Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Collaboratori attuali: Stefania, Carlo, Massimo, Giulia.


Decreto Caivano: destra e sinistra unite appassionatamente per la scuola.


 Il governo dei seguaci del fascismo prende di mira i genitori dei figli che non andrebbero a scuola. Il governo nostalgico vuole tutti a scuola, proprio come i comunisti, ma anche più dei comunisti, visto che i fascisti prevedono pure il carcere per i genitori che non assolverebbero all'obbligo di istruzione dei loro figli. Questi fascisti ci tengono proprio a scolarizzare tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso! Ma esistono davvero quelli che non vanno a scuola? O si tratta anche questo di un mito, come emerge dai dati Istat che abbiamo riportato in un post precedente? E' bene ricordare che già oggi (e da anni è così) quando un genitore non manda il figlio a scuola è soggetto a denuncia, una denuncia che parte dalla segnalazione del dirigente scolastico e arriva fino ai carabinieri che alla fine bussano alla porta di quel genitore. Da quando è stato istituito l'obbligo di istruzione si fa così, purtroppo, e quindi nessuno si salva dall'essere scolarizzato (a scuola o altrove, ma tutti devono essere colonizzati da questa cultura autoritaria e devono dimostrarlo con esami specifici!). Se poi un giovane smette di andare a scuola a 16 anni, è liberissimo di farlo, perché oggi l'obbligo a quell'età svanisce. 

Ad ogni modo, che i fascisti abbiano a cuore la scuola non c'è da sorprendersi, sapete? Chi segue il blog o la pagina facebook sa bene qual è il vero scopo della scuola nella società, non è il caso di ribadirlo. Speriamo tuttavia che la notizia di questa attenzione dei fascisti nei riguardi della scolarizzazione forzata smonti finalmente il luogo comune secondo cui l'istruzione scolastica serva a edificare una società libera e antiautoritaria, perché la scuola fa invece esattamente il contrario, lo fa benissimo da sempre, nonostante i buoni propositi progressisti di molti docenti, propositi che non servono a niente perché tutti, soprattutto loro, i docenti, continuano a crogiolarsi con soddisfazione beghina nel luogo comune, e nel sistema perverso della competizione scolastica e del signorsì-avanti-marsh! E' il meccanismo scolastico in sé che fascistizza, ed è un meccanismo ben oleato dagli stessi operatori della scuola, dai docenti, dai tecnici, dai dirigenti, da tutta la società già perfettamente scolarizzata... E' un meccanismo distopico, quello della scuola, del quale tutti questi operatori, interni ed esterni, non saprebbero fare a meno, di cui non si vogliono liberare, in cui credono dogmaticamente. Perché la scuola, purtroppo, come diceva bene Ivan Illich, è una chiesa! e anche, come diceva Paul Goodman, una trappola universale!

'Intelligenza artificiale' ed etica. Quale etica? Chi la decide?


