Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Mi obbligano.


Non sono state poche le volte in cui a scuola, di fronte ad una nuova classe, ho chiesto di primo acchito agli studenti: ma voi che cosa ci fate a scuola? Perché siete qui? E a quel punto le risposte che ricevevo erano sempre di due tipi: il tipo sincero, e il tipo falso. La risposta sincera me l'hanno sempre data gli studenti più onesti, i più puliti dentro, specialmente i più piccoli, ma anche i liceali dall'animo provocatorio. E questa risposta sincera è uguale a quella che vedete nell'immagine: 'veniamo a scuola perché siamo obbligati'

La risposta falsa, invece, è quella che gli studenti pescano dal catalogo della retorica della scuola, una retorica mitopoietica che ogni scolarizzato conosce a memoria e che sa ripetere ogni qualvolta gli si presenta l'occasione. Di risposte false, palesemente costruite e demagogiche, ce ne sono tante, ad esempio: 'siamo qui perché la scuola ci insegna tante cose', ma anche 'siamo a scuola per capire la vita' o 'altrimenti rimaniamo stupidi e quindi saremo facilmente governabili'. Insomma, stupidaggini di questo genere. La cosa che può lasciare sgomenti è incontrare giovani di sedici anni che hanno già acquisito la narrazione dogmatica della scuola e che, senza porre alcun filtro critico preventivo, la ripetono, credendoci ciecamente. A me questo fatto non lascia più sgomento come all'inizio, perché, dopo tanti anni di insegnamento e di analisi delle dinamiche pedagogiche, so benissimo che, purtroppo, la deformazione scolastica delle coscienze si compie già verso i sette anni di età. A quell'età, i bambini hanno già imparato a copiare dagli adulti anche le risposte preconfezionate da dare sulla scuola. 

Soltanto i più forti di coscienza si salvano dalla scuola, ma sono casi più unici che rari, purtroppo. Occorre abolire la scuola.

Scuola libertaria su Telegram

 Da qualche giorno Scuola libertaria ha attivato il canale Telegram. I lettori del blog che lo desiderano, possono iscriversi liberamente. Grazie. Clicca sul logo.



TSO: la banalità del male a scuola.


Come ogni altra istituzione dello Stato, anche la scuola, soprattutto la scuola, si caratterizza anche per la retorica che gronda copiosa dalla sua autonarrazione. Belle parole, ma sono solo parole. In merito al gravissimo fatto accaduto allo studente dell'Istituto Olivetti di Fano, che si è visto assegnare un TSO contro la sua volontà per aver espresso il desiderio di non indossare la mascherina in classe, ognuno può avere punti di vista differenti, ma certamente non si potrà non essere disgustati e allarmati dal tipo di provvedimento punitivo e squadrista, a cominciare dalla telefonata fatta alle forze dell'ordine da scuola, deciso anzitutto da chi dirige attualmente quell'Istituto, insieme, credo, al Consiglio di Classe, per voto democratico, e da tutta la catena successiva di persone che hanno solo obbedito agli ordini, fino al sindaco che ha posto il suo sigillo imperiale sul barbaro decreto. Non mi interessa la questione della mascherina in sé, mi interessa qui il tipo di reazione che è stata pensata, decisa, e messa in pratica, ripeto, fin dalla prima decisione della dirigenza di chiamare gli agenti in divisa. Ma cosa c'entra la retorica di cui sopra? Ho voluto visitare il sito della scuola in questione e mi sono imbattuto nella solita smielata presentazione di sé. Io non vorrei aggiungere più nulla e lasciare invece che siano le parole stesse di quell'Istituto a parlare. Ognuno, poi, come sempre, potrà fare le proprie considerazioni.  

Nel sito non sono riuscito a trovare il nome del o della dirigente. Di solito è un nome che dovrebbe apparire doverosamente nell'organigramma, ma nel sito non ho trovato neppure l'organigramma. Forse ho cercato male. Ecco però cos'ho trovato.


  • 'L’Istituto è per la Libertà di Espressione. Ogni studente, in classe, può intervenire e dire la propria, nel rispetto degli altri. La libertà è uno dei temi più cari e principali, sviluppato nelle lunghe discussioni tra docenti e studenti, alla pari'.
  • 'Non a caso, il motto scelto dall’Istituto è una nota frase di Voltaire: “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”. E proprio sulla libertà di espressione e sulle idee divergenti si sono tenuti diversi corsi in cui tutti erano invitati a dire la propria opinione'.

