Gli insegnanti, le insegnanti, dovrebbero opporsi con vigore all'apparato burocratico della scuola. Gli aspetti organizzativi e strutturali della scuola tradizionale, oltre a non aver mai fornito prova di efficacia dal punto di vista del progresso umano (tanto è vero che non si fa altro che escogitare 'migliorie organizzative', le quali, però, data la loro intrinseca natura autoritaria, vanno sempre nel verso opposto a quel che l'eventuale buon senso si aspetta), devono lasciare il posto agli aspetti massimamente umani e solidali, e non soltanto nei momenti in cui fa comodo all'uno o all'altro docente portare sul tavolo, ad esempio, l'emotività di un bambino o la sua particolare situazione familiare, magari per giustificare un voto più alto (ammesso e non concesso che il fine educativo sia un numero stampato sulla pagella). Nondimeno, secondo me, gli insegnanti dovrebbero lasciar perdere le trafile autoritarie e i ricatti dei voti (cominciamo da lì), optando invece per la messa in pratica delle cose che essi si aspettano di vedere dai discenti come risultato delle loro prediche. Non c'è ipocrisia più profonda -e il bambino la coglie al volo- di quella di un docente che predica l'uguaglianza dei diritti e poi pretende di ergersi a individuo superiore in tutte le cose che fa.
Certo, in un siffatto sistema gerarchizzato, non è facile agire per come si predica. Quindi sarebbe meglio dire ai ragazzi in classe la verità, chessò, ad esempio che è cosa buona avere tutti gli stessi diritti, ma che la struttura della società statale non lo permette, come quella della scuola, o dell'ufficio, o della fabbrica, o della famiglia, ecc. Un po' di verità non fa male, o forse sì? Di certo non fa male ai ragazzi, ne hanno bisogno, i ragazzi hanno necessità di una risposta onesta alla loro costante domanda: 'ma perché i prof e gli adulti in generale non fanno mai quello che predicano e che esigono da noi'?
Suggerirei perciò ai docenti di trovare le strade più sincere e umane per portare avanti il discorso del rapporto con i ragazzi (perché l'educazione più sana e vera è un rapporto alla pari). Il problema non sono i ragazzi, sono gli adulti, siamo noi che dobbiamo mettere costantemente in discussione ogni consuetudine, ogni tradizionalismo, ogni pensiero o azione che, se interrogata, ha di solito la risposta 'si è sempre fatto così'. A volte i miei colleghi mi chiedono in che modo possiamo trovare strade nuove. Questi colleghi peccano di cecità, non si sono mai accorti che le strade nuove ce le hanno di fronte ogni giorno, in classe o a casa con i figli, ma non vogliono o non sanno vederle, così come non vogliono o non sanno imboccarle; sanno solo soffocarle e imporre ai ragazzi la loro unica strada, perché -continuano a dire- 'si è sempre fatto così'. Gli adulti di domani, posti oggi sulla strada di sempre, non potranno che perpetuare quella strada e imporla a loro volta. Perciò, non è cambiando gli strumenti all'interno delle aule-celle o perfezionando i sistemi autoritari-burocratici che si raggiunge il tanto sospirato cambiamento sociale, ma lasciando liberi i bambini e i ragazzi di esplorare e percorrere le strade che essi hanno già dentro, non per niente così diverse da quelle degli adulti. E' evidente che la burocrazia gambizza ogni percorso di libertà, perciò occorre che i docenti si oppongano alla sclerotizzazione burocratica, se hanno davvero a cuore l'umanità e la libertà, cioè le stesse cose in cui dicono di credere e che predicano a parole.
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