Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

La banalità dell'Intelligenza Artificiale

Vi parlo di un'attività personale, ancorché effimera e ludica, perché penso sia utile in questo caso diffondere l'esperienza vissuta. Sto interrogando da giorni la cosiddetta 'Intelligenza Artificiale' per capire, capirla, prevederla, sondarla e scoprire - ed ho scoperto - come in realtà non sia altro che un potenziamento del sistema di comunicazione, in termini di velocità, relativa a una cultura specifica, la nostra, la stessa cultura che da 5000 anni sta conducendo l'umanità alla sua estinzione precoce. 
Quello che ho scoperto, in estrema sintesi, è che sui temi cari alla massa conformata la cosiddetta IA è insuperabile, fenomenale, risponde quasi bene a tutto (dico 'quasi' perché ci sarebbe da dire anche sul modo inutilmente ridondante con cui risponde), mentre se l'argomento è quel grande e complesso àmbito filosofico, politico, sociologico e antropologico che è l'anarchia, noto come questa IA cada in sterili semplificazioni e contraddizioni; insomma, risponde in modo superficiale, banale, stereotipato, proprio come se stessi discutendo con una persona che di anarchia sa ripetere soltanto tutti i luoghi comuni a essa colpevolmente riferiti e diffusi dall'ignoranza collettiva scolasticizzata. Anche se sollecitata a fare di più, a entrare nel merito di precisi argomenti o distinti pensatori, ad esempio sui libri di Proudhon, questa IA, una volta messa alle strette, commenta anzitutto così: 'effettivamente è come dici tu...', ricadendo però subito dopo nei soliti luoghi comuni. Se la correggo e ricorreggo mille volte, accade esattamente come prima: 'hai ragione, effettivamente è come dici tu...', ma continua a riportare il discorso sul campo dello stereotipo, sul pensiero unico. 
L'IA non acquisisce alcuna nuova conoscenza, né ne produce, ma propina le stesse cose, rielaborate, rimescolate, con una ridondanza direi persino stucchevole per i miei gusti. Quindi posso dire questo, associandomi a quanto dice anche Chomsky: la cosiddetta IA non è affatto un'intelligenza, ma un grande archivio di cose già date, già conosciute e codificate, quindi risponde solo in base a ciò che il sistema ha sempre voluto che la massa conoscesse. La differenza con quanto succedeva fino a qualche anno fa risiede nel fattore-tempo: se prima impiegavi qualche giorno nel fare una semplice ricerca sui libri avallati dalla cultura dominante, con l'IA ottieni le stesse risposte di prima, proprio identiche, ma le ottieni subito. 
E oltre a tutto quello che si potrebbe dire e che è stato già detto altrove intorno al 'pericolo IA' (ad esempio che è da sempre in mano alle forze militari o che è una tecnologia incredibilmente energivora), alcuni ricercatori puristi o filosofi come Ivan Illich potrebbero - a mio avviso con diritto - sostenere che con l'IA sparisce anche il gusto della ricerca fatta di biblioteche, archivi, schedari, appuntamenti, spostamenti, esplorazioni, interviste... che sono anche fonte di conoscenze, relazioni, convivialità... in una parola, di umanità! Se posso farvi un invito, è questo: riguardo a certi temi come l'anarchia, è sicuramente cosa utile e buona leggere direttamente i testi dei suoi pensatori, senza alcuna mediazione; di quei testi la rete e le biblioteche sono fornite. Fate dunque delle belle ricerche, ma di quelle vere, gratificanti e umane!

Ex-ducere e altre fandonie

 

 Dobbiamo dir questo: fin da piccoli veniamo bombardati da un'insulsa retorica che prende le forme più varie. Quella scolastica è la più disgustosa, la più umiliante per il genere umano, proprio perché inganna gli spiriti più innocenti - i bambini - e racconta loro molte falsità alle quali poi crederanno tutta la vita. La scuola emancipa? Neanche per sogno, fa proprio l'opposto! La scuola sviluppa lo spirito critico? Sciocchezza, basta guardarsi intorno! Bisognerebbe iniziare a compiere un'immensa opera di smantellamento della retorica e dei luoghi comuni; la scuola e il suo mondo ne sono zeppi! 

