che ci sono più deleterie. Ma c'è anche un Ivan Illich che, anziché di tecnici come li chiama Basaglia, parla spessissimo di specialisti, quindi della loro dittatura che ha finito per inglobarci tutti nella convinzione che non si possa più fare nulla senza di loro, in primo luogo istruirsi.
Quando recentemente, dopo aver letto il mio libro, una persona mi ha definito 'il Basaglia della scuola', mi sono sentito lusingato da una parte, ma demoralizzato dall'altra, perché la storia della 'legge 180' - voglio dire, i suoi sviluppi storici - non sono poi quelli che Basaglia aveva sognato. E se quella libertà degli internati sognata da Basaglia si è solo trasformata in una prigionìa diversa, in una riforma del male, mi rendo conto che parlare di descolarizzazione oggi, soprattutto oggi, non solo risulta qualcosa di fortemente eretico e assurdo, ma anche qualcosa di molto ostico da comprendere, quando non impossibile. Basaglia, quanto meno, aveva il supporto morale di una società allora fortemente e fortunatamente critica, fatta di giovani sessantottini che lo capivano e ne appoggiavano il pensiero e gli obiettivi. E anche Illich, negli stessi anni di Basaglia, godeva del supporto morale di una larga parte di società. Erano davvero anni meravigliosi dal punto di vista del pensiero critico giovanile, dell'apertura mentale, e delle lotte sociali. Ma oggi parlare di descolarizzazione è condannarsi a una solitudine che rende minuscoli e impotenti dentro un'immensa galassia fatta di stelle ormai devitalizzate, normalizzate, morte. Lo dico con amarezza: mi sento una voce nel deserto.
Mi auguro solo, come storia insegna, che da questo silenzio siderale sulla descolarizzazione nasca presto un movimento di liberazione dei bambini così forte, così grande, così potente, da riuscire a cambiare definitivamente le sorti infauste di questo mondo disumanizzato e colonizzato dall'istruzione di stato. In direzione ostinata e contraria.

Non esiste alcun problema di abbandono scolastico


La scuola è utile soltanto all'autopoiesi di questo genere di società, e ci riesce benissimo. La classe dominante, interessata a perpetuare l'ordine statuale e il suo privilegio, gestisce la sua scuola in funzione di quell'obiettivo autopoietico, perciò essa rimane sempre oggetto di grande interesse dei vari governi. Secondo il volere e l'esigenza del Capitale pubblico e privato, nessuno studente (futuro schiavo ubbidiente e educato produttore/consumatore/contribuente) dovrebbe sfuggire alle maglie della scuola, perché l'addestramento delle nuove generazioni a questo sistema deve essere totale e capillare. 
A questo scopo, gli uffici della propaganda di stato fanno credere che i nostri problemi sono causati da coloro che lasciano la scuola. Quindi li vediamo, questi propagandisti del terrore sociale, che organizzano campagne pubbliche e corsi vari di aggiornamento sul modo in cui evitare che anche un solo studente abbandoni la scuola. 
Ma in realtà non esistono studenti che abbandonano la scuola, dal momento che l'istruzione è obbligatoria. Fino all'età di 16 anni tutti i giovani devono andare a scuola con le buone o con le cattive. Dopo i 16 anni, terminato dunque l'obbligo, nessuno studente che decida di lasciare la scuola può diventare oggetto di stigma e di caccia da parte dell'istituzione. Non è un caso che l'Istat, nei suoi computi statistici sul presunto problema dell''abbandono scolastico', inizi a computare a partire dall'età di 18 anni, fino ai 24. Ma a cosa serve saperlo se l'obbligo di istruzione è fissato a 16 anni? Ripeto, non può diventare uno stigma il fatto di uscire legittimamente dalla scuola una volta compiuti i 16 anni! Eppure, sembra che anche questa libertà costituisca un grave problema degno di segnalazione e allarme nazionale! 
Ma vediamoli questi giovani che si liberano dall'addestramento scolastico (comunque già abbondantemente ricevuto). Quanti sono? Secondo l'Istat, nel 2020 gli studenti dai 18 ai 24 anni che hanno abbandonato legittimamente la scuola sono in totale 543. Ora, per dirla terra terra e in modo chiaro, senza entrare nel merito della vita di questi giovani che, per quanto mi riguarda, potrebbero anche essere felici, ma se pensiamo che i problemi dell'Italia siano causati da loro, che sono appena 543, significa che non abbiamo neppure capito dove stiamo di casa. Io mi preoccuperei piuttosto dei 606 membri del Parlamento, augurandomi che siano loro - come altri al posto loro - a non dover mai più abitare quel luogo.

