Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

I dati sulla scolarizzazione italiana.

 

Se mai un giorno dovesse compiersi una rivoluzione totale e globale, una rivolta mondiale di autoliberazione dei popoli, questa non potrebbe mai prendere avvio dall'Italia, ma da una di quelle regioni del mondo non ancora toccate dal morso funesto della scolarizzazione. L'Italia sarebbe certamente uno degli ultimi Paesi ad aggregarsi alle lotte, se non addirittura uno dei primi a mettersi contro di esse, dando vita ad una guerra 'civile' a carattere mondiale. L'annichilimento delle coscienze che avviene sui banchi di scuola è feroce e non dà quasi scampo. In pochissimi si salvano. La scuola insegna un sistema di ordini (cfr. Gilles Deleuze) e funge da colonizzatrice puntualissima ed efficacissima. 

I dati sulla scolarizzazione obbligatoria ci restituiscono un'immagine penosa dell'autodeterminazione degli italiani, via via seppellita dal progressivo obbligo scolastico, che nel 1859 era di due anni, tre nel 1877, poi cinque nel 1904. Continuò così, con grande soddisfazione dei governi che cominciavano a vedere i primi risultati veramente consistenti - tutt'altro che di emancipazione -  fino a quando il fascismo, consapevole della forza della scuola quale arma straordinaria per la colonizzazione e l'addestramento di massa, non impose l'obbligo scolastico fino ai 14 anni. Tutti a scuola ad alfabetizzarci, lo impone il fascismo e ringraziamo il duce!

Lo Stato italiano produsse in questo modo una massa fenomenale di docili educati e rassegnati, ma al contempo incattiviti e frustrati, senza precedenti. Ma al potere repubblicano e democratico questo non bastò ancora, l'esigenza di annichilire sempre di più le masse e renderle utili alle nuove istanze del Capitale era troppo grande, e le riforme successive innalzarono l'obbligo a 16 anni, un obbligo che la ministra berlusconiana Mariastella Gelmini, non a caso, riconfermò, ma con la particolarità di sostituire gli ultimi due anni, per chi lo avesse voluto, con un percorso lavorativo da operaio obbediente al padrone, per nulla incline alla rivoluzione, bensì alla difesa del mantenimento del proprio status di schiavo salariato, che è poi l'obiettivo finale della scuola di ogni tempo e di ogni luogo statalizzato. Oggi quel percorso lavorativo si è strutturato nella cosiddetta 'Alternaza scuola-lavoro' (governo Renzi) ridefinita in PCTO (governo Conte), a conferma del fatto che la scuola non serve di certo a liberare l'individuo, ma a renderlo massa, elemento acritico, un utile e docile strumento operante all'interno di un sistema capitalista di servi e padroni prodotto dagli stessi servi opportunamente istruiti.

In questo crescendo di scolarizzazione, di educazione ed istruzione specifica, si è visto come l'antico e fiero carattere degli italiani, al contempo così aperto, creativo e fraterno, si sia progressivamente svilito e trasformato in una poltiglia stucchevole di servilismo e docilità estrema, di competitività e razzismo, in un fantozzianesimo feroce che da decenni ormai non lascia intravedere alcuna speranza di rivoluzione all'orizzonte, ma, semmai, una gran voglia di difendere il proprio orticello e perpetuare questo sistema anche a costo della vita (che tanto, per uno schiavo, non è mai tale). 

Dati Istat

Non amare la tua gabbia!


Una moltitudine di persone, coercitivamente rinchiuse per lunghi anni in un dato luogo, poste quindi in cattività e obbligate a ubbidire a degli ordini, finché avranno brandelli di essenza naturale dentro, sapranno produrre comunque testimonianze di bene, di solidarietà e di affetto, e manifesteranno ugualmente la loro perspicacia e genialità. E questo, malgrado la loro condizione che genera aggressività e perdita progressiva delle qualità positive di cui sopra, che infatti a lungo andare si perdono. Ma pur sempre qualcosa rimane ('tra le pagine chiare e le pagine scure'). 
L'errore che molte di queste persone commettono, però, è quello di credere che ciò che rimane di buono sia dovuto all'azione del luogo che le opprime. Parlo della scuola e delle sue vittime. 
Si entra a frotte da piccolissimi a scuola che si è ancora degli esseri umani veri, vivi, integri, estremamente intelligenti e creativi, e via via, come da progetto screanzato, tutto si perde; quei corpi vengono ritenuti a forza per migliaia di ore, quei cervelli colonizzati, le coscienze in formazione incattivite, logorate e vilipese dall'obbligo reclusivo e competitivo, e dal vigliacchissimo ricatto ricompensa/punizione. Una volta trascorsa la mattinata in reclusione, si continua lo stesso a pensare alla gabbia fino alla sera, se non anche di notte, con 'i compiti da fare', il pensiero dei corsi da seguire, i crediti da maturare, tutti gli altri adulti che pretendono che tu faccia, che tu diventi, che tu sia qualcuno che non sei... Soddisfare i desideri personali e liberarsi la vita dalle coercizioni è ormai diventata un'impresa da eroi eretici, un'impresa certamente condannata dalla società scolarizzata. Insomma, un logorìo continuo, persistente, totale, che annichilisce ogni individuo.
Rimangono tuttavia rimasugli di umanità e di intelligenza, anche di genialità, qualità che hanno saputo resistere alle percosse dilanianti della scolarizzazione massificante. Dire che è grazie alla scuola che quei rimasugli si manifestano, è da stolti. E' come credere che qualche uccellino in gabbia riesca ancora a volare grazie ad essa, mentre gli altri uccellini, atrofizzati dopo anni di reclusione, abbiano bisogno di gabbie più performanti, colorate, magari poste in spazi aperti naturali (il che è di un cinismo terrificante).