Nel libro 'Perché dobbiamo abolire la scuola' ci sono ben due capitoli - su 18 totali - dedicati allo smantellamento degli automatismi mentali riguardanti il sistema di istruzione nazionale (pubblico o privato che sia, il 'programma occulto' è il medesimo). Come si fa a smantellare? In verità è molto semplice: si guarda alla realtà, ai fatti, che sono inoppugnabili. Ci vuol coraggio? Più che altro ci vuole la buona volontà di smascherare il sistema e avere a cuore il vero senso della giustizia! Ancora oggi, moltissimi adulti scolarizzati sono convinti - potenza della retorica, appunto! - che, poiché la parola 'educare' proviene da ex-ducere ('condurre fuori'), la scuola farebbe proprio questo, ma intendendolo nel senso più positivo e cioè tirar fuori dai fanciulli il meglio che hanno dentro. Ovviamente, la realtà e i fatti ci parlano di tutt'altro! L'umanità deve ringraziare un'infinità di autodidatti e analfabeti se ha fatto progressi in moltissimi campi. Si parla anche di questo, nel libro, con alcuni clamorosi esempi, a testimonianza del fatto che l'intelligenza non ha bisogno di scuole e pedagoghi. 

Coloro che sono ancora affezionati alla parola 'educazione' quale sostantivo a preludio di paradisi sociali e rivoluzioni liberatrici, dovrebbero, secondo noi, ravvedersi e cominciare a credere che sì, è vero, educare significa letteralmente tirar fuori, ma tirar fuori che cosa? a guardare la realtà, tutto il peggio che un essere umano tiene dentro come potenziale distruttivo e fascistoide: competizione, voglia di rivalsa, idea di vendetta e legge del taglione come strumento di risoluzione dei problemi, concetto di nemico e di confine, concezione gerarchica della società, convinzione di essere i migliori 'rispetto a', nazionalismo, volontà di aggregarsi alle maggioranze e, quindi, a un pensiero unico dominante, credere che senza capi e maestri non si possa vivere, patriottismo nazionale, desiderare leggi calate dall'alto... Chi non ha queste convinzioni? Quasi tutti ce l'hanno! E dove pensano di averle imparate? Davvero costoro credono ancora che, di fronte all'azione nascosta e deleteria della scuola messa in atto dai suoi stessi meccanismi e in cui credono ciecamente i docenti, sia sufficiente fare la predica nelle classi-celle dicendo a quelle povere vittime inconsapevoli destinate allo sfruttamento che 'siamo tutti fratelli e sorelle e dobbiamo volerci bene e fare gli educati' per salvare il mondo da noi stessi così tremendamente scolarizzati? Beh, non è così, ce lo raccontano i fatti! Questo e molto altro nel libro. Regalatevelo per natale. CLICCATE QUI


Gli schiavi non devono pensare, devono solo marciare e marcire!

 

 Lo stato non ha mai incoraggiato i giovani a trascorrere il loro tempo libero a pensare in autonomia, non ha mai fatto propaganda allo stare fermi a riflettere e fantasticare, che è un'attività eminentemente intellettuale, creativa. Al contrario, lo stato ha sempre spinto le nuove generazioni all'attività antiriflessiva, muscolare, frenetica, sportiva, competitiva. 
Lo stato, attraverso i suoi funzionari scolastici e sociali (massa scolarizzata e istruita a dovere), elargisce al figlio/studente delle dottrine e delle morali nemiche dell'introspezione creativa, e gli dice: 
'Ragazzino, che fai in un angolo, muto? Attento che chiamo lo psicologo! Andiamo! là fuori c'è una vita di competizione, di produzione e consumo, quella è la realtà, unisciti alla massa in moto, non sognare, se ti fermi sei perduto, devi adattarti alla gara, non essere diverso dagli altri, non vedi come lavorano, lavorano, lavorano..? Non vedi anche quegli altri? Quali altri? Quelli che corrono lo stesso perché non hanno un lavoro e devono trovarlo per campare? Quella è gente responsabile, non tu! Non pensare, figliolo, iscriviti in palestra, gioca a calcio, fai karate, pallacanestro, gare di tuffi, atletica, pugilato. Fai vedere quanto sei forte! Fai tutti i corsi che ti propongono i miei insegnanti, così avrai dei crediti a scuola e alla fine ti dichiarerò maturo! Ma se proprio vuoi stare fermo e pensare, fallo solo per strategia militare, per battere un avversario, puoi quindi iscriverti a dei campionati di scacchi, usa la tua fantasia solo in funzione del conflitto e per vincere una medaglia, te la dò volentieri, sai? Oppure puoi pensare nel modo che voglio io, con ciò che voglio io, perciò ti fornirò i miei libri, i miei filosofi, ben inteso solo quelli che alla fine ti conducono sempre a me e a questa società, non un'altra. Ma non pensare per conto tuo al tuo essere, ai tuoi desideri più reconditi, non riflettere in autonomia, non trovare altre soluzioni, non inventare nuovi mondi e nuove possibilità. Sii serio e rinnega l'utopia! Se ti fermi a pensare significa che ozi, e io cosa ti ho sempre insegnato? Ti ho sempre insegnato che l'ozio è il padre dei vizi, e tu non dovrai mai scoprire che l'ozio è invece una santa virtù. L'ozio è rivoluzionario, risveglia il bisogno di libertà, ti allontana dalla società dei padroni... Rifuggi il pensiero e avanti marsh! Unò, duè, unò, duè.. Produrre, produrre!'

