Una citazione al giorno

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Data Rivoluzionaria

Scuola: madre di tutte le 'challenge'


'Quali sono le mie due modeste proposte per eliminare la criminalità? Sono due proposte swiftiane, come la loro definizione umoristica non si cura minimamente di nascondere.
1) Abolire immediatamente la scuola media dell'obbligo.
2) Abolire immediatamente la televisione'.
(Pier Paolo Pasolini) 

La bambina di 10 anni suicida a Palermo per autostrangolamento. Ma anche il bambino di 11 anni che si è lanciato fuori dalla finestra a Napoli. Quelli che si buttano giù da dalle finestre delle scuole. Quelli che si stendono sui binari e attendono fino all'ultimo secondo per spostarsi mentre il treno va incontro a loro. Per non parlare degli omicidi commessi dai giovani sui loro coetanei e non solo, gli accoltellamenti a scuola. Eccetera. E gli adulti, poi, che non sanno o non vogliono vedere la vera causa di questi 'giochi', gli adulti che piangono, si arrabbiano, si disperano, e prendono di mira sempre gli effetti, per modificarli e credono così di risolvere il problema, e guardano sempre il dito anziché la luna. Oggi le competizioni tra i giovani si chiamano 'challenge'. E se una volta la sfida era tra squadrette di calcio rionali o la dimostrazione di qualche abilità manuale o circense di fronte agli amici, oggi assistiamo a un inasprimento progressivo ed esteso dell'impeto di primeggiare e di 'farsi valere'. 

Ma la madre di tutte le 'challenge' è la scuola, con le sue aule sì colorate, ma putrescenti di scolarismo e puzzolenti di reclusione. Per molti anni, a scuola, i bambini vengono caricati e modellati sulla pratica della competizione quotidiana; è una gara che obbedisce a un principio di violenza invisibile, innestata ad arte, e che rimane invisibile fino a quando, purtroppo, non si materializza altrove, all'esterno, nella società, attraverso i rapporti sociali che, in questo modo, si disumanizzano, ostentando con orgoglio la loro disumanità. Ideologia della guerra, del massacro, della costruzione di un nemico, di una brutalità che è ormai assurta ad etica! Infatti, guai a non competere! Se non competi, se non guerreggi, se non 'fai vedere chi sei', se non ti guadagni la medaglia in palio (il riconoscimento da parte del branco o di un'autorità), non sei nessuno/a. 

Ecco dunque che il conflitto quotidiano che si apprende a scuola proprio nell'età più cruciale della formazione, dove vi è la maggiore capacità ricettiva senza alcuna difesa, sfocia inevitabilmente in atti di violenza evidente al di fuori di quelle mura, fino a dare o a darsi la morte. La società ha bisogno di descolarizzarsi, urgentemente, altrimenti questo progressivo inasprimento della violenza nella società, come vediamo, sarà dilagante e irreversibile.

Ho visto un po' di Master Chef e ho sùbito spento la TV.

 

Apprendere è un'attività che dà un'immensa gioia, un piacere incommensurabile, ed è un toccasana anche fisico. Apprendere o scoprire è un'attività che ci è propria come specie, è innata, non ha bisogno di alcuno sprone da parte di chicchessia. Ma per poter essere un piacere, tale attività deve rimanere libera, non può essere controllata da altri, non deve essere predisposta e regolamentata. La scuola uccide infallibilmente il piacere immenso di apprendere.  La scuola, col suo obbligo e le sue dinamiche autoritarie, è un feroce dispositivo senza pietà che aggredisce l'impulso innato all'apprendimento, lo annulla, e lo converte in noia, in competizione, in una insopportabile e innaturale sofferenza.

Il modello scolastico, concepito espressamente nel modo che conosciamo da secoli e secoli, fatto assimilare a forza ai bambini, influenza il resto dei meccanismi sociali, i rapporti umani, e tutte le attività esterne. E' fatta per questo scopo. Avete mai visto una puntata di Master Chef? Io l'ho appena vista, solo un quarto d'ora, ma mi è bastato. Bisogna dirlo: un'attività bella e serena come il cucinare, cioè un'attività che porta gioia e convivialità, allegria e godimento, in questa trasmissione televisiva viene sbattuta al muro, calpestata, e fatta diventare una inenarrabile sofferenza, con la solita logica insana della ricompensa e della punizione, del divide et impera, dell'esclusione e inclusione, del dentro e fuori. I cuochi sono ridotti a competitori agguerriti, concorrenti che per raggiungere il pavloviano premio sono disposti a farsi maltrattare, offendere, e a provare quelle emozioni totalmente negative che mai al mondo proverebbero se cucinassero per il piacere di farlo, da soli o in compagnia. Il cibo stesso diventa questione meramente tecnica, un merce come il 'sapere' scolastico, uno strumento di guerra. Può esserci qualcosa di più idiota e cattivo? Ma è fatto apposta.
Ho visto cuochi-concorrenti che piangevano come vitelli dopo la bocciatura data dagli immancabili giudici che si divertivano a fare come i 'prof bastardi' e le 'maestre puttane'. Come a scuola. Uguale. Anzi no, Master Chef è anche meno brutale della scuola, poiché la scuola insegna una cosa ancora più orrenda e assurda, quella di far credere che senza di essa non si può imparare, non si può essere, non si può vivere, e che quelli che non passano attraverso le maglie della sofferenza scolastica devono essere emarginati e vilipesi, anche se sono dei veri geni. Il mondo è andato avanti grazie a una incredibile e lunghissima schiera di geni, certo, ma completamente autodidatti!

