Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Evitiamo di riprodurre il linguaggio dei mass-media.

 


I mass-media, compresa la scuola, sono la voce del sistema padronale, il quale si nutre anche di pretesti per dividere l'umanità. Tra i loro scopi c'è anche quello di utilizzare un linguaggio capace di indirizzare il destinatario verso 'verità false', sì da costruire un'opinione pubblica volutamente deviata, non corrispondente al vero. Tutte le informazioni vengono organizzate espressamente al fine di gettare sugli oppressi le responsabilità che in origine sono a carico degli oppressori. La colpa, per chi maneggia il potere, dev'essere quindi sempre la nostra. 
Non si dovrà mai parlare, ad esempio, di 'vittime del sistema' costrette a delinquere per vivere, ma si andrà a cercare in quelle persone l'elemento o gli elementi che possono favorire la divisione e il conflitto tra gli oppressi. E allora, anzitutto, quelle persone non verranno mai chiamate 'persone', e men che meno 'vittime', al contrario saranno presentate come colpevoli, extracomunitari, omosessuali, pazzi, pericolosi, asociali, recalcitranti, sovversivi, a seconda delle necessità... Il linguaggio del sistema ha un lungo elenco di etichette costruite ad hoc! Le 'vittime di questo mondo', tutti gli oppressi, addestrati scolasticamente fin da bambini a credere dogmaticamente all'autorità, prenderanno sempre 'per buone le verità della televisione' e faranno proprio quel linguaggio, quello stesso metodo, usandolo a loro volta contro la loro stessa comunità, aiutando così l'oppressore nel suo farsi tale. 
Tutto ciò che siamo in questa specifica società è un fatto esclusivamente culturale e formativo. E' assolutamente indispensabile salvare i bambini da questa nostra cultura disumana e disumanizzante. Che i bambini crescano seguendo le loro inclinazioni naturali, lontani dai nostri metodi, dai nostri linguaggi e sistemi e dogmi! Sono loro il mondo che desideriamo, lasciamoli in pace!

L'aspettativa di vita è un inganno. E' sbagliato andare in pensione in base a questo criterio.

 


E'
massimamente sbagliato stabilire l'andata in pensione delle persone secondo il criterio dell'aspettativa di vita. 'Aspettativa di vita' non significa assolutamente niente, sia perché è un calcolo basato sull'aleatorietà di proiezioni fondate su ipotesi, sia perché è il solito inganno cagionato ai singoli individui dal principio matematico della 'media', che per sua natura non prende mai in considerazione le singolarità, ma concepisce soltanto masse di cose e persone. 

L'aspettativa di vita è uno squallido pretesto, uno strumento del Capitale pubblico e privato, è solo un'astrazione, un'ipotesi che pretende di avere una base scientifica. Ma qui non stiamo parlando di scatole di fagioli, stiamo parlando di essere umani e di singoli individui! Un individuo ha sue proprie caratteristiche, sue proprie esigenze e capacità psicofisiche. Se un individuo è stanco di lavorare a 50 anni, mandarlo in pensione agli attuali 67 anni è di una violenza inaudita! Cosa gliene importa a questo individuo se gli 'esperti' di regime hanno stabilito che l'età media delle persone si è alzata? Perché questo individuo dovrebbe adattarsi a una media? Sarebbe come dire che, siccome il consumo di pasta nel mondo aumenta di anno in anno, ognuno di noi dovrebbe adattarsi e, di conseguenza, aumentare proporzionalmente la quantità di pasta da mangiare ogni giorno, obbligatoriamente. Assurdo e violento, no? Eppure, è con questo criterio che lo stato ragiona, ma solo quando questo criterio conviene alla classe governativa al servizio dello stato. 