L'epoca del radicalismo scolastico, la scolacrazia e le sue vittime.


 La scuola produce nel popolo scolarizzato un fortissimo senso di devozione a essa, mille volte superiore al senso di appartenenza ecclesiastica che le teocrazie infondono nei loro fedeli servitori fin dall'età infantile. Stiamo inconsapevolmente vivendo nell'epoca di un mostruoso radicalismo scolastico, in un fideismo pericolosissimo. Ce ne possiamo accorgere attraverso le reazioni della folla, quando, di fronte all'evidenza scientifica di una scuola (che sia tradizionale o progressista, pubblica o privata, ortodossa o riformata...) che dimostra di creare una società tossica come la nostra, piena zeppa di coscienze asservite, massificate, violente, pronte solo all'obbedienza e alla produzione industriale-militare, questa folla reagisce con impeto virile a voler trovare - riuscendoci - qualsiasi pretesto pur di negare quell'evidenza scientifica e dare così la colpa a qualsiasi altra cosa, anche la più risibile e contraddittoria. Ad esempio, le reazioni degli scolarizzati in merito alle evidenze descritte in sintesi anche da Carl Sagan circa i danni cagionati dalla scuola e pubblicate recentemente sulla nostra pagina facebook, dimostrano proprio questo preoccupante fideismo, un asservimento generale dei cervelli nei confronti della scuola in quanto tale. Dice Carl Sagan:

'Se andate a parlare con i bambini dell'asilo o della prima elementare, troverete classi piene di appassionati di scienza. Fanno domande profonde. Chiedono: 'cos'è un sogno, perché abbiamo le dita dei piedi, perché la luna è rotonda, qual è il compleanno del mondo, perché l'erba è verde? Sono domande profonde e importanti. Vengono fuori da sole. Se andate a parlare ai ragazzi dell'ultimo anno delle superiori, non c'è nulla di tutto questo. Non sono più curiosi. Tra l'asilo e l'ultimo anno delle superiori è successo qualcosa di terribile'

E' evidente che la 'cosa terribile' di cui parla Sagan è la scuola stessa, ma questa evidenza non può essere ammessa dai devoti fondamentalisti della scuola, che intraprendono così la loro battaglia a sua difesa. La cosa oltremodo preoccupante è che la difesa, da parte di questo popolo cieco e iniziato fin da bambino alla devozione scolastica, viene attuata molto spesso inconsapevolmente, ormai come un automatismo mentale: è un riflesso condizionato pavloviano. E che cosa dice, di solito, questo popolo ferocemente in soccorso della scuola in quanto tale?  

  • E' questo tipo di scuola che non va bene.
  • La colpa è dei professori.
  • E' un problema di oggi, una volta non era così.
  • Sì, ma dipende.
  • La scuola italiana è da cambiare.
  • La scuola ha fatto anche cose buone.
  • La mia esperienza è positiva.
  • Sì, però Einstein...

Eccetera, eccetera. 