C'
è un modus operandi caratteristico di questo sistema che tende sempre al potenziamento dell'autoritarismo strutturale della nostra società. Questo modus si può riassumere con la formula 'se ci sarà da aggiustare lo vedremo, ma intanto lasciateci fare'. Ecco un inganno proprio di chi gestisce il potere e l'immenso apparato distopico amministrativo destinato ai nostri rapporti ormai disumanizzati. Lo scopo è raggiungere un obiettivo nefasto dicendo 'intanto facciamolo, poi faremo delle leggi specifiche che regolamenteranno il problema'. 
Ora, quelli che scrivono le leggi sventolano sempre ai quattro venti che la legge (soltanto la loro) si basa su dei valori etici o morali, invitandoci di conseguenza a stare tranquilli, perché - dicono sempre i governanti e i giuristi - la legge ha come sua base dei valori giusti e attenti (li chiamano 'valori democratici'). L'esperienza però ci racconta che a forza di fidarci delle loro 'leggi democratiche' o della loro etica siamo arrivati a un altissimo grado di disumanità e ingiustizia. Com'è sto fatto? Il fatto invece è che se la nostra società volesse fondarsi su valori veramente etici o morali, l'idea stessa di 'governo' sarebbe messa al bando ancora prima di pensare di realizzarla. Non c'è niente di meno etico o morale di un governo, già solo come concetto, figuriamoci le sue leggi! 
Vogliono quindi realizzare progetti che racchiudono dei pericoli per noi tutti catastrofici, distopici al massimo (ad esempio la cosiddetta 'Intelligenza Artificiale' - 'AI') e come sempre ci dicono: 'sì, ci possono essere dei problemi, ma voi lasciateci fare, poi scriveremo delle leggi a regolamentare il problema etico'. Ecco un nuovo inganno che si concretizzerà attraverso il solito vecchio modus operandi. Ci racconteranno ad esempio, come al solito, che l'AI è necessaria per la nostra sicurezza, lo stanno già dicendo, ma anche questa è una storia vecchia, un pretesto antico che non funziona quasi più. Da questo punto di vista la gente sembra più accorta di un tempo.
Ma una vera etica - dicasi vera e umana, libertaria - quindi messa veramente a difesa di tutti, se non venisse come sempre criminalizzata, avrebbe già dovuto imporsi, avrebbe già dovuto sovrintendere e orientare da molto tempo in quelle direzioni che, soltanto e sicuramente, non costituiscono pericoli per l'umanità. Ad esempio, si potrebbe benissimo usare l'AI soltanto per la tutela della nostra salute fisica e per poche altre cose davvero indispensabili, se poi ce ne sono, se non sono le solite velleità e capricci di autorità e ricercatori a caccia soltanto di primati e medagliette. Ma fare questo non conviene al potere e, come al solito, il progetto distopico dell'AI abbraccerà purtroppo ogni ambito del sistema (soprattutto quello relativo al controllo sociale e alla repressione) e ci travolgerà in malo modo, forse definitivamente, anche e soprattutto per colpa delle loro leggi democratiche. Abbiamo una grande esperienza, ormai. 
Ribadiamo il concetto in modo ancora più semplice: una vera etica o una morale integra e onesta rivolte all'essere umano e che agiscano a monte, come dovrebbero fare, non permetterebbero per nessun motivo al mondo l'esistenza di governi e di leggi calate dall'alto, nemmeno come idea, figuriamoci l'esistenza di un'AI in mano a polizie, eserciti e potentati burocratico-finanziari. L'AI sarà un'altra arma micidiale in mano alla violenza legalizzata che organizza guerre e genocidi, ma ci faranno credere che lavorano per il nostro bene e che il problema dell'umanità è il solito ladruncolo di quartiere.

Basaglia e la scuola come istituzione violenta


F
ranco Basaglia, nel corso della sua vita, ha avuto modo di esprimere pienamente il suo pensiero anche in merito alla nostra società, al concetto di potere, alle istituzioni dello stato che egli definiva senza mezzi termini istituzioni violente: violente per loro stessa natura. Fra queste istituzioni Basaglia annoverava la scuola, con i suoi meccanismi interni distopici, spesso occulti, e con i suoi tecnici (i docenti) che, diceva, hanno un ruolo mistificante, perché, come gli altri tecnici delle altre istituzioni 'non fanno che consentire, con la loro azione tecnica apparentemente riparatrice e non violenta, il perpetuarsi della violenza globale. Il loro compito - che viene definito terapeutico-orientativo - è quello di adattare gli individui [nel nostro caso gli studenti, ndr] ad accettare la loro condizione di «oggetti di violenza», dando per scontato che l’essere oggetto di violenza sia l’unica realtà loro concessa, al di là delle diverse modalità di adattamento che potranno adottare'. La presa di posizione basagliana sulla scuola, però, come sappiamo, non è stata al centro delle sue battaglie. Tuttavia parlarne gli è servito per raggiungere il suo obiettivo. 
E' interessante notare come in quegli anni, tra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso, vi sia stata una concentrazione di intellettuali e professionisti che rilanciavano le medesime questioni, ognuno analizzando la società dal suo punto di vista e arrivando però tutti alle medesime conclusioni: questo sistema nasce dalla violenza e attraverso questa si esprime per ottenere la perpetuazione del suo tipo di ordine fatto di pochi oppressori e molti oppressi. Così, ad esempio, troviamo un Michel Foucault che ci parla della scuola come al modello usato per concepire le prigioni moderne, ma anche di come il vero potere, quello concreto e palpabile, consista non tanto nell'antico concetto del vertice di una piramide, ma nella rete operosa di funzioni svolte alla base dagli stessi oppressi, laddove le istituzioni che sembrano le più filantropiche sono invece quelle che ci sono più deleterie. Ma c'è anche un Ivan Illich che, anziché di tecnici come li chiama Basaglia, parla spessissimo di specialisti, quindi della loro dittatura che ha finito per inglobarci tutti nella convinzione che non si possa più fare nulla senza di loro, in primo luogo istruirsi.
Quando recentemente, dopo aver letto il mio libro, una persona mi ha definito 'il Basaglia della scuola', mi sono sentito lusingato da una parte, ma demoralizzato dall'altra, perché la storia della 'legge 180' - voglio dire, i suoi sviluppi storici - non sono poi quelli che Basaglia aveva sognato. E se quella libertà degli internati sognata da Basaglia si è solo trasformata in una prigionìa diversa, in una riforma del male, mi rendo conto che parlare di descolarizzazione oggi, soprattutto oggi, non solo risulta qualcosa di fortemente eretico e assurdo, ma anche qualcosa di molto ostico da comprendere, quando non impossibile. Basaglia, quanto meno, aveva il supporto morale di una società allora fortemente e fortunatamente critica, fatta di giovani sessantottini che lo capivano e ne appoggiavano il pensiero e gli obiettivi. E anche Illich, negli stessi anni di Basaglia, godeva del supporto morale di una larga parte di società. Erano davvero anni meravigliosi dal punto di vista del pensiero critico giovanile, dell'apertura mentale, e delle lotte sociali. Ma oggi parlare di descolarizzazione è condannarsi a una solitudine che rende minuscoli e impotenti dentro un'immensa galassia fatta di stelle ormai devitalizzate, normalizzate, morte. Lo dico con amarezza: mi sento una voce nel deserto.
Mi auguro solo, come storia insegna, che da questo silenzio siderale sulla descolarizzazione nasca presto un movimento di liberazione dei bambini così forte, così grande, così potente, da riuscire a cambiare definitivamente le sorti infauste di questo mondo disumanizzato e colonizzato dall'istruzione di stato. In direzione ostinata e contraria.