Evitiamo di riprodurre il linguaggio dei mass-media.

 


I mass-media, compresa la scuola, sono la voce del sistema padronale, il quale si nutre anche di pretesti per dividere l'umanità. Tra i loro scopi c'è anche quello di utilizzare un linguaggio capace di indirizzare il destinatario verso 'verità false', sì da costruire un'opinione pubblica volutamente deviata, non corrispondente al vero. Tutte le informazioni vengono organizzate espressamente al fine di gettare sugli oppressi le responsabilità che in origine sono a carico degli oppressori. La colpa, per chi maneggia il potere, dev'essere quindi sempre la nostra. 
Non si dovrà mai parlare, ad esempio, di 'vittime del sistema' costrette a delinquere per vivere, ma si andrà a cercare in quelle persone l'elemento o gli elementi che possono favorire la divisione e il conflitto tra gli oppressi. E allora, anzitutto, quelle persone non verranno mai chiamate 'persone', e men che meno 'vittime', al contrario saranno presentate come colpevoli, extracomunitari, omosessuali, pazzi, pericolosi, asociali, recalcitranti, sovversivi, a seconda delle necessità... Il linguaggio del sistema ha un lungo elenco di etichette costruite ad hoc! Le 'vittime di questo mondo', tutti gli oppressi, addestrati scolasticamente fin da bambini a credere dogmaticamente all'autorità, prenderanno sempre 'per buone le verità della televisione' e faranno proprio quel linguaggio, quello stesso metodo, usandolo a loro volta contro la loro stessa comunità, aiutando così l'oppressore nel suo farsi tale. 
Tutto ciò che siamo in questa specifica società è un fatto esclusivamente culturale e formativo. E' assolutamente indispensabile salvare i bambini da questa nostra cultura disumana e disumanizzante. Che i bambini crescano seguendo le loro inclinazioni naturali, lontani dai nostri metodi, dai nostri linguaggi e sistemi e dogmi! Sono loro il mondo che desideriamo, lasciamoli in pace!

L'aspettativa di vita è un inganno. E' sbagliato andare in pensione in base a questo criterio.

 


E'
massimamente sbagliato stabilire l'andata in pensione delle persone secondo il criterio dell'aspettativa di vita. 'Aspettativa di vita' non significa assolutamente niente, sia perché è un calcolo basato sull'aleatorietà di proiezioni fondate su ipotesi, sia perché è il solito inganno cagionato ai singoli individui dal principio matematico della 'media', che per sua natura non prende mai in considerazione le singolarità, ma concepisce soltanto masse di cose e persone. 

L'aspettativa di vita è uno squallido pretesto, uno strumento del Capitale pubblico e privato, è solo un'astrazione, un'ipotesi che pretende di avere una base scientifica. Ma qui non stiamo parlando di scatole di fagioli, stiamo parlando di essere umani e di singoli individui! Un individuo ha sue proprie caratteristiche, sue proprie esigenze e capacità psicofisiche. Se un individuo è stanco di lavorare a 50 anni, mandarlo in pensione agli attuali 67 anni è di una violenza inaudita! Cosa gliene importa a questo individuo se gli 'esperti' di regime hanno stabilito che l'età media delle persone si è alzata? Perché questo individuo dovrebbe adattarsi a una media? Sarebbe come dire che, siccome il consumo di pasta nel mondo aumenta di anno in anno, ognuno di noi dovrebbe adattarsi e, di conseguenza, aumentare proporzionalmente la quantità di pasta da mangiare ogni giorno, obbligatoriamente. Assurdo e violento, no? Eppure, è con questo criterio che lo stato ragiona, ma solo quando questo criterio conviene alla classe governativa al servizio dello stato. 