Tutte queste affermazioni, e molte altre (il campionario è vasto), non rivelano altro che una tenace devozione nei riguardi di una macchina concepita per lo sterminio delle coscienze e delle intelligenze quale è la scuola. Einstein, mente profonda, è poi uno di quelli da non prendere proprio in considerazione se si vuol perorare la causa della chiesa-scuola (nella nostra pagina facebook sono state pubblicate sue dichiarazioni in merito alla scuola, non c'è che da informarsi prima di cadere nel luogo comune o nello stereotipo; atteggiamento, questo, che proviene proprio da una formazione scolastica) e se la cavava anche male in matematica, finché è stato a scuola. 

Il cervello, per funzionare bene, ha bisogno di libertà, di autonomia individuale, di autodeterminazione, di ambienti non gerarchizzati o coercitivi, di tutte quelle cose che la scuola distrugge scientemente, che lo vogliano o no i docenti, che ne siano consapevoli o no, che facciano i rivoluzionari o i conservatori. I lettori possono spulciare tra i nostri post della pagina facebook e scoprire che il mondo è andato avanti per merito di grandi inventori autodidatti o di quelli che, malgrado l'azione devastante della scuola, sono riusciti a salvare la propria creatività, o di quelli che la scuola hanno potuto abbandonarla ancora da bambini. Davvero si pensa che il sistema metta in campo la scuola, per giunta con obbligo di istruzione, per emancipare le masse produttrici e liberarle dal sistema stesso? Di fronte a questa credenza c'è chi ride per non piangere.

E' gravissima questa coriacea e cieca fidelizzazione sacrale alla scuola da parte della massa, ma è proprio questo il segno irrecusabile del fatto che la scuola, in quanto istituzione che pone come fine se stessa, abbia svolto fino a oggi un lavoro eccellentissimo. E di certo, dato il suo prodotto sociale, continuerà a svolgerlo sempre più serenamente. Non è vero che 'la nostra scuola non funziona', come spesso sentiamo ripetere banalmente, in modo sbrigativo e onorando il consueto luogo comune e la volontà di difendere l'indifendibile: per gli scopi occulti - oggi assai meno occulti - che si è prefissa fin dalle sue origini istituzionali (vedi 'programma occulto' di Ivan Illich), la scuola funziona perfettamente e magnificamente, purtroppo! 

Il fine del potere è il potere. Il fine di un'istituzione è quell'istituzione. Il fine della scuola è la scuola, con tutto quello che ciò comporta in termini di addomesticamento e indottrinamento/manipolazione delle masse.

Consigli di lettura



Sovrastrutture puzzolenti

 