E insiste sulla libertà di espressione (notate qui in basso come è stato scritto, con le iniziali maiuscole) che addirittura si porrebbe alla base delle stesse fondamenta, per reggerle. Insomma, in quell'Istituto la libertà di espressione sarebbe una sorta di litosfera:

  • 'La Libertà di Espressione è un altro punto cardine che regge le fondamenta del nostro sito. Dobbiamo essere liberi di esprimerci, di discutere, di comunicare con gli altri, al fine di insegnare e di ricavare al contempo un insegnamento'.

Ed una perla retorica finale, in sé contraddittoria:

  • 'Perché sedersi tra i banchi è un obbligo, imparare e rincorrere la conoscenza lo è altrettanto, ma la scuola ha un compito più importante: formare e sviluppare il pensiero di ogni individuo senza omologarlo'.

In un'altra pagina del sito è inserita anche quest'altra perla:
  • 'L’Istituto Adriano Olivetti ha fatto delle problematiche sociali uno dei suoi cavalli di battaglia. Una scuola deve lavorare al meglio per i propri studenti; deve garantire loro un ambiente sereno e rilassato...'.

L'istituto si vanta anche di affrontare temi quali il cyberbullismo, ma credo che gli studenti (e non solo quelli di questo Istituto) debbano piuttosto temere i pericoli che gli arrivano dall'interno: 

'...abbiamo anche parlato e approfondito un tema in particolare, ovvero il Cyberbullismo. È necessario mettere in guardia soprattutto gli adolescenti: internet ha un potere molto vasto e positivo, ma dobbiamo essere altrettanto cauti nell’utilizzarlo'.



P.S. Nelle scuole, di solito, si spiega ai ragazzi il significato del libro di Hannah Arendt 'La banalità del male'. Io non mi chiedo ormai più il motivo per cui, malgrado a scuola si affrontino certi argomenti, la società poi propenda per un cammino contrario e antilibertario. La risposta è la scuola in sé, ce lo disse già anni fa anche uno splendido Gilles Deleuze:
'Se fossimo portati a dire che il linguaggio è sempre stato un sistema dell'ordine e non dell'informazione - sono ordini che vi vengono dati, e non informazioni che vi vengono comunicate - avremmo l'impressione di dire qualcosa di evidente. Apriamo il notiziario alla televisione e cosa riceviamo? Non riceviamo in primo luogo delle informazioni, riceviamo degli ordini. E cosa avviene a scuola? E' ovvio! Quando la maestra riunisce i bambini non è per informarli dell'alfabeto, è per insegnare loro un sistema di ordini, un sistema di comando che permetterà e costringerà gli individui a formare degli enunciati conformi agli enunciati dominanti. La scuola serve soprattutto a questo'. (Gilles Deleuze)

 

Scuola: madre di tutte le 'challenge'


'Quali sono le mie due modeste proposte per eliminare la criminalità? Sono due proposte swiftiane, come la loro definizione umoristica non si cura minimamente di nascondere.
1) Abolire immediatamente la scuola media dell'obbligo.
2) Abolire immediatamente la televisione'.
(Pier Paolo Pasolini) 

La bambina di 10 anni suicida a Palermo per autostrangolamento. Ma anche il bambino di 11 anni che si è lanciato fuori dalla finestra a Napoli. Quelli che si buttano giù da dalle finestre delle scuole. Quelli che si stendono sui binari e attendono fino all'ultimo secondo per spostarsi mentre il treno va incontro a loro. Per non parlare degli omicidi commessi dai giovani sui loro coetanei e non solo, gli accoltellamenti a scuola. Eccetera. E gli adulti, poi, che non sanno o non vogliono vedere la vera causa di questi 'giochi', gli adulti che piangono, si arrabbiano, si disperano, e prendono di mira sempre gli effetti, per modificarli e credono così di risolvere il problema, e guardano sempre il dito anziché la luna. Oggi le competizioni tra i giovani si chiamano 'challenge'. E se una volta la sfida era tra squadrette di calcio rionali o la dimostrazione di qualche abilità manuale o circense di fronte agli amici, oggi assistiamo a un inasprimento progressivo ed esteso dell'impeto di primeggiare e di 'farsi valere'. 

