Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Quando lo 'specialista' parla di bullismo

bullismo

Ascolto alla radio nazionale interventi di un ospite 'specialista' sul tema del bullismo. Quando si parla di bullismo, quasi sempre si pensa alla dimensione-ragazzino, cioè a quel tipo di persona che nell'immaginario collettivo, a causa dell'invenzione della categoria 'infanzia', necessita in modo perentorio e assoluto di educazione, ma non di un'educazione qualsiasi, bensì quella della scuola. In questo genere di società non devono esistere altri tipi di educazione! Il giornalista formula la domanda all'ospite: 'ci dica, da dove nasce il bullismo'? Ed è qui che succede sempre quello che non dovrebbe succedere. Sì perché la risposta di questi specialisti che si affacciano alla finestra dei media di regime segue normalmente una precisa direzione, per tappe. 
Prima tappa, o del luogo comune: 'il ragazzo che bullizza è già predisposto, c'è una parte della biologia umana predisposta a bullizzare' (è bizzarro, cotanta specializzazione ostentata, cotanti libri scritti, ma l'ospite intervistato rimane sempre allo stadio pseudoscientifico lombrosiano, incurante di Fromm e di altri studiosi che, in questi casi, ci hanno insegnato che la biologia non c'entra proprio niente! C'è o ci fa?). 
Seconda tappa, o della contraddizione: 'sì, però non si tratta di natura umana, ma di educazione e di ambiente' (ah, bene, ci siamo arrivati, quindi la biologia non c'entra, ora speriamo che l'ospite proceda nel verso giusto). 
Terza tappa, o della mistificazione: 'se il problema è l'ambiente, l'educazione, allora bisogna guardare alla famiglia, ai genitori'. 

Certo, i genitori svolgono anche loro il ruolo di educatori, ma la scuola dov'è in tutto questo discorso? Non c'è! In questi casi, infatti, la scuola non è più l'alveo indispensabile in cui 'maturano e si educano gli individui, i cittadini di domani' (sto ripetendo alcuni luoghi comuni sulla scuola), tutto è devoluto alla famiglia (comunque scolarizzata) e magari al quartiere in cui il ragazzo vive, cosa che fa di questi 'specialisti' dei veri campioni di razzismo, tra le altre cose! La famiglia? Il quartiere? Ma il ragazzo passa migliaia di ore della sua vita a scuola, ne vogliamo parlare? Pensiamo forse che anni e anni di reclusione scolastica, di cultura scolastica, non influiscano sulle persone? No? Allora a cosa servono? Ma no, in questi casi la scuola è espressamente lasciata fuori dal discorso, non conviene parlarne, altrimenti la si sporcherebbe, si comprometterebbe tutta la narrazione retorica che fa della scuola la panacea per tutti i mali!
Ma no, aspetta, ecco che l'ospite specialista parla finalmente di scuola, parla di professori. Sì, ma in che termini? Ascolto: '...importante è dunque il ruolo dei professori che...'. E ti pareva, me l'aspettavo! Ecco che si vuol dare alla scuola, attraverso l'azione dei docenti, quel ruolo di salvatrice dell'umanità, come se la scuola non fosse mai esistita, come se non fosse mai stata responsabile nell'educazione, nel fornire una precisa forma mentale e una precisa cultura di competizione! Prosegue l'intervista e l'ospite specialista dice: 'il bullismo nasce in quegli ambienti familiari (e che siano ambienti familiari viene ribadito ancora, non sia mai che qualcuno possa pensare ad altri ambienti, cioè quelli scolastici) dove vige una rigida non-democrazia, un rapporto tra le parti asimmetrico'. Capito? Come se la scuola fosse avulsa dall'autoritarismo, come se fosse un ambiente egualitario, totalmente estraneo alla società scolarizzata, dove i rapporti sono finalmente simmetrici. Insomma, per questi specialisti gli ambienti asimmetrici e autoritari si vivono soltanto in certe famiglie, ignorando del tutto che questa società è totalmente fondata sull'asimmetria, sull'autoritarismo e la gerarchizzazione. Ignorando quindi che questa società, con tutti i suoi mali e i suoi bulli, è generata proprio dalla scuola!
Ma secondo questi 'specialisti' - rido per non piangere - a scuola sì che il ragazzo impara l'eguaglianza, il rispetto verso i più deboli e le minoranze, a non essere bullo... In fondo, la cultura della competizione, della classificazione, del superiore e dell'inferiore, del 'mors tua vita mea' - anche solo per un miserevole voto in più - tutti gli studenti non possono certo acquisirla a scuola! Si taccia questa verità!

P.S. In questo blog ho già scritto di bullismo, più di una volta, e ho dimostrato, anche con esempi vissuti personalmente, che è proprio la scuola a generare la cultura del bullo. Chi lo desidera, può dare uno sguardo a questi articoli, cliccando qui. Il bullismo è un fenomeno che appartiene a tutto il mondo cosiddetto civilizzato, quindi scolarizzato, e la scuola ne è il suo principale crogiuolo.

L'invenzione dei problemi per continuare a esistere, malgrado.