Immaginate un Master Chef che insegni questo, a credere che non si possa imparare a cucinare senza mettersi in competizione, senza qualcuno che ti giudichi, senza una classifica, senza una guerra, senza la sofferenza. Ebbene, la scuola è riuscita egregiamente in questo! Ma cucinare è gioia! Come dovrebbe esserlo l'apprendere ed ogni altra attività umana, ancora di più se creativa! Bisogna solo lasciarle libere, queste attività e coloro che vi si apprestano a compierle! Bisogna quindi che ogni bambino sia lasciato libero di continuare a scoprire il mondo da sé, libero di immaginare quel che vuole, libero di chiedere agli altri quando lo ritiene necessario, libero di non farsi intrappolare da questo modello, da nessun tipo di modello! 

Non è tutto! Proprio come avviene a scuola, ai concorrenti di Master Chef non viene concessa alcuna licenza personale, nessuna invenzione autonoma, nessuna iniziativa creativa: tutti devono ripetere pietanze già fatte o, tutt'al più, copiare o rifare quello che i giudici ordinano di cucinare sul momento e, in qualsiasi altro caso anche apparentemente creativo, i concorrenti devono essere comunque sottoposti a un'opinione altrui, un altrui che avrà la sua personale idea di bene e di male, di buono o cattivo, di giusto o sbagliato.

Questo è esattamente il modello scolastico che si ripete anche nella società, il modello disciplinare, dal quale, come diceva Foucault, deriva anche la prigione. Avete capito bene, la prigione deriva dalla scuola. Che razza di società pensate possa sortire dalla scuola, se non esattamente questa che ci ritroviamo e che giova soltanto alla classe padronale e al sistema? Oppure pensate veramente che dalla scuola fuoriesca una società giusta, solidale e libera? O che renda le persone infallibili e geniali? Non facciamoci illusioni, non facciamoci ingannare dalla bella narrazione e guardiamo ai risultati ottenuti! Pessimi! Per quale motivo pensate che i governi tengano al fatto che tutti vadano a scuola? Se la scuola ci rendesse liberi ed eruditi, pensate forse che le classi dirigenti la farebbero frequentare? La scuola è cosa loro, serve a loro!

Liberiamoci della scuola, di tutte le scuole istituzionalizzate o avallate dallo Stato, siano esse tradizionali o 'alternative', liberiamocene il prima possibile, sono più di 200 anni che lo diciamo, a ragion veduta!


P.S. E facciamola finita anche con le scuole libertarie, se queste diventano un fine e non un mezzo antieducativo per adulti (i bambini non ne hanno bisogno, sono già liberi dentro per natura)!

Ristoro formativo: nessuna libertà e pace per gli studenti (e per i docenti).


Una volta che una società ha metabolizzato una cultura autoritaria, qualsiasi ulteriore inasprimento di pena, o moltiplicazione dei dispositivi coercitivi, o ingigantimento dell'autoritarismo nei confronti della gente, o qualsivoglia nuova trovata per addestrare le masse alla sudditanza, verranno presentati e salutati come un avanzamento del progresso, un miglioramento della sicurezza, un allargamento della libertà, un passo avanti nell'erudizione, quando invece è la solita trappola. Così, il voler rinchiudere i giovani nelle celle educative anche di pomeriggio viene presentato oggi come un 'ristoro formativo'. Dire una cosa del genere, 100 anni fa, sarebbe stato motivo di ilarità generale, oggi la maggioranza scolarizzata, poiché tale, la ritiene una cosa attendibile, buona, giusta. Saranno felicissimi i quattro rampolli borghesi, figlioli di Confindustria, che ieri hanno protestato per rientrare nelle celle nonostante il rischio di contagio oggettivo. 
Che miracolo questi giovani così repentinamente vogliosi di scuola, vero? Bene, adesso avranno l'opportunità di 'ristorarsi' di scuola anche al pomeriggio. Cazzi loro? No, perché  costoro, di concerto col ministero, obbligano alla reclusione pomeridiana anche la moltitudine degli altri giovani, si spera più sani di mente, che a quel 'ristoro' preferiscono invece la libertà. Ma non ci giurerei, ormai la parola libertà viene assimilata male da quasi tutti, come fosse qualcosa da cui rifuggire. Ecco a cosa ha portato il lavoro svolto dalla nostra cultura e dalle scuole!
A questo punto mi aspetto di tutto, persino che la 'giustizia' di Stato escogiti un sistema di repressione più feroce, magari facendo proseguire di un tot gli anni di reclusione all'interno di un istituto di rieducazione, oltre a quelli già decretati dal tribunale, e che questi anni in più vengano presentati come un'opportunità di crescita morale, degna di ricevere ringraziamenti da parte degli stessi detenuti. Perché sapete, ormai siamo a questi livelli qui, eh?

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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