Intanto, possiamo anche notare che le statistiche di questi 'esperti' della schiavitù globalizzata sono in contraddizione tra di loro, contraddicono il loro stesso principio, perché vi sono amministrazioni statuali, come ad esempio la Francia, in cui l'andata in pensione è attualmente di ben 5 anni inferiore alla nostra. Se quindi in Francia gli 'esperti' hanno stabilito che una persona a 62 anni deve essere messa a riposo, se cioè non è più ritenuta in grado di svolgere al meglio la sua mansione, non si capisce perché da noi invece un anziano di 67 anni (presto 68, ahinoi) è considerato ancora abilissimo alla schiavitù. Siamo forse fisicamente più forti dei francesi? O semplicemente più educati (leggi 'stupidi'), dato che non siamo neanche in grado di opporci ai governi come invece stanno facendo proprio i francesi in questi giorni/mesi? 

Ad ogni modo, come dicevo, il discorso posto nei termini dell'aspettativa di vita è profondamente sbagliato, ingiusto e violento; è di un cinismo che solo l'amministrazione burocratica dello stato può concepire. Anche un animale da soma, direi, anche uno schiavo umano avrebbe il diritto di lavorare secondo le proprie effettive e individuali capacità, e non secondo un'ipotesi matematica stilata in base a delle proiezioni aleatorie di massa. Ecco perché ritengo che persino le lodevoli lotte dei francesi di questi ultimi tempi contro l'innalzamento dell'età pensionabile a 64 anni non colgono il centro preciso della questione, anche se sono doverosissime ed esemplari. Ad avercene anche da noi! Dovremmo però cercare di ragionare diversamente dal consueto, considerarci davvero unici, particolari - come infatti siamo, per natura! - non incasellabili, non computabili nei loro opportunisti calcoli massificanti burocratici, e mandare al macero questo sistema fondato sulla schiavitù lavorativa una volta per tutte, nel modo più naturale e incruento possibile, cioè non insegnando la nostra cultura ai bambini. La descolarizzazione è la nostra unica salvezza.

Dall'orso in Trentino, una lezione per tutti

 


Diceva qualcuno, credo un nativo americano, che non esistono animali selvatici, ma solo animali liberi.
Dalla triste vicenda dell'orsa in Trentino, e dal modo in cui l'autorità ne sta decidendo la sorte, viene fuori con forza l'immagine di una cultura che fa il paio con quella che l'establishment ci impone fin dai nostri primi anni di vita. E fa il paio perché è la stessa cultura. L'orso che fa l'orso, che segue la sua libera natura nel suo ambiente, e attacca l'uomo per difendersi o perché ha fame, per la nostra cultura rappresenta qualcosa di inaccettabile. Tutto ciò che è libero deve essere educato, perché ciò che è libero è anche selvaggio, e ciò che è selvaggio è sempre un male! è questa la cifra culturale e pedagogica della nostra società in putrefazione! Ma è evidente che un orso non potrebbe mai accettare di essere educato, non è un cucciolo di uomo, per fortuna!
L'orsa 'JJ4', nell'aver osato aggredire l'autorità umana, avrebbe commesso un errore e deve quindi essere abbattuto o punito in qualche modo, è una questione di principio. Tutto nasce dalla nostra ignobile cultura della punizione destinata a chi, da 'inferiore' - sia come specie, sia come classe sociale, sia come età, ecc. - deve essere educato e istruito con la forza, con la paura, da una qualche autorità specializzata. Quando non è possibile educare, rieducare e istruire, occorre dunque eliminare il selvaggio, l'anarchico, il recalcitrante, il disobbediente, il libero... e il sistema sa farlo in vari modi, in 5000 anni ha ben affinato le sue tecniche. 
A scuola, il bambino, anarchico per natura, è costretto a imparare prestissimo che verrà punito se commetterà l'errore. Secondo l'uomo educato, l'orso ha commesso un errore e, dunque, va punito. Tu sbagli e io ti punisco: è questa la cultura in cui, purtroppo, ci riconosciamo e che insegniamo persino con orgoglio, credendoci spesso anche dei 'docenti rivoluzionari'. Va da sé che anche la ricompensa fa parte della medesima logica educante autoritaria. Insomma, se il bambino o l'orso fanno i cattivi, devono essere puniti; se invece fanno i bravi avranno una ricompensa: un bel voto, un regalo, la caramella gettata nella gabbia... 
Ma no, non dovrebbero mai esistere classificazioni, né punizioni o ricompense, perché in natura non esistono le specie, le classi, le età... (intendo come pretesti per dividere et governare), perché siamo tutti appartenenti a un unico mondo caleidoscopico, dinamico, circolare e solidale, ognuno con le proprie uniche caratteristiche e preziosità innate - finché non ci conducono nei luoghi dell'addestramento. E purtroppo ciò avviene molto presto. Spero che la vicenda dell'orso insegni qualcosa a quanti pensano alla punizione (e alla ricompensa), cioè alla scuola, come a qualcosa di normale, giusto, ovvio, necessario. Il selvaggio non esiste, esiste solo il libero.