E
rrico Malatesta scriveva, tra l'altro, qualcosa di molto vero a proposito di un parallelismo tra le forze dell'ordine e la legge, e cioè che l'organo e la sua funzione non possono essere disgiunti: se la funzione svanisce, l'organo muore. Sicché, proseguiva, per fare in modo che l'organo possa rimanere in vita, gli occorre un pretesto, un problema da inventare anche di sana pianta. Il parallelismo con i birri (organo) si svolgeva in virtù dei reati che, dunque, dovevano essere continuamente scoperti o, in loro mancanza, inventati. In poche parole, la polizia esiste finché avrà qualcuno da ingabbiare e, se non lo trova, deve inventarsi un reato e di conseguenza il reo da punire. 
Come ogni organo, anche la scuola ha la sua funzione, nel caso di specie direi meglio le sue funzioni, di cui alcune non immediatamente visibili o addirittura nascoste, come quella di addomesticare ogni singolo individuo e renderlo docile alla catena di produzione e adatto a questa società di oppressi e oppressori. In questo, la scuola è meravigliosamente efficiente. Il problema però le arriva sempre puntuale quando i fatti, cioè la realtà, contraddicono totalmente ciò che essa dice di voler fare. Infatti, se da un lato la scuola, con la sua retorica, con i suoi obiettivi edificanti, con i lustrini e le paillettes narrative, ostenta al pubblico la sua bella facciata, dall'altro lato questi obiettivi si scontrano violentemente con la realtà, che li smentisce tutti. Infatti la scuola non sviluppa pensieri critici, non elimina le disuguaglianze, non rende il mondo un posto migliore, non fa delle persone degli esempi di solidarietà... E lei lo sa bene. 
Come fa dunque la scuola a mascherare questo fallimento inevitabile (voluto) agli occhi della gente che, magnificamente illusa, pensa sempre a essa come al sacro luogo deputato per la salvazione universale? Semplice, ricorre al suddetto concetto di organo/funzione e si inventa dei problemi, anche dall'oggi al domani, dicendo di farsene carico, ma senza ovviamente risolvere mai nulla, al contrario, creando ulteriori problemi, catene mentali, pregiudizi, divisioni... 
Problemi inventàti di sana pianta per dare alla scuola il pretesto di farsi credere necessaria ce ne sono a bizzeffe. La scuola è già di per sé un'illusione di massa! Al suo interno, nel corso degli anni, si sono accumulate funzioni inventate a non finire, ad esempio si sono inventati i B.E.S., i D.S.A. e tutte le mille altre sigle e siglette che servono sostanzialmente a classificare, a dividere il popolo studente (e presto anche quello docente), per disciplinarlo e irreggimentarlo meglio, ancora, di più, ma il pretesto ufficiale è sempre relazionato alla presunta salvazione universale che la scuola garantirebbe alla nostra specie.
La scuola si è inventata anche il fantomatico problema dell'inclusione, come quello della cosiddetta 'povertà educativa' (a questo scopo il ministero si è costruito - a nostre spese, e che spese! - qualche istituto-carrozzone che avalla qualsiasi cosa serva a dimostrare a parole che la scuola è necessaria e svolge un ruolo di redentrice del mondo; poi si scoprì che anche i dati forniti da questi carrozzoni atti a giustificare l'intervento salvifico della scuola erano artefatti). Si è inventata il problema della formazione quando, onestamente, nessuno ne ha mai sentito il bisogno, e chi lo ha sentito è stato perfettamente in grado di aggiornarsi autonomamente, in base a ciò che sapeva essere indispensabile per sé e le sue classi. Si è inventata una sfilza infinita di pretesti veramente assurdi per far credere alla gente che l'organo-scuola è necessario, indispensabile come l'aria, pretesti indimostrati e indimostrabili nei fatti! 
La cosa peggiore, purtroppo, è che tutti gli operatori della scuola che, ripeto, per ragioni oggettive, di questi pretesti non ne ha mai sentito il bisogno, nel momento in cui l'autorità parla di presunte necessità in chiave di problemi reali, questi operatori, dicevo, credono anche loro all'esistenza di quei problemi, quindi alle presunte necessità collegate, anche se quei problemi nei fatti non esistono! E non si prendono nemmeno la briga di verificare: l'autorità è un dio a cui si crede per un atto di fede! I docenti hanno finito per credere veramente, ad esempio, di aver bisogno di stupidissimi corsi e corsetti di aggiornamento, gestiti da gente che non è mai entrata in una classe, corsi e corsetti che devono pagarsi anche al di fuori dell'orario di lavoro, di cui giustamente non hanno mai sentito l'esigenza, prima che un'autorità (che non conosce le singole realtà scolastiche e men che meno i singoli docenti), dicesse loro che ne avevano bisogno! 
Questo, alla fine, è il vero dramma di questa società: il credere ciecamente a tutto ciò che le autorità e le loro istituzioni raccontano. E questo credere ciecamente non è altro che un atteggiamento dogmatico, acritico e fondamentalista, frutto di una specifica istruzione di massa, guarda il caso!

Immagine: murale di Felice Pignataro. Napoli.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

Lettori fissi