Poi successe che cominciai a insegnare nella scuola e, ahimé, tutto, anche l'attività di cui sopra, smise di far parte della mia esistenza: la scuola assorbì molto presto tutto il mio tempo, la mia vita, disperdendo i miei interessi. Nel periodo di transizione, cioè quando stavo già insegnando a scuola ma riuscivo ancora a svolgere l'attività di cui sopra - periodo durato ben poco - ho dato sempre meno importanza al denaro che gli 'allievi' potevano dare per la mia attività, non mi importava se non pagavano, perché quel che mi dava la scuola mi era già sufficiente per vivere. Esiste anche un altro tipo di rapporto con il denaro e con il prossimo, un rapporto fondato sulla non avidità, sulla comprensione di chi ha più bisogno di noi, sulla solidarietà e semplicità, ma anche su ciò che non dovrebbe mai essere corrotto dalla mercificazione e dalla competizione, come i rapporti umani quando sono veramente tali.
Libero insegnamento, libero apprendimento, rapporti conviviali.
Ancora ringraziamenti
A.
La libertà sta oltre i modelli
Qualsiasi atto, qualsiasi procedimento può essere interpretato e svolto sulla base di un'ideologia, o di una morale, o di una cultura specifica, e diventare un modello (sociale, politico, economico, artistico, letterario, scientifico...). Ma se ci si ostina a perpetuare il modello, se non riusciamo a uscire fuori dallo schema mentale e culturale, fuori dalla consuetudine che si fa convenzione e dogma, non andiamo da nessuna parte, non avverrà mai un'emancipazione, ci fossilizziamo. La stasi equivale alla morte.
Stati generali della scuola? Ragazzi beffati, come da copione! Altro che rivoluzione!
Temevo che sarebbe successo, e infatti ecco che si ripresenta, puntualissima, la presa in giro nei confronti degli studenti, nonché la solita strategia per mandare a monte qualsiasi tipo di protesta veramente 'dal basso'. La protesta degli studenti contro l'alternanza scuola-lavoro (oggi si chiama PCTO), che è scaturita dopo la morte dei due studenti, Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, impegnati in una formazione obbligatoria in azienda, è già nelle mani di tutti, salvo che in quelle degli studenti. A cavalcare la loro protesta (ecco la solita strategia) ci sono davvero tutti: sindacati, una miriade di associazioni, pedagoghi, gruppi di professori e, udite udite, persino genitori, tutti insieme a fare le veci del ministro Bianchi. E quando scrivo 'a fare le veci' intendo esattamente quello che ho scritto, e chi ha un po' di sale in zucca sa che questo non è certo un bene. Si vuole la rivoluzione o sostituire il potere?
L'istituzione si autoriproduce, o non è.
(Questo scritto è una microscopica idea di quel che contiene il libro di Angelo Giglia che uscirà a breve, e di cui anche questo blog vi renderà conto. Stay tuned. Gli aspetti e i temi di cui il libro si occupa sono in realtà tanti, ma sono tutti legati alla scuola e alla necessità di abolirla come istituzione. E' un libro molto interessante, e che disturberà non poco la coscienza degli educati, colpevolmente quieta).
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Mi obbligano.
La risposta falsa, invece, è quella che gli studenti pescano dal catalogo della retorica della scuola, una retorica mitopoietica che ogni scolarizzato conosce a memoria e che sa ripetere ogni qualvolta gli si presenta l'occasione. Di risposte false, palesemente costruite e demagogiche, ce ne sono tante, ad esempio: 'siamo qui perché la scuola ci insegna tante cose', ma anche 'siamo a scuola per capire la vita' o 'altrimenti rimaniamo stupidi e quindi saremo facilmente governabili'. Insomma, stupidaggini di questo genere. La cosa che può lasciare sgomenti è incontrare giovani di sedici anni che hanno già acquisito la narrazione dogmatica della scuola e che, senza porre alcun filtro critico preventivo, la ripetono, credendoci ciecamente. A me questo fatto non lascia più sgomento come all'inizio, perché, dopo tanti anni di insegnamento e di analisi delle dinamiche pedagogiche, so benissimo che, purtroppo, la deformazione scolastica delle coscienze si compie già verso i sette anni di età. A quell'età, i bambini hanno già imparato a copiare dagli adulti anche le risposte preconfezionate da dare sulla scuola.
Soltanto i più forti di coscienza si salvano dalla scuola, ma sono casi più unici che rari, purtroppo. Occorre abolire la scuola.