Aggiornamento: il Tar ha annullato l'ordinanza di abbattimento. Ma sarà sufficiente a ridare all'orso la tranquillità che aveva prima? Quale sarà il suo destino? Spero il migliore possibile. Ma chi si occupa della liberazione dei bambini dalla gabbia scolastica e dalla nostra cultura?

Aggiornamento del 18 aprile: l'orsa è stata catturata e divisa dai suoi cuccioli. Non si sa ancora che fine farà, nella migliore delle ipotesi finirà confinata, esattamente come la nostra cultura vuole che si faccia con le persone libere e scomode.

Il bambino non scolarizzato sarà un delinquente?

 

Chiariamo subito: con l'istruzione obbligatoria non esistono più bambini non scolarizzati e, purtroppo, si vede! Ma voglio dirvi una cosa che può far luce su qualche luogo comune e, se possibile, distruggerlo definitivamente:
Mi sono capitate tra le mani alcune pagine di un famoso pedagogista francese, Roger Cousinet (nella foto), che nel 1936 pensò di rendere pubbliche alcune sue dirette osservazioni su un bambino libero, non scolarizzato, alle prese con il mondo e con dei libri che i suoi genitori gli avevano messo a disposizione. 
Questi genitori, è da premettere, hanno subito avuto l'intenzione di non disturbare la crescita intellettuale di loro figlio, intervenendo soltanto quando egli reclamava una risposta. Il bambino è stato osservato dal pedagogista per tre anni, dai 5 agli 8. Durante questi tre anni, il bambino ha dimostrato un naturale e costante interesse nei riguardi del mondo, e la sua curiosità innata ha fatto in modo che imparasse da solo a leggere. Ma non solo. 
Tutte le sue richieste venivano esaudite. La prima grande curiosità del bambino, nei riguardi della geografia, venne soddisfatta quando i genitori gli fornirono - dietro sua esplicita richiesta - degli atlanti geografici e alcune mappe. Per sei mesi, il bimbo non fece altro che imparare autonomamente e con viva gioia nomi di città, fiumi, montagne, specifiche culturali di vari luoghi. Dopo l'esperienza della geografia, il bambino, sempre libero di fare e di imparare e sempre lontano da condizionamenti e coercizioni, volle approcciarsi alla scienza, e poi ancora alle piante e agli animali, soprattutto quelli piccoli: vermi, lumache, rane, uccelli, molluschi... Lo interessò anche l'elettricità. Roger Cousinet, nel suo rapporto, osservò che i libri messi a disposizione del bambino gli servivano soprattutto per cercarvi delle conferme a quel che egli pensava e osservava. 
Ogni bambino ha solo voglia di imparare, per lui è un bisogno naturale, ma è un bisogno che viene soddisfatto con gioia soltanto se egli è libero, autonomo, lontano dai condizionamenti degli adulti e soprattutto lontano dalla scuola e i suoi meccanismi perversi, gerarchizzanti, fascisti in nuce.
P.S. Chi pensa che un bambino non frequentante la scuola diventa inevitabilmente preda della delinquenza, ha tre enormi problemi: 
1) Non conosce nulla del mondo dei bambini. 
2) E' vittima di una cultura autoritaria, gretta, miserevole, ristrettissima. 
3) Ignora, o fa finta di ignorare, che i veri grossi delinquenti hanno spesso la laurea e siedono su scranni rivestiti di velluto. 
Risolvere questi problemi è doveroso e urgente.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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