 L
a morale sancita dal cosiddetto 'diritto divino', consacrata dalla violenza delle armi di stato e dal diritto costituzionale e civile di stampo borghese, ci inculca fin dalla nascita la menzogna secondo cui l'essere umano, in quanto tale, senza cioè sovrastrutture culturali, rimarrebbe una sorta di bestia immonda, dedita alla violenza e a ogni sorta di 'peccato' e trivialità. Ci inculca quindi che, per ovviare a questo destino, ci occorre seguire rigorosamente dei precetti e dottrine che altri individui, perfettamente umani come noi, decidono essere quelli giusti e buoni per tutti. Smettiamola con gli pseudo filosofi del XVII secolo! Le contraddizioni sono evidenti, ma questa condotta è sempre stata accolta dalle povere genti antiche e da queste salutata come vera opera di salvezza, propria e collettiva. 'Viva la cultura', si grida sempre. Già, ma nessuno si pone il problema di quale tipo di cultura si vada sempre inneggiando! Com'è possibile tanta dogmatica superficialità? 
Ancora oggi, direi anzi oggi più di ieri, fa comodo pensare che l'essere umano abbia bisogno di altri esseri umani per sapere il come si fa, il come si deve, il cosa è giusto o sbagliato. Perché mai un altro essere umano dovrebbe dire a me, che sono un essere umano come lui, cosa è giusto o sbagliato? Perché mai dovrei credere che lui sappia, mentre io no? Nei tempi antichi, i despoti e i teocrati potevano anche convincere le masse ingenue e schiave di possedere un mandato divino, che non erano quindi dei veri esseri umani a governarle, e quindi quelle masse ignoranti potevano credere alla natura divina di chi dettava loro le leggi, e accettavano ogni imposizione. All'epoca era forse concepibile una cosa del genere (anche se sappiamo che per convincere quelle masse ignoranti occorreva adoperare molta violenza). Ma oggi? 
Si direbbe che ancora oggi le masse vogliano inconsciamente attribuire ai governanti poteri sovrannaturali o natali divini. Esiste ancora, ahimé, il culto della personalità, che ogni governante non a caso cura con diligenza. C'è da ridere, o piuttosto da piangere. Non vorrei farla lunga, qui, raccontando ad esempio di come la violenza antica, visibile, quella fatta di catene e scudisci per persuadere gli schiavi a ubbidire, si sia trasformata oggi in violenza invisibile attraverso la scuola e in un tipo preciso di cultura (catene e scudisci mentali). Semplicemente voglio dire che in realtà, quando in questa società nasce un bambino, si comincia a ricoprirlo di sovrastrutture. Strato dopo strato, dopo strato, dopo strato... si avvolge l'individuo di morali, e credenze, e dogmi, di tutto un sistema paradigmatico che finisce per essere creduto - ahimé quello! - come la nostra vera identità. Noi oggi ci identifichiamo nelle sovrastrutture che ci rendono disumani e brutali, incredibile no?
Perciò bisogna dirlo: sotto le sovrastrutture non c'è il nulla, tutt'altro! La vera nostra identità è stata soffocata da tutti quegli strati. L'essere umano è sparito sotto il peso di tutte le nostre sovrastrutture che addirittura preserviamo e insegniamo ai bambini. Ora, nonostante tutti gli studi compiuti anche dalla sociologia e l'antropologia moderne, continuiamo purtroppo a credere che l'individuo, spogliato da queste sovrastrutture, diventi come la bestia immonda di cui sopra, senza neppure voler vedere - e l'immagine è chiarissima - che il mondo sta soffrendo di violenza e trivialità proprio per colpa di quegli strati soffocanti di immondizia culturale, e che sotto quegli strati c'è l'essere umano, col suo naturale istinto di vita e di felicità condivisa, non la violenza brutale, come ci fa credere quella stessa cultura che ci abbrutisce!

La fine della democrazia


 
Quello che i politologi e gli studiosi di democrazia sanno molto bene è il fatto che quest'ultima non ha mai garantito, da ben 25 secoli, una gestione umana della società. Alcuni di questi analisti affermano oggi - senza più sentire la necessità di nascondere la cosa - che la democrazia si caratterizza invece per un autoritarismo calcolato, voluto. Quello della libertà raggiunta attraverso la democrazia risulta (finalmente lo ammettono!) un mito, una favola, mera illusione. Peraltro, esperti di democrazia che rilasciano interviste alla radio nazionale (ascoltati poco fa - RaiRadio3) ammettono anche che la democrazia è moribonda e che una società può reggersi in modo umano e sostenibile utilizzando altre logiche, altre forme che non siano la democrazia. Ma non specificano quali. Quello che infatti questi esperti non osano ancora dichiarare apertamente è che la libertà e la giustizia tanto millantate dalla democrazia da fin troppo tempo possono essere raggiunte dall'anarchia, purché le masse si allontanino dalla cultura imperante e si accorgano finalmente, informandosi altrove che a scuola et sim., che l'anarchia è l'ordine senza l'autorità, non la trita serie di luoghi comuni o una promessa di terrore. Il terrore è adesso, lo è da circa 5000 anni, dall'invenzione dello stato.

La formula della convivenza tra uomini o tra gruppi di uomini all'insegna della libertà l'abbiamo già alla nascita; nulla di scritto sulla carta, è una questione biologica e di sopravvivenza, come ci insegnava già Kropotkin e successivamente antropologi e sociologi, è un istinto che si esplica e si articola in base ai contesti e ai tempi in cui i gruppi umani si trovano a vivere, purché esso venga assecondato e realizzato senza principio di dominio o di potere o di scale gerarchiche attive. Niente servi e niente padroni. 

