Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Francesco e le società gilaniche

La questione delle società gilaniche, e della loro sistematica censura è assolutamente centrale nella comprensione della cultura umana e del regresso morale che l'Uomo ha subìto a causa dell'imposizione dello Stato come organizzazione sociale alternativa apparsa stabilmente in Europa circa 3000 anni or sono. In effetti, la convinzione comune secondo cui è lo Stato ad aver portato la 'civiltà' nasce perché si suole banalmente pensare che prima dello Stato l'umanità fosse rozza, bestiale, malvagia, sanguinaria, primitiva (nell'accezione più negativa del termine), incapace di gestire la propria esistenza, senza alcuna morale, e cose di questo genere che non hanno alcun riscontro storico-antropologico, ma anche solo logico. E' gioco-forza pensare in questi termini finché ci sarà una propaganda di sistema volta in questo senso e finché le società gilaniche continueranno ad essere censurate, e con esse anche la dimostrazione del fatto che l'essere umano, prima dello Stato, non soltanto era pacifico e cooperativo, ma ovviamente anche libero (quindi propenso alla convivialità) e disinteressato al modello gerarchico autoritario. Questo lo Stato non vuol proprio farlo sapere, perché gli conviene diffondere il dubbio o la convinzione secondo cui: 'eh sì, ma senza Stato saremmo tutti dei barbari e ci scanneremmo'. 'Senza Stato', nel pensiero comune, banale e massificato, starebbe per 'senza legge', che è un ossimoro clamoroso (niente in natura è senza legge), come se prima dello Stato non ci fossero leggi, come se lo Stato sia l'inventore di una legge assoluta (niente è assoluto in ciò che vive, perché ogni cosa che vive cambia, ma lo Status no, perciò lo Stato è -per sua indole e per suo stesso nome- qualcosa di statico, di morto, che genera necessariamente cultura della morte) Certamente, allo Stato gli conviene non diffondere la conoscenza delle società gilaniche perché in questo modo le persone si aggrappano all'unica informazione fornita loro come appiglio culturale, di conoscenza, e cioè all'idea che lo Stato sia l'unico metodo di organizzazione sociale possibile, razionale, necessario e financo giusto. Ormai lo Stato viene percepito come una vera religione, liturgie annesse e connesse. Per questo motivo, dicevo, la conoscenza delle società gilaniche rappresenta un punto imprescindibile per la comprensione delle cose. L'ignoranza rispetto a questa realtà sociale conduce persino alcuni anarchici, ancora oggi, a rimanere bloccati di fronte al dubbio in merito all'identità caratteriale umana prima dello Stato, e cadono nell'errore dei massificati, pur avendo argomenti validissimi a difesa dell'umanità post statalizzata.
Data allora la centralità dell'argomento, a scuola ne parlo. Francesco che ha 11 anni ha risposto così a tre domande.


1) Per quale motivo le società gilaniche erano pacifiche?
2) Che tipo di arte avevano sviluppato queste società?
3) Perché si sono estinte, e cosa è cambiato nella civiltà?

1) Le società gilaniche erano pacifiche perché non conoscevano la guerra (le uniche armi che avevano erano per la caccia) e non conoscevano il governo perché le leggi se le facevano loro.
2) Queste società avevano sviluppato l'arte come una preghiera (qui Francesco si è confuso con l'arte rupestre del paleolitico. ndr).
3) Si sono estinte quando è incominciato ad arrivare un notevole cambiamento del clima (parla della zona caucasica, territorio dei Kurgan, poi invasori dell'Europa. ndr), in quel periodo dunque c'era in tutta la zona ghiaccio e dato che i terreni ancora coltivabili erano pochi chi li trovava per primo se li prendeva e per essere sicuri che nessuno glieli portasse via ci metteva dei soldati (figli, mogli, ecc.) con le armi da caccia almeno se qualcuno cercava di prenderli i soldati li uccidevano. Poi migrarono, arrivarono da noi italiani (Europa. ndr) e fecero la guerra (noi prima la guerra non la conoscevamo) i figli però non migrarono ma continuarono la sbagliata opera di continuare a fare la guerra.