Non esiste alcun problema di abbandono scolastico


La scuola è utile soltanto all'autopoiesi di questo genere di società, e ci riesce benissimo. La classe dominante, interessata a perpetuare l'ordine statuale e il suo privilegio, gestisce la sua scuola in funzione di quell'obiettivo autopoietico, perciò essa rimane sempre oggetto di grande interesse dei vari governi. Secondo il volere e l'esigenza del Capitale pubblico e privato, nessuno studente (futuro schiavo ubbidiente e educato produttore/consumatore/contribuente) dovrebbe sfuggire alle maglie della scuola, perché l'addestramento delle nuove generazioni a questo sistema deve essere totale e capillare. 
A questo scopo, gli uffici della propaganda di stato fanno credere che i nostri problemi sono causati da coloro che lasciano la scuola. Quindi li vediamo, questi propagandisti del terrore sociale, che organizzano campagne pubbliche e corsi vari di aggiornamento sul modo in cui evitare che anche un solo studente abbandoni la scuola. 
Ma in realtà non esistono studenti che abbandonano la scuola, dal momento che l'istruzione è obbligatoria. Fino all'età di 16 anni tutti i giovani devono andare a scuola con le buone o con le cattive. Dopo i 16 anni, terminato dunque l'obbligo, nessuno studente che decida di lasciare la scuola può diventare oggetto di stigma e di caccia da parte dell'istituzione. Non è un caso che l'Istat, nei suoi computi statistici sul presunto problema dell''abbandono scolastico', inizi a computare a partire dall'età di 18 anni, fino ai 24. Ma a cosa serve saperlo se l'obbligo di istruzione è fissato a 16 anni? Ripeto, non può diventare uno stigma il fatto di uscire legittimamente dalla scuola una volta compiuti i 16 anni! Eppure, sembra che anche questa libertà costituisca un grave problema degno di segnalazione e allarme nazionale! 
Ma vediamoli questi giovani che si liberano dall'addestramento scolastico (comunque già abbondantemente ricevuto). Quanti sono? Secondo l'Istat, nel 2020 gli studenti dai 18 ai 24 anni che hanno abbandonato legittimamente la scuola sono in totale 543. Ora, per dirla terra terra e in modo chiaro, senza entrare nel merito della vita di questi giovani che, per quanto mi riguarda, potrebbero anche essere felici, ma se pensiamo che i problemi dell'Italia siano causati da loro, che sono appena 543, significa che non abbiamo neppure capito dove stiamo di casa. Io mi preoccuperei piuttosto dei 606 membri del Parlamento, augurandomi che siano loro - come altri al posto loro - a non dover mai più abitare quel luogo.

Evitiamo di riprodurre il linguaggio dei mass-media.