Intanto, possiamo anche notare che le statistiche di questi 'esperti' della schiavitù globalizzata sono in contraddizione tra di loro, contraddicono il loro stesso principio, perché vi sono amministrazioni statuali, come ad esempio la Francia, in cui l'andata in pensione è attualmente di ben 5 anni inferiore alla nostra. Se quindi in Francia gli 'esperti' hanno stabilito che una persona a 62 anni deve essere messa a riposo, se cioè non è più ritenuta in grado di svolgere al meglio la sua mansione, non si capisce perché da noi invece un anziano di 67 anni (presto 68, ahinoi) è considerato ancora abilissimo alla schiavitù. Siamo forse fisicamente più forti dei francesi? O semplicemente più educati (leggi 'stupidi'), dato che non siamo neanche in grado di opporci ai governi come invece stanno facendo proprio i francesi in questi giorni/mesi? 

Ad ogni modo, come dicevo, il discorso posto nei termini dell'aspettativa di vita è profondamente sbagliato, ingiusto e violento; è di un cinismo che solo l'amministrazione burocratica dello stato può concepire. Anche un animale da soma, direi, anche uno schiavo umano avrebbe il diritto di lavorare secondo le proprie effettive e individuali capacità, e non secondo un'ipotesi matematica stilata in base a delle proiezioni aleatorie di massa. Ecco perché ritengo che persino le lodevoli lotte dei francesi di questi ultimi tempi contro l'innalzamento dell'età pensionabile a 64 anni non colgono il centro preciso della questione, anche se sono doverosissime ed esemplari. Ad avercene anche da noi! Dovremmo però cercare di ragionare diversamente dal consueto, considerarci davvero unici, particolari - come infatti siamo, per natura! - non incasellabili, non computabili nei loro opportunisti calcoli massificanti burocratici, e mandare al macero questo sistema fondato sulla schiavitù lavorativa una volta per tutte, nel modo più naturale e incruento possibile, cioè non insegnando la nostra cultura ai bambini. La descolarizzazione è la nostra unica salvezza.

Dall'orso in Trentino, una lezione per tutti

 


Diceva qualcuno, credo un nativo americano, che non esistono animali selvatici, ma solo animali liberi.
Dalla triste vicenda dell'orsa in Trentino, e dal modo in cui l'autorità ne sta decidendo la sorte, viene fuori con forza l'immagine di una cultura che fa il paio con quella che l'establishment ci impone fin dai nostri primi anni di vita. E fa il paio perché è la stessa cultura. L'orso che fa l'orso, che segue la sua libera natura nel suo ambiente, e attacca l'uomo per difendersi o perché ha fame, per la nostra cultura rappresenta qualcosa di inaccettabile. Tutto ciò che è libero deve essere educato, perché ciò che è libero è anche selvaggio, e ciò che è selvaggio è sempre un male! è questa la cifra culturale e pedagogica della nostra società in putrefazione! Ma è evidente che un orso non potrebbe mai accettare di essere educato, non è un cucciolo di uomo, per fortuna!
L'orsa 'JJ4', nell'aver osato aggredire l'autorità umana, avrebbe commesso un errore e deve quindi essere abbattuto o punito in qualche modo, è una questione di principio. Tutto nasce dalla nostra ignobile cultura della punizione destinata a chi, da 'inferiore' - sia come specie, sia come classe sociale, sia come età, ecc. - deve essere educato e istruito con la forza, con la paura, da una qualche autorità specializzata. Quando non è possibile educare, rieducare e istruire, occorre dunque eliminare il selvaggio, l'anarchico, il recalcitrante, il disobbediente, il libero... e il sistema sa farlo in vari modi, in 5000 anni ha ben affinato le sue tecniche. 
A scuola, il bambino, anarchico per natura, è costretto a imparare prestissimo che verrà punito se commetterà l'errore. Secondo l'uomo educato, l'orso ha commesso un errore e, dunque, va punito. Tu sbagli e io ti punisco: è questa la cultura in cui, purtroppo, ci riconosciamo e che insegniamo persino con orgoglio, credendoci spesso anche dei 'docenti rivoluzionari'. Va da sé che anche la ricompensa fa parte della medesima logica educante autoritaria. Insomma, se il bambino o l'orso fanno i cattivi, devono essere puniti; se invece fanno i bravi avranno una ricompensa: un bel voto, un regalo, la caramella gettata nella gabbia... 
Ma no, non dovrebbero mai esistere classificazioni, né punizioni o ricompense, perché in natura non esistono le specie, le classi, le età... (intendo come pretesti per dividere et governare), perché siamo tutti appartenenti a un unico mondo caleidoscopico, dinamico, circolare e solidale, ognuno con le proprie uniche caratteristiche e preziosità innate - finché non ci conducono nei luoghi dell'addestramento. E purtroppo ciò avviene molto presto. Spero che la vicenda dell'orso insegni qualcosa a quanti pensano alla punizione (e alla ricompensa), cioè alla scuola, come a qualcosa di normale, giusto, ovvio, necessario. Il selvaggio non esiste, esiste solo il libero.