Ma la madre di tutte le 'challenge' è la scuola, con le sue aule sì colorate, ma putrescenti di scolarismo e puzzolenti di reclusione. Per molti anni, a scuola, i bambini vengono caricati e modellati sulla pratica della competizione quotidiana; è una gara che obbedisce a un principio di violenza invisibile, innestata ad arte, e che rimane invisibile fino a quando, purtroppo, non si materializza altrove, all'esterno, nella società, attraverso i rapporti sociali che, in questo modo, si disumanizzano, ostentando con orgoglio la loro disumanità. Ideologia della guerra, del massacro, della costruzione di un nemico, di una brutalità che è ormai assurta ad etica! Infatti, guai a non competere! Se non competi, se non guerreggi, se non 'fai vedere chi sei', se non ti guadagni la medaglia in palio (il riconoscimento da parte del branco o di un'autorità), non sei nessuno/a. 

Ecco dunque che il conflitto quotidiano che si apprende a scuola proprio nell'età più cruciale della formazione, dove vi è la maggiore capacità ricettiva senza alcuna difesa, sfocia inevitabilmente in atti di violenza evidente al di fuori di quelle mura, fino a dare o a darsi la morte. La società ha bisogno di descolarizzarsi, urgentemente, altrimenti questo progressivo inasprimento della violenza nella società, come vediamo, sarà dilagante e irreversibile.

Ho visto un po' di Master Chef e ho sùbito spento la TV.

 

Apprendere è un'attività che dà un'immensa gioia, un piacere incommensurabile, ed è un toccasana anche fisico. Apprendere o scoprire è un'attività che ci è propria come specie, è innata, non ha bisogno di alcuno sprone da parte di chicchessia. Ma per poter essere un piacere, tale attività deve rimanere libera, non può essere controllata da altri, non deve essere predisposta e regolamentata. La scuola uccide infallibilmente il piacere immenso di apprendere.  La scuola, col suo obbligo e le sue dinamiche autoritarie, è un feroce dispositivo senza pietà che aggredisce l'impulso innato all'apprendimento, lo annulla, e lo converte in noia, in competizione, in una insopportabile e innaturale sofferenza.

Il modello scolastico, concepito espressamente nel modo che conosciamo da secoli e secoli, fatto assimilare a forza ai bambini, influenza il resto dei meccanismi sociali, i rapporti umani, e tutte le attività esterne. E' fatta per questo scopo. Avete mai visto una puntata di Master Chef? Io l'ho appena vista, solo un quarto d'ora, ma mi è bastato. Bisogna dirlo: un'attività bella e serena come il cucinare, cioè un'attività che porta gioia e convivialità, allegria e godimento, in questa trasmissione televisiva viene sbattuta al muro, calpestata, e fatta diventare una inenarrabile sofferenza, con la solita logica insana della ricompensa e della punizione, del divide et impera, dell'esclusione e inclusione, del dentro e fuori. I cuochi sono ridotti a competitori agguerriti, concorrenti che per raggiungere il pavloviano premio sono disposti a farsi maltrattare, offendere, e a provare quelle emozioni totalmente negative che mai al mondo proverebbero se cucinassero per il piacere di farlo, da soli o in compagnia. Il cibo stesso diventa questione meramente tecnica, un merce come il 'sapere' scolastico, uno strumento di guerra. Può esserci qualcosa di più idiota e cattivo? Ma è fatto apposta.
Ho visto cuochi-concorrenti che piangevano come vitelli dopo la bocciatura data dagli immancabili giudici che si divertivano a fare come i 'prof bastardi' e le 'maestre puttane'. Come a scuola. Uguale. Anzi no, Master Chef è anche meno brutale della scuola, poiché la scuola insegna una cosa ancora più orrenda e assurda, quella di far credere che senza di essa non si può imparare, non si può essere, non si può vivere, e che quelli che non passano attraverso le maglie della sofferenza scolastica devono essere emarginati e vilipesi, anche se sono dei veri geni. Il mondo è andato avanti grazie a una incredibile e lunghissima schiera di geni, certo, ma completamente autodidatti!

Immaginate un Master Chef che insegni questo, a credere che non si possa imparare a cucinare senza mettersi in competizione, senza qualcuno che ti giudichi, senza una classifica, senza una guerra, senza la sofferenza. Ebbene, la scuola è riuscita egregiamente in questo! Ma cucinare è gioia! Come dovrebbe esserlo l'apprendere ed ogni altra attività umana, ancora di più se creativa! Bisogna solo lasciarle libere, queste attività e coloro che vi si apprestano a compierle! Bisogna quindi che ogni bambino sia lasciato libero di continuare a scoprire il mondo da sé, libero di immaginare quel che vuole, libero di chiedere agli altri quando lo ritiene necessario, libero di non farsi intrappolare da questo modello, da nessun tipo di modello! 