 


I mass-media, compresa la scuola, sono la voce del sistema padronale, il quale si nutre anche di pretesti per dividere l'umanità. Tra i loro scopi c'è anche quello di utilizzare un linguaggio capace di indirizzare il destinatario verso 'verità false', sì da costruire un'opinione pubblica volutamente deviata, non corrispondente al vero. Tutte le informazioni vengono organizzate espressamente al fine di gettare sugli oppressi le responsabilità che in origine sono a carico degli oppressori. La colpa, per chi maneggia il potere, dev'essere quindi sempre la nostra. 
Non si dovrà mai parlare, ad esempio, di 'vittime del sistema' costrette a delinquere per vivere, ma si andrà a cercare in quelle persone l'elemento o gli elementi che possono favorire la divisione e il conflitto tra gli oppressi. E allora, anzitutto, quelle persone non verranno mai chiamate 'persone', e men che meno 'vittime', al contrario saranno presentate come colpevoli, extracomunitari, omosessuali, pazzi, pericolosi, asociali, recalcitranti, sovversivi, a seconda delle necessità... Il linguaggio del sistema ha un lungo elenco di etichette costruite ad hoc! Le 'vittime di questo mondo', tutti gli oppressi, addestrati scolasticamente fin da bambini a credere dogmaticamente all'autorità, prenderanno sempre 'per buone le verità della televisione' e faranno proprio quel linguaggio, quello stesso metodo, usandolo a loro volta contro la loro stessa comunità, aiutando così l'oppressore nel suo farsi tale. 
Tutto ciò che siamo in questa specifica società è un fatto esclusivamente culturale e formativo. E' assolutamente indispensabile salvare i bambini da questa nostra cultura disumana e disumanizzante. Che i bambini crescano seguendo le loro inclinazioni naturali, lontani dai nostri metodi, dai nostri linguaggi e sistemi e dogmi! Sono loro il mondo che desideriamo, lasciamoli in pace!

L'aspettativa di vita è un inganno. E' sbagliato andare in pensione in base a questo criterio.

 


E'
massimamente sbagliato stabilire l'andata in pensione delle persone secondo il criterio dell'aspettativa di vita. 'Aspettativa di vita' non significa assolutamente niente, sia perché è un calcolo basato sull'aleatorietà di proiezioni fondate su ipotesi, sia perché è il solito inganno cagionato ai singoli individui dal principio matematico della 'media', che per sua natura non prende mai in considerazione le singolarità, ma concepisce soltanto masse di cose e persone. 

L'aspettativa di vita è uno squallido pretesto, uno strumento del Capitale pubblico e privato, è solo un'astrazione, un'ipotesi che pretende di avere una base scientifica. Ma qui non stiamo parlando di scatole di fagioli, stiamo parlando di essere umani e di singoli individui! Un individuo ha sue proprie caratteristiche, sue proprie esigenze e capacità psicofisiche. Se un individuo è stanco di lavorare a 50 anni, mandarlo in pensione agli attuali 67 anni è di una violenza inaudita! Cosa gliene importa a questo individuo se gli 'esperti' di regime hanno stabilito che l'età media delle persone si è alzata? Perché questo individuo dovrebbe adattarsi a una media? Sarebbe come dire che, siccome il consumo di pasta nel mondo aumenta di anno in anno, ognuno di noi dovrebbe adattarsi e, di conseguenza, aumentare proporzionalmente la quantità di pasta da mangiare ogni giorno, obbligatoriamente. Assurdo e violento, no? Eppure, è con questo criterio che lo stato ragiona, ma solo quando questo criterio conviene alla classe governativa al servizio dello stato. 

Intanto, possiamo anche notare che le statistiche di questi 'esperti' della schiavitù globalizzata sono in contraddizione tra di loro, contraddicono il loro stesso principio, perché vi sono amministrazioni statuali, come ad esempio la Francia, in cui l'andata in pensione è attualmente di ben 5 anni inferiore alla nostra. Se quindi in Francia gli 'esperti' hanno stabilito che una persona a 62 anni deve essere messa a riposo, se cioè non è più ritenuta in grado di svolgere al meglio la sua mansione, non si capisce perché da noi invece un anziano di 67 anni (presto 68, ahinoi) è considerato ancora abilissimo alla schiavitù. Siamo forse fisicamente più forti dei francesi? O semplicemente più educati (leggi 'stupidi'), dato che non siamo neanche in grado di opporci ai governi come invece stanno facendo proprio i francesi in questi giorni/mesi? 