Aggiornamento: il Tar ha annullato l'ordinanza di abbattimento. Ma sarà sufficiente a ridare all'orso la tranquillità che aveva prima? Quale sarà il suo destino? Spero il migliore possibile. Ma chi si occupa della liberazione dei bambini dalla gabbia scolastica e dalla nostra cultura?

Aggiornamento del 18 aprile: l'orsa è stata catturata e divisa dai suoi cuccioli. Non si sa ancora che fine farà, nella migliore delle ipotesi finirà confinata, esattamente come la nostra cultura vuole che si faccia con le persone libere e scomode.

Il bambino non scolarizzato sarà un delinquente?

 

Chiariamo subito: con l'istruzione obbligatoria non esistono più bambini non scolarizzati e, purtroppo, si vede! Ma voglio dirvi una cosa che può far luce su qualche luogo comune e, se possibile, distruggerlo definitivamente:
Mi sono capitate tra le mani alcune pagine di un famoso pedagogista francese, Roger Cousinet (nella foto), che nel 1936 pensò di rendere pubbliche alcune sue dirette osservazioni su un bambino libero, non scolarizzato, alle prese con il mondo e con dei libri che i suoi genitori gli avevano messo a disposizione. 
Questi genitori, è da premettere, hanno subito avuto l'intenzione di non disturbare la crescita intellettuale di loro figlio, intervenendo soltanto quando egli reclamava una risposta. Il bambino è stato osservato dal pedagogista per tre anni, dai 5 agli 8. Durante questi tre anni, il bambino ha dimostrato un naturale e costante interesse nei riguardi del mondo, e la sua curiosità innata ha fatto in modo che imparasse da solo a leggere. Ma non solo. 
Tutte le sue richieste venivano esaudite. La prima grande curiosità del bambino, nei riguardi della geografia, venne soddisfatta quando i genitori gli fornirono - dietro sua esplicita richiesta - degli atlanti geografici e alcune mappe. Per sei mesi, il bimbo non fece altro che imparare autonomamente e con viva gioia nomi di città, fiumi, montagne, specifiche culturali di vari luoghi. Dopo l'esperienza della geografia, il bambino, sempre libero di fare e di imparare e sempre lontano da condizionamenti e coercizioni, volle approcciarsi alla scienza, e poi ancora alle piante e agli animali, soprattutto quelli piccoli: vermi, lumache, rane, uccelli, molluschi... Lo interessò anche l'elettricità. Roger Cousinet, nel suo rapporto, osservò che i libri messi a disposizione del bambino gli servivano soprattutto per cercarvi delle conferme a quel che egli pensava e osservava. 
Ogni bambino ha solo voglia di imparare, per lui è un bisogno naturale, ma è un bisogno che viene soddisfatto con gioia soltanto se egli è libero, autonomo, lontano dai condizionamenti degli adulti e soprattutto lontano dalla scuola e i suoi meccanismi perversi, gerarchizzanti, fascisti in nuce.
P.S. Chi pensa che un bambino non frequentante la scuola diventa inevitabilmente preda della delinquenza, ha tre enormi problemi: 
1) Non conosce nulla del mondo dei bambini. 
2) E' vittima di una cultura autoritaria, gretta, miserevole, ristrettissima. 
3) Ignora, o fa finta di ignorare, che i veri grossi delinquenti hanno spesso la laurea e siedono su scranni rivestiti di velluto. 
Risolvere questi problemi è doveroso e urgente.