Sindacati inutili, anzi dannosi


Per fare in modo che questo sia un blog che parla di pedagogia libertaria, occorre che vi sia anche qualche articolo che tratti (a mo' di eccezione) argomenti inerenti a ciò che gira intorno alla scuola tradizionale autoritaria. Perciò scrivo quanto segue.
Oggi c'è stata un'assemblea sindacale unitaria, presenti i seguenti:
CGIL, CISL, UIL, SNALS
Parliamoci chiaro, se queste corporazioni associate e asservite hanno ancora il coraggio di presentarsi di fronte ad una platea (dopo lo scandalo di quel tristemente famoso accordo con lo Stato secondo cui 'ciascuna azione di sciopero, anche se trattasi di sciopero breve o di sciopero generale, non può superare, per ciascun ordine e grado di scuola i due giorni consecutivi'), vuol dire molto esplicitamente che esiste una platea ancora disposta ad ascoltare questi imbonitori di professione. Io non sono andato all'assemblea, ma so cosa è stato detto, e anche quello che non è stato detto.
L'ordine del giorno, facilmente intuibile, riguardava le disposizioni governative contro i lavoratori della scuola e contro la scuola-azienda. Dopo tanti bla bla, dal tavolo assembleare è partita la sentenza. A una persona intervenuta dalla platea, che chiedeva cosa i sindacati presenti avessero pensato di fare per contrastare questa deriva, la risposta dei cattedrati eletti e baldanzosi è stata la seguente:
'Ognuno di voi, autonomamente, nelle rispettive scuole, provveda a trovare iniziative e ad applicarle'.
Molto bene, ancora una volta il sistema butta giù la maschera. E non a caso parlo di sistema. Infatti questi carrozzoni, e parlo anche di istituzioni in generale, di governi, di fronte a vere questioni di responsabilità, dichiarano ogni volta la loro presa di distanza, dicendo che è compito delle persone provvedere a sé e agli altri, in autonomia, per il bene comune. E le persone lo fanno, salvando persino la faccia a quelle stesse istituzioni che si dicono preposte alla responsabilità di tutti. Evidentemente la responsabilità appartiene solo al popolo, ma invero quest'ultimo si crede sempre incapace di autogestirsi la vita, ha bisogno di delegare, salvo nei casi in cui l'istituzione non gli dica di prendere in mano la situazione, allora si avvia la spontanea solidarietà e tutta la mirabile capacità organizzativa del popolo. Ma dopo, i meriti se li prende sempre lo Stato, l'istituzione o, come in questo caso, il sindacato. Troppo comodo.
Cari colleghi (e colleghe), forse non avete capito che questi irresponsabili vi stanno dicendo di essere anarchici. Siatelo! Smettetela di delegare a destra e a manca, non serve, lo avete capito anche oggi, spero. E siccome questi sindacati, oggi come ieri, se ne lavano beatamente le mani, vi invito a fare la vostra prima azione responsabile: disubbidite all'accordo sindacati-stato del 1999, e scioperiamo insieme a oltranza fino a che non ci riconosceranno quello che ci è dovuto. Paura di perdere qualche centinaio di euro? Abbiatene di più per la perdita di migliaia di euro, una perdita voluta da estranei! Se siamo ridotti così, è per colpa del vostro asservimento a questi sindacati che fanno sempre il gioco dello Stato. Strappate le tessere e vedrete come correranno dal governo a ritrattare quell'accordo scellerato, e anche tutto il resto. Ma forse a quel tempo avremo imparato ad autogestirci senza aver più bisogno di intermediari.

Accordo sindacati-stato, Articolo 4, punto 3, lettera c: (Legge 146/90 e 83/2000)
'ciascuna azione di sciopero, anche se trattasi di sciopero breve o di sciopero generale, non può superare, per ciascun ordine e grado di scuola i due giorni consecutivi. Il primo sciopero, per qualsiasi tipo di vertenza, non può superare, anche nelle strutture complesse ed organizzate per turni, la durata massima di un’intera giornata. Gli scioperi successivi al primo per la medesima vertenza non supereranno i due giorni consecutivi. Nel caso in cui dovessero essere previsti a ridosso dei giorni festivi, la loro durata non potrà comunque superare la giornata'.

Creatività in cortile

Ogni tanto disegno per terra, in cortile, mentre i ragazzi giocano o se la raccontano. Ma tutte le volte che comincio un disegno loro si avvicinano, guardano, partecipano, completano il disegno o ne fanno di nuovi. Questa volta si è andati oltre il 'semplice' partecipare lì per lì, ci siamo lasciati coinvogere in un vero progetto, divenuto tale dopo alcune valutazioni. Avevo inizialmente disegnato solo delle forme, poi ci siamo accorti che quelle forme potevano diventare qualcosa di reale, così abbiamo deciso che il disegno diventerà una scultura da realizzare con materiali eterogenei, riciclati e colorati.