Non è tutto! Proprio come avviene a scuola, ai concorrenti di Master Chef non viene concessa alcuna licenza personale, nessuna invenzione autonoma, nessuna iniziativa creativa: tutti devono ripetere pietanze già fatte o, tutt'al più, copiare o rifare quello che i giudici ordinano di cucinare sul momento e, in qualsiasi altro caso anche apparentemente creativo, i concorrenti devono essere comunque sottoposti a un'opinione altrui, un altrui che avrà la sua personale idea di bene e di male, di buono o cattivo, di giusto o sbagliato.

Questo è esattamente il modello scolastico che si ripete anche nella società, il modello disciplinare, dal quale, come diceva Foucault, deriva anche la prigione. Avete capito bene, la prigione deriva dalla scuola. Che razza di società pensate possa sortire dalla scuola, se non esattamente questa che ci ritroviamo e che giova soltanto alla classe padronale e al sistema? Oppure pensate veramente che dalla scuola fuoriesca una società giusta, solidale e libera? O che renda le persone infallibili e geniali? Non facciamoci illusioni, non facciamoci ingannare dalla bella narrazione e guardiamo ai risultati ottenuti! Pessimi! Per quale motivo pensate che i governi tengano al fatto che tutti vadano a scuola? Se la scuola ci rendesse liberi ed eruditi, pensate forse che le classi dirigenti la farebbero frequentare? La scuola è cosa loro, serve a loro!

Liberiamoci della scuola, di tutte le scuole istituzionalizzate o avallate dallo Stato, siano esse tradizionali o 'alternative', liberiamocene il prima possibile, sono più di 200 anni che lo diciamo, a ragion veduta!


P.S. E facciamola finita anche con le scuole libertarie, se queste diventano un fine e non un mezzo antieducativo per adulti (i bambini non ne hanno bisogno, sono già liberi dentro per natura)!

Ristoro formativo: nessuna libertà e pace per gli studenti (e per i docenti).


Una volta che una società ha metabolizzato una cultura autoritaria, qualsiasi ulteriore inasprimento di pena, o moltiplicazione dei dispositivi coercitivi, o ingigantimento dell'autoritarismo nei confronti della gente, o qualsivoglia nuova trovata per addestrare le masse alla sudditanza, verranno presentati e salutati come un avanzamento del progresso, un miglioramento della sicurezza, un allargamento della libertà, un passo avanti nell'erudizione, quando invece è la solita trappola. Così, il voler rinchiudere i giovani nelle celle educative anche di pomeriggio viene presentato oggi come un 'ristoro formativo'. Dire una cosa del genere, 100 anni fa, sarebbe stato motivo di ilarità generale, oggi la maggioranza scolarizzata, poiché tale, la ritiene una cosa attendibile, buona, giusta. Saranno felicissimi i quattro rampolli borghesi, figlioli di Confindustria, che ieri hanno protestato per rientrare nelle celle nonostante il rischio di contagio oggettivo. 
Che miracolo questi giovani così repentinamente vogliosi di scuola, vero? Bene, adesso avranno l'opportunità di 'ristorarsi' di scuola anche al pomeriggio. Cazzi loro? No, perché  costoro, di concerto col ministero, obbligano alla reclusione pomeridiana anche la moltitudine degli altri giovani, si spera più sani di mente, che a quel 'ristoro' preferiscono invece la libertà. Ma non ci giurerei, ormai la parola libertà viene assimilata male da quasi tutti, come fosse qualcosa da cui rifuggire. Ecco a cosa ha portato il lavoro svolto dalla nostra cultura e dalle scuole!
A questo punto mi aspetto di tutto, persino che la 'giustizia' di Stato escogiti un sistema di repressione più feroce, magari facendo proseguire di un tot gli anni di reclusione all'interno di un istituto di rieducazione, oltre a quelli già decretati dal tribunale, e che questi anni in più vengano presentati come un'opportunità di crescita morale, degna di ricevere ringraziamenti da parte degli stessi detenuti. Perché sapete, ormai siamo a questi livelli qui, eh?

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

Lettori fissi