Il modello di oppressione spiegato in poche scene. Dal film 'I cento cavalieri'.

Prima di leggere, vi invito a guardare il breve spezzone del film. Gli sceneggiatori di questo film, in queste poche battute, hanno mirabilmente sintetizzato il funzionamento del sistema, all'interno del quale la società viene divisa in due, da una parte gli oppressori, e dall'altra gli oppressi, questi ultimi a loro volta divisi per categorie e, di conseguenza, in conflitto tra loro. 

Passo passo, battuta dopo battuta, vorrei accompagnare il lettore in questo funzionamento, nella speranza di chiarire il concetto di sfruttamento a quanti pensano ancora di vivere liberi, in una società altrettanto libera.

Comincio subito con la prima battuta, laddove si dice che 

'il mondo è governato dalla ragione'

Questa frase è fondamentale, perché, senza la razionalità, senza il calcolo, non si potrebbe mai compiere tutta la violenza che il sistema sa mettere in campo, come le guerre, i genocidi, le torture, l'insieme stesso di un apparato di sfruttamento tanto sofisticato ed enorme. Le guerre non sono decise dai pazzi, come ingenuamente si pensa, ma da persone estremamente razionali. E' il 'sogno' della ragione a generare i mostri, non il 'sonno'!

'il caso non esiste, è una personificazione della nostra pigrizia'

Soltanto un sistema fondato sull'allevamento di schiavi può demonizzare sia il caso, sia la pigrizia. 'Caso' significherebbe infatti spontaneità, quindi libertà, mentre il potere desidera soltanto che lo schiavo sia sempre indirizzato, sorvegliato, regolamentato e assolutamente produttivo, giammai pigro.

'nel firmamento regna un ordine matematico, possiamo permettere che sulla Terra regni il disordine?'

Ci sarebbe moltissimo da dire su questa frase. Riassume cinque millenni di potere che, per perpetuarsi, deve attingere anche alla dimensione metafisica, al fine di dimostrare che l'unica maniera di vivere possibile e giusta è quella di seguire un ipotetico ordine matematico, naturalmente euclideo, dimenticando espressamente che esistono altri modi di concepire l'universo, che segue invece un destino entropico ineluttabile (e l'entropia è soltanto un ordine di tipo diverso, non euclideo)

'è uno spreco di forze e naturalmente anche uno spreco di denaro'

Lo scopo di quel tipo di ordine voluto dal potere è quello di opprimere le masse con più facilità, altrimenti il controllo di queste masse libere darebbe luogo a sperperi di energie oppressive e di soldi destinati al privilegio esclusivo. Ammesso poi, naturalmente, che possano esistere masse libere, perché questo è un ossimoro, in quanto gli individui liberi non costituiscono mai una massa e non vorrebbero mai farsi governare.

'invece guardate: basterà un po' d'esercizio perché ogni gruppo, falciatori, zappatori, mungitori, a furia di ripetere una sola funzione, diventi di un'abilità eccezionale, e soprattutto controllati, dalla veglia alla ritirata'

Questa è la parte più importante, perché, per avere uno schiavo docile e ubbidiente occorre istruirlo (l'esercizio, dice la sceneggiatura), occorre la scuola. E la scuola serve anche a specializzare gli schiavi, ognuno nel suo settore di produzione, sempre con il fine ultimo di creare ricchezza destinata alla classe dirigenziale. Lo schiavo specializzato, istruito dallo stato, certificato da un diploma, sarà destinato non solo alla catena di produzione, ma sarà anche sorvegliato da un apparato che, oggi, e domani ancora di più, si accanisce su di lui ben oltre l'arco di tempo destinato al lavoro. 

'e così guadagnano quelli che dànno il lavoro, ma quelli che lavorano che guadagnano?'

Questa è l'obiezione mossa giustamente dal ragazzo, il quale però, attenzione, non è redarguito dal 'capo' a cui si rivolge, ma dal suo stesso compagno! Ed è questo un altro punto importante, poiché la classe degli oppressori si mantiene sempre in piedi sostanzialmente grazie all'aiuto dei suoi stessi oppressi, veri cani da guardia del sistema (è questo il vero potere, diceva Michel Foucault). E infatti, il compagno del ragazzo lo rimprovera dicendo:

'come ti permetti di interrompere Sua Eccellenza, chiedi subito scusa'! 