Ad ogni modo, come dicevo, il discorso posto nei termini dell'aspettativa di vita è profondamente sbagliato, ingiusto e violento; è di un cinismo che solo l'amministrazione burocratica dello stato può concepire. Anche un animale da soma, direi, anche uno schiavo umano avrebbe il diritto di lavorare secondo le proprie effettive e individuali capacità, e non secondo un'ipotesi matematica stilata in base a delle proiezioni aleatorie di massa. Ecco perché ritengo che persino le lodevoli lotte dei francesi di questi ultimi tempi contro l'innalzamento dell'età pensionabile a 64 anni non colgono il centro preciso della questione, anche se sono doverosissime ed esemplari. Ad avercene anche da noi! Dovremmo però cercare di ragionare diversamente dal consueto, considerarci davvero unici, particolari - come infatti siamo, per natura! - non incasellabili, non computabili nei loro opportunisti calcoli massificanti burocratici, e mandare al macero questo sistema fondato sulla schiavitù lavorativa una volta per tutte, nel modo più naturale e incruento possibile, cioè non insegnando la nostra cultura ai bambini. La descolarizzazione è la nostra unica salvezza.

Dall'orso in Trentino, una lezione per tutti

 


Diceva qualcuno, credo un nativo americano, che non esistono animali selvatici, ma solo animali liberi.
Dalla triste vicenda dell'orsa in Trentino, e dal modo in cui l'autorità ne sta decidendo la sorte, viene fuori con forza l'immagine di una cultura che fa il paio con quella che l'establishment ci impone fin dai nostri primi anni di vita. E fa il paio perché è la stessa cultura. L'orso che fa l'orso, che segue la sua libera natura nel suo ambiente, e attacca l'uomo per difendersi o perché ha fame, per la nostra cultura rappresenta qualcosa di inaccettabile. Tutto ciò che è libero deve essere educato, perché ciò che è libero è anche selvaggio, e ciò che è selvaggio è sempre un male! è questa la cifra culturale e pedagogica della nostra società in putrefazione! Ma è evidente che un orso non potrebbe mai accettare di essere educato, non è un cucciolo di uomo, per fortuna!
L'orsa 'JJ4', nell'aver osato aggredire l'autorità umana, avrebbe commesso un errore e deve quindi essere abbattuto o punito in qualche modo, è una questione di principio. Tutto nasce dalla nostra ignobile cultura della punizione destinata a chi, da 'inferiore' - sia come specie, sia come classe sociale, sia come età, ecc. - deve essere educato e istruito con la forza, con la paura, da una qualche autorità specializzata. Quando non è possibile educare, rieducare e istruire, occorre dunque eliminare il selvaggio, l'anarchico, il recalcitrante, il disobbediente, il libero... e il sistema sa farlo in vari modi, in 5000 anni ha ben affinato le sue tecniche. 
A scuola, il bambino, anarchico per natura, è costretto a imparare prestissimo che verrà punito se commetterà l'errore. Secondo l'uomo educato, l'orso ha commesso un errore e, dunque, va punito. Tu sbagli e io ti punisco: è questa la cultura in cui, purtroppo, ci riconosciamo e che insegniamo persino con orgoglio, credendoci spesso anche dei 'docenti rivoluzionari'. Va da sé che anche la ricompensa fa parte della medesima logica educante autoritaria. Insomma, se il bambino o l'orso fanno i cattivi, devono essere puniti; se invece fanno i bravi avranno una ricompensa: un bel voto, un regalo, la caramella gettata nella gabbia... 
Ma no, non dovrebbero mai esistere classificazioni, né punizioni o ricompense, perché in natura non esistono le specie, le classi, le età... (intendo come pretesti per dividere et governare), perché siamo tutti appartenenti a un unico mondo caleidoscopico, dinamico, circolare e solidale, ognuno con le proprie uniche caratteristiche e preziosità innate - finché non ci conducono nei luoghi dell'addestramento. E purtroppo ciò avviene molto presto. Spero che la vicenda dell'orso insegni qualcosa a quanti pensano alla punizione (e alla ricompensa), cioè alla scuola, come a qualcosa di normale, giusto, ovvio, necessario. Il selvaggio non esiste, esiste solo il libero.

Aggiornamento: il Tar ha annullato l'ordinanza di abbattimento. Ma sarà sufficiente a ridare all'orso la tranquillità che aveva prima? Quale sarà il suo destino? Spero il migliore possibile. Ma chi si occupa della liberazione dei bambini dalla gabbia scolastica e dalla nostra cultura?

Aggiornamento del 18 aprile: l'orsa è stata catturata e divisa dai suoi cuccioli. Non si sa ancora che fine farà, nella migliore delle ipotesi finirà confinata, esattamente come la nostra cultura vuole che si faccia con le persone libere e scomode.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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