Poiché è oggettivamente difficile - ma non impossibile - sbarazzarsi della nostra cultura fondata sul dogma della competizione e sul potere politico-economico-militare-religioso, è evidente e logico, mi pare, che l'indispensabile sia lasciare che i bambini non vengano influenzati da quella, ma che sviluppino completamente l'istinto di cooperazione e di libertà, quelle caratteristiche umane innate che non a caso l'istituzione scolastica distrugge sistematicamente, scientemente, ineluttabilmente, nonostante le buone intenzioni dei docenti, la maggior parte dei quali totalmente ignari del programma occulto della scuola e, di questo, esecutori/difensori agguerriti: i migliori alleati del sistema. Praticare dunque la libertà, senza soffocarla come fa la scuola e come vuole una società scolarizzata, è la strada più lungimirante da percorrere, certamente la risposta alla menzogna della dittatura democratica e di tutte le altre dittature.

Gli anarchici, i bambini e la scuola.

Gli anarchici hanno fiducia nell'individuo e nell'umanità. E' una fiducia rivolta all'individuo in quanto tale, cioè a un essere umano unico, irripetibile, il che significa credere a un essere umano non manipolato dall'esterno. Gli anarchici odiano la manipolazione, da qualunque parte essa arrivi e, a loro volta, ovviamente, non manipolano nessuno. E' una fiducia nell'individuo, quella anarchica, che concerne il nostro profondo, che sposta l'attenzione dalla competenza acquisita, a cui la nostra società aspira, alla potenzialità innata. Capite la differenza? Quella anarchica è una fiducia nei riguardi dell'essere umano inteso come l'espressione piena e viva della natura. L'essere umano non manipolato è in grado di soddisfare se stesso e, nel farlo, soddisfa e alimenta la natura, ne rispetta il ciclo vitale. 

Nessun anarchico potrebbe mai manipolare un bambino, quindi credere, ad esempio, come fa la massa, che un bambino è una specie di idiota o un sacco vuoto da riempire o un automa in cui inserire un programma per animarlo ed emanciparlo (un bambino nasce già libero e anarchico, non ha sovrastrutture, né dogmi e purulenze culturali, cos'altro desiderare?). Solo i preti, i politici e i pedagoghi - e ovviamente una società già indottrinata - pensano al bambino come a un essere da catturare e istruire obbligatoriamente per mezzo di qualche specialista, ancorché 'rivoluzionario', e di strutture istituzionali che sono sempre puntualmente istituzionalizzanti per loro natura. 

Ogni bambino è in realtà un germoglio unico che nasce possedendo già un'istruzione precisa data dalla natura, e con quella sua istruzione innata vorrebbe continuare a svilupparsi, ma la società nostra, questa, culturalmente deviata, non glielo permette. Nessun anarchico penserebbe mai di legare quello splendido e autonomo germoglio a un bastoncino per farlo crescere dritto. Quelli di 'dritto' o di 'giusto' o di 'bene' (così come i loro contrari) sono concetti assolutamente relativi e interessati, perciò nessuno, nemmeno un anarchico, può arrogarsi il diritto di decidere per il bambino che cosa sia 'dritto', 'giusto' o 'bene'. Questo gli anarchici lo sanno. E' coerente credere che parlare di 'educatore anarchico' sia un vero ossimoro.

Il bambino rappresenta e contiene tutta la meraviglia e la libertà che ci aspettiamo dal mondo che sogniamo, perché modificare il bambino a nostro piacimento? Lasciamo dunque in pace i bambini! La scuola è distruttiva, è un'istituzione totale e autoritaria, e non si riforma, non si cambia, si deve solo abolire. Se anche una scuola libertaria si comporta in modo da catturare i bambini e decidere per loro cosa è bene fare o pensare, quella scuola è da abolire: non c'è nulla in merito alla libertà che un bambino non sappia già! Dobbiamo quindi cambiare il modo di pensare, se vogliamo cambiare davvero il mondo. Chi ha paura di questo cambiamento è parte del problema e si lascia volentieri catturare dalla favola secondo cui l'uomo nascerebbe malvagio, credendola una verità, come scriveva bene anche Erich Fromm, soltanto per giustificare la sua paura e rimanervi incastrato dentro, perché, diciamolo, è tanto comoda la paura della libertà per rimanere passivi, schiavi, e giustificare così la delega a un governo. Evviva i bambini liberi da noi adulti! E smettiamola con queste scuole, con tutte le scuole! 

Il libro 'Perché dobbiamo abolire la scuola'

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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