Non è forse così che la maestra - come altre figure di oppressi e funzionari vari - rimprovera gli studenti se questi si dimostrano recalcitranti con lei o con un'autorità superiore? E così, anziché parteggiare per la liberazione dall'oppressione, le masse oppresse si autopuniscono per proteggere chi le opprime. Prodigi dell'educazione e dell'istruzione!

'calma, calma... anche a mio figlio piace sempre fare delle domande, la curiosità è una caratteristica della gioventù'

Ecco che, in modo furbesco, interviene il potere in persona, la 'Sua Eccellenza' di prima, a far la parte del padre affettuoso e comprensivo, quasi un santo da ringraziare. E' vero che la curiosità è una caratteristica della gioventù, ma il potere la ignora totalmente quando deve obbligare i giovani all'indottrinamento scolastico. Il potere sa bene che un bambino curioso è un infaticabile e magnifico studioso di tutti i fenomeni visibili e invisibili, e come tale non avrebbe bisogno di scuole, ma è evidente che la classe dei governanti non sa che farsene di giovani che si istruiscono da soli assecondando la propria curiosità. Curiosità sì - dice il potere - ma solo se applicata in funzione dello studio obbligato. Il che è un paradosso, com'è ovvio!

'io sono convinto che non possa esistere maggiore felicità per un uomo che contribuire al benessere comune...'

Questo è un proposito veramente mirabile, se fosse realizzato nel segno del perseguimento della libertà di tutti, ma una libertà vera. Ma in questo caso, il potere utilizza questo genere di morale libertaria soltanto per raggiungere meglio i suoi scopi autoritari, infatti si precisa:

'contribuire al benessere comune, nel servizio dell'ordine'

E' peraltro molto furbo il modo in cui il potere, che in quanto tale è sempre autoritario, chiami 'ordine' i suoi scopi e metodi oppressivi, dando cioè a questi scopi e metodi una bella veste, un allettante packaging. Ma è solo un trucco, una trappola, in cui però l'oppresso cade, proprio perché è istruito dal suo oppressore.

'è vero, ma se i contadini si rifiutano'?

Domanda d'appoggio alla risposta del 'capo':

'finché noi siamo qui, non datevi pensiero, e ricordatevi che nell'ordine da noi praticato tutto è dominato da una sola razza privilegiata, i guerrieri, il cui compito è appunto quello di far rispettare l'ordine. E il cerchio si chiude'

Le attuali forze dell'ordine, naturalmente, che quindi servono a mantenere in piedi il sistema di sfruttamento delle masse. Questo è sempre stato il loro obiettivo primario e assoluto: una 'razza' di oppressi (anche loro) addestrati a proteggere il sistema di oppressione. Non vedo niente di più aberrante, considerando che, come si è detto, anche le masse sono istruite a difendere il sistema che le opprime.

'ciò che non è proibito è obbligatorio, è il segreto della nostra forza'.

Così dice il figlio del 'capo'. Il che ci fa riflettere sul fatto che tutto ciò che il sistema decide essere obbligatorio è sempre qualcosa che serve al sistema stesso. Pensate dunque alla scuola dell'obbligo, all'obbligo di istruzione. Davvero pensiamo ancora che la scuola serva a liberarci? Se la scuola servisse a questo sarebbe illegale. Il fatto è che la scuola è un'invenzione molto astuta, da sempre in mano alla classe dominante!


Vita, morte e latrine

 