Dato che un disegno fatto all'aperto, col gesso, non può durare a lungo, i ragazzi si sono precipitati a stabilire da soli chi sarebbe stato, tra loro, quello più portato a ricopiare il progetto sulla carta. Praticamente, senza volerlo e giocando, hanno fatto la loro bella autovalutazione delle competenze grafiche di ciascuno, e tutti hanno deciso di attribuire il compito a Luca, il quale ha accettato con gioia. Eccolo all'opera, col sostegno degli altri.


Possiamo certamente trarre buone conclusioni da questa esperienza, e le stesse conclusioni saranno esposte ai ragazzi e alle ragazze. E' importante spiegare il 'cosa è successo davvero' in una qualsiasi esperienza, al di là dell'aspetto ludico e percettivo.

Nina e l'animale assoluto


(Sono stanco, non so riuscirò a scrivere)
Il disegno qui sopra non merita di essere osservato attraverso un medium (in questo caso lo schermo del computer), con approvazione o buona pace di Walter Benjamin che, oltre a quelli positivi, ha pure individuato i lati negativi della riproduzione tecnica delle opere d'arte, come la perdita dell'aura o del 'qui e ora'. Questo disegno necessiterebbe di un'osservazione diretta, non mediata, per poter cogliere tutta la sua forza espressiva e significante. E mi dispiace non aver assistito in maniera estemporanea alla sua realizzazione, in quel momento stavo osservando altri disegni. Ma tant'è, siamo qui, elettronicamente, e cercherò di spiegare il motivo per cui dedico un post a questi 'quattro segni'.
Come vedete, si tratta dell'immagine di un animale, l'ha realizzata Nina che ha 12 anni. Dall'anno scorso, Nina ha capito bene le mie parole quando le dicevo che non importa essere un Leonardo da Vinci, l'importante è invece esprimersi nel modo che si vuole, e che uno 'scarabocchio' è ottimo se viene realizzato con tutte le possibilità che si hanno in quel momento. Perciò Nina si lancia senza avere alcuna paura, sa che non riceverà mai da me giudizi o voti.
Quei segni sul foglio hanno una fortissima valenza iconica. Se notate, non c'è un solo segno che non sia significante nel rapporto con gli altri segni, nulla è superfluo, ogni segno serve agli altri segni. Questo vuol dire che il disegno è compiuto in se stesso, e come tale ha carattere assoluto, classico; infatti non ha tempo, è un'immagine che potrebbe risalire a 40.000 anni fa, ma è anche modernissimo. Nella visione dei bambini il concetto di superfluo non esiste, ogni elemento che essi disegnano è per loro necessario, indispensabile, e non sono pochi i disegni nei quali, a noi adulti, sembra di vedere una sovrabbondanza di elementi, anche ridondanti, ma in questo caso sono stati pensati pochi tratti per esprimere l'idea visiva di un animale. Pochi tratti che non sono stereotipati, sono invece autenticamente personali.
Nina ha voluto disegnare un cane, ma siccome i segni organizzati nel foglio non le permettevano di connotare la figura, ha pensato di scrivere 'cane' tra parentesi, sopra l'immagine. Ho parlato con Nina di questo disegno, mi ha detto che l'immagine poteva inizialmente far pensare a un altro animale diverso dal cane, ma che poi, aggiungendo la lingua, il cane si sarebbe finalmente manifestato.


Il percorso logico di Nina si è snodato in cinque punti-base:
1) voglio disegnare un cane.
2) per far capire che si tratta di un cane devo disegnarlo in maniera realistica, ma non sono Leonardo da Vinci.
3) disegno la mia idea di cane, come posso, con i mezzi che ho.
4) disegno la lingua a penzoloni, tipica dei cani.
5) uso il linguaggio verbale come didascalia. 
E' interessante osservare lo stile, lineare, essenziale, minimale, veloce, sintetizza tutta quanta l'idea di un cane. Eccezionale la coda, che non ha bisogno di essere unita al corpo per far capire che si tratta proprio di una coda. Non c'è ricerca di realismo, ma se sintesi dev'essere, sintesi sia! E' un'opera che basta a se stessa, niente può essere aggiunto senza rovinarne la freschezza. I grandi artisti delle Avanguardie avrebbero dato chissà cosa per riuscire a trovare questa libertà espressiva, questa assenza totale di regole accademiche, quindi questo grado zero da cui può emergere soltanto la vera essenza della visione personale, l'azione autonoma e spontanea dell'artista. Dico la verità, quando ho visto questo disegno ho chiesto immediatamente a Nina se avesse voglia di disegnarne uno uguale, un doppione, tutto per me, lei lo ha disegnato, ma sapevo già che il risultato non sarebbe stato soddisfacente. Il disegno che vedete è proprio quello originale.


Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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