L
a scuola è un ambiente mortale, soprattutto per gli studenti. Dentro le celle viene pretesa l'attenzione massima, ora dopo ora, per tutta la mattinata e spesso anche oltre. Anno dopo anno, dentro le scuole, le coscienze si deteriorano e si incattiviscono a causa del continuo disciplinamento. Sei studente? Sei studentessa? Allora devi ubbidire, questo è il vero insegnamento che qualcun altro ha deciso per te! Fin dalla più tenera età devi imparare questo tipo di linguaggio sociale - disciplina, ordini da eseguire, orari da rispettare, autorità a cui inchinarti, automatismi comandati - che è il linguaggio militare, ti servirà per essere bravo e docile al lavoro, sottomesso ai padroni e, alla fine, anche desideroso di essere governato. 
La scuola è un ambiente mortale, dove a poco a poco, ma inesorabilmente, si uccide l'autodeterminazione. Sei studente? Sei studentessa? Ti richiedono massima concentrazione e acquiescenza, niente slanci e colpi di testa. Ti etichettano con un voto: tu sei un 4, tu sei un 8, tu sei un 2... e quindi tu vali in base a dei numeri stabiliti da gente che nemmeno conosci e, soprattutto, che non ti conosce: un gradiente ignobile e divisivo come pochi, i voti o i giudizi, che non scegli tu, ma a cui ti affezioni subito - per te, quei numeri, saranno amore per tutta la vita! 
La tua vita a scuola non esiste, se non nei piccoli furti di spazio e di tempo che ti concedi, momenti clandestini. Li senti quei momenti che respirano? Sono i respiri di una libertà che soffre e che tu vorresti liberare totalmente, ma non puoi, accidenti! Ti concedono solo la ricreazione, pochi minuti, devi abituarti anche a ringraziare quelli che ti concedono questa minuscola gioia, sempre controllata, inguainata, sorvegliata e sofferta comunque dentro un edificio virulento. 
Sei studente? Sei studentessa? Allora sai che la tua vita a scuola viene reclusa, perché la vita è là fuori, nel mondo, e sai pure che la socializzazione che in troppi credono davvero che si svolga a scuola è una chimera, una menzogna colossale! La latrina! ecco l'unico luogo dove tu, studente, puoi socializzare con altri reclusi come te che - wow! - sono pure di un'altra classe che tu, prima d'allora, non avevi nemmeno avuto modo di conoscere. Allora ecco l'occasione da prendere al volo, prima che sparisca forse per sempre: 'ciao, come ti chiami?' chiedi all'inizio, e lì, nei cessi, scambiate le vostre idee, le vostre sensazioni, i vostri hobby, le vostre promesse, i vostri affetti, la vostra vita. La latrina! Che prospettiva! Occorre fin da subito imparare che in questa società, se vuoi un po' di libertà, devi vivere ai suoi margini. Ne parlo nel mio libro, tra le altre cose, ma all'estero ne hanno scritto in maniera proprio esclusiva, tutt'un libro sui cessi della scuola, chi conosce il francese potrà apprezzare. 
A scuola tutto è consacrato all'obbedienza, all'osservanza delle regole calate dall'alto. E' questo che insegna veramente la scuola, lo fa con la pratica, altro che teoria libresca! Non c'è come la pratica per imparare davvero! Caro studente, cara studentessa, ti devi abituare fin da quando sei in fasce. Cos'è questa libertà di cui vai cianciando? Fa male, sai? Lascia perdere! Dovrai invece diventare anche tu un ingranaggio di questa società, e finirai per essere talmente ingranaggio e talmente ben oleato, così ben intruppato di dottrina utilitaristica, che aggredirai tutti coloro che osano parlare male proprio di quel dispositivo disciplinante che è la scuola, che ti ha fatto diventare così impeccabilmente parte del problema, il nemico numero uno della Causa umana, orgogliosamente maturo e diplomato!

La scuola del futuro non è che lo sviluppo dell'attuale e aberrante sistema educativo

scuola del futuro

Prigione di Justiz Vollsugs Anstalt (Dusseldorf), realizzata dall'artista Markus Linnenbrink

I pedagoghi di stato vogliono fare della scuola una caserma permanente per l'infanzia. Una caserma o una prigione - a seconda di come si vuole intendere l'azione pedagogica, se come 'educazione' o 'rieducazione' - ma mistificata, colorata, agile, luminosa, accessoriata, tecnologica.

Da moltissimi anni la scuola è posta sotto la critica dilagante dell'opinione pubblica e dei suoi stessi operatori, questo perché, com'è ovvio, la scuola restituisce risultati perfettamente opposti a ciò che essa promette. Non dobbiamo illuderci o stupirci, chi ha progettato la scuola ha proprio voluto che fosse così! La nostra è una scuola veramente antica, con lezioni frontali e gli studenti perennemente passivi e timorosi di dover sbagliare un ordine ricevuto. E non può essere diversamente finché la scuola rimane quel luogo progettato espressamente a questo scopo, e cioè una enorme caserma o palestra d'obbedienza che fornisce al sistema orde di docili produttori, schiavi asserviti al padrone e alle autorità, incapaci di autodeterminazione e di pensare alla vita come gioia di libertà. Gli stessi operatori della scuola, gli stessi pedagoghi di stato, sospinti dalle nuove esigenze del Capitale e dai capitani d'industria, vogliono dunque correre ai ripari e togliere di mezzo una scuola vecchia. Ciò non significa, però, togliere di mezzo gli obiettivi occulti della scuola stessa, ma solo raggiungerli in modo diverso, più 'moderno'. Vediamo.

Questi specialisti (attenzione sempre agli specialisti!) ormai ammettono che questo tipo di scuola non va bene, hanno anche 'scoperto' (non è vero, sapevano benissimo anche prima) che l'apprendimento avviene meglio attraverso il gioco e la curiosità innata, attraverso l'incidentalità, la libertà, l'autonomia del bambino (per esigenze di sintesi non vi parlerò, qui, degli esperimenti che sono stati fatti in questo senso). Lo sanno bene, ma allora cosa pensano di fare? Non certo quello che sarebbe logico fare, e cioè lasciare davvero liberi i bambini di imparare, visto che sanno farlo così bene da sorprendere tutti! Lasciarli liberi sarebbe la vera rivoluzione! Pensate che lo stato lasci fare in questa direzione?  Dicono invece: 'ok, facciamo giocare questi bambini, che diano pure sfogo alla loro curiosità, ma che lo facciano nelle nostre scuole, appositamente concepite, attraverso i materiali che NOI forniamo loro e con i risultati che NOI vogliamo che essi raggiungano!' Questo dicono. E questo è l'obiettivo di tutte le scuole alternative che, non a caso, vengono sostenute dallo stato, come avviene già all'estero. La scuola del futuro? E' tutta una mistificazione, un enorme inganno, più di quello attuale che, almeno, è ancora in qualche modo visibile per chi lo vuol vedere.

Tutti questi esperti di pedagogia, di puericultura, di pediatria, di neuroscienze applicate all'infanzia e persino sociologi, psicologi, antropologi... naturalmente tutti al servizio del sistema e conformati all'identico modello culturale, guardano i bambini, osservano come essi imparano spontaneamente nella vita, si stupiscono di come apprendano facilmente da soli, senza maestri o adulti, ma non li lasciano in pace, non li vogliono vedere nella vita! E cosa vogliono fare? Quella vita la vogliono costruire dentro una scuola, e va da sé che la vita non può entrare in una scuola, non solo per via delle dimensioni, ma perché è un controsenso di per sé! A scuola non può che esistere, al massimo, per bene che vada, una piccolissima porzione di pseudovita, e peraltro surrogata. Ma perché gli specialisti vogliono imprigionare i bambini? E' ovvio: nella vita, nei contesti più diversi, nelle relazioni più spontanee e varie, un bambino libero impara la libertà, impara a non aver paura di voti e rimproveri, apprende ciò che più gli interessa, sviluppa davvero il suo senso critico e l'autodeterminazione, impara ad autogestirsi e a prendersi delle responsabilità; invece un bambino a scuola, per quanto colorata, tecnologica, aperta e solo apparentemente libera, non farà altro che prendere ordini, agire secondo un modello imposto, in base a obiettivi predisposti dall'educatore al servizio del sistema, e si allenerà a diventare lo stesso schiavo produttore, ma lo farà giocando, divertendosi, e illudendosi più di oggi che quella sia davvero la vita. Il progetto delle scuole future è estremamente furbo, aberrante, cinico e malefico al tempo stesso. 

Nella foto: Prigione di Justiz Vollsugs Anstalt (Dusseldorf), realizzata dall'artista Markus Linnenbrink

Scuola libertaria su Instagram, anche.

 C'è poco altro da aggiungere rispetto al titolo del post, se non che l'apertura di un account Instagram è avvenuta solo pochi giorni fa. Si ringraziano tutti quelli che sono già entrati come follower e quelli che vorranno unirsi. Clicca sull'immagine qui sotto.




Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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