Scuola e governo, da sempre al servizio dei potentati finanziari


 L
o Stato è un poderosissimo sistema di meccanismi autoritari, astutamente progettati e affinati nei secoli, che ha come scopo il mantenimento di questo tipo specifico di società, in cui una élite sfrutta la maggioranza per ricavarne profitti economici e privilegi. Mantenere in piedi una simile organizzazione significa dover usare necessariamente la forza, la coercizione, il controllo, ma soprattutto una persuasione di massa che non deve conoscere interruzione. Quello dello Stato è un lavoro continuo di persuasione e propaganda. Lo Stato ha dunque due bracci potentemente armati: l'uno è la scuola, l'altro è il gendarme, nella sua accezione più ampia possibile (manganello, galera, ospedale psichiatrico, istituti di correzione...). Il primo, usando una violenza invisibile, istruisce ogni nuova generazione a diventare parte integrante di quel sistema di meccanismi autoritari e a darle l'illusione che la scuola, come i governi e le altre istituzioni e tutto l'apparato statuale, siano assolutamente necessari; il secondo braccio, usando una violenza visibile, re-istruisce o ri-educa tutte le volte che qualcuno devia dal percorso per cui è stato istruito e non porta il suo contributo di ricchezza in qualità di schiavo produttore (vedi disegno di H. Daumier 'Gargantua'). 

Mai come in questo periodo è stato tanto visibile il sistema di meccanismi autoritari. I governi obbediscono al dio 'profitto-dei-pochi'. I governi sono strutture burocratiche che rispondono soltanto all'organizzazione élitaria mercantile. I possidenti di enormi tesori, frutto del lavoro della maggioranza oppressa, quindi le organizzazioni finanziarie, quelle dottrinali, bancarie, multinazionali... sono la reale potenza che sovrasta tutto, che sta a monte, ed è sostenuta da tutta una società appositamente istruita, educata all'uopo, che crede ciecamente nei valori impostati dall'organizzazione statuale dottrinale. In Italia, Confindustria e Fondazione Agnelli posseggono la scuola, e non potrebbe essere altrimenti, dati gli obiettivi e i valori falsamente etici da esse prefissati, obiettivi che non sono certamente quelli di rendere le nuove generazioni intelligenti, autodeterminate, non sottomesse, seguaci del pensiero libero e critico, come invece vuol farci credere la mitologia scolastica. Del resto, le conseguenze della scolarizzazione obbligatoria e di massa le abbiamo tutti sotto gli occhi. Non possiamo imputare ad altri questa indecenza di società servile e fascista!


Immagine: James Ensor, 'Alimentation doctrinaire'. Da sinistra: il gendarme, il magistrato, il governo, la chiesa, il professore.

Covid a scuola: un'opportunità formidabile per il Capitale

 


Analizzando quello che sta accadendo alla scuola italiana da alcuni decenni, credo di poter affermare che stiamo assistendo a un piano di modifica antropologica rivolta alle nuove generazioni che si sta realizzando anno dopo anno, riforma dopo riforma, governo dopo governo. L'emergenza Covid che viene adesso trasferita forzatamente all'interno delle scuole funge da grandioso pretesto per mettere in atto alcuni cambiamenti funzionali al sistema di potere. 

Nella scuola, e quindi sui giovani, convergono e gravano da molti anni forze incredibilmente efficaci di modellazione di pensiero e di comportamento di massa, molto più efficaci di quanto non fossero già in passato. Un solo anno trascorso in un contesto autoritario e gerarchico, dove anche i percorsi architettonici vengono prestabiliti e disciplinati come sta avvenendo a causa della Sars Cov2, plasma con estrema facilità ed efficacia il comportamento e il pensiero delle persone. 

Anche un adulto, e qui porto l'esempio vivo di una mia collega, mi spiegava giusto ieri come i suoi comportamenti siano stati plasmati e deviati per colpa di un solo anno trascorso in una scuola molto rigida dal punto di vista burocratico. Comportamenti plasmati da vari divieti e imposizioni che lei, l'anno dopo, li ha trasferiti senza neanche accorgersene, automaticamente, in un'altra scuola, dove invece non esistevano gli stessi divieti della precedente. Una adulta: figuriamoci cosa può accadere ai bambini, ai quali, a breve, l'addestramento robotico verrà presentato come fosse un gioco montessoriano. Orribile! La mia collega ha dovuto prendere atto del suo cambiamento di comportamento (ad esempio rispetto all'approccio con gli operatori in segreteria, inutilmente ossequioso e remissivo) solo dopo che alcuni suoi amici glielo hanno fatto notare. Pensate quanto è potente questo tipo di addestramento robotico, da caserma o penitenziario, anche sugli adulti.

Si vuole arrivare, e si sta arrivando, dicevo, a una modifica antropologica di questa società, si vogliono allenare le nuove generazioni a nuove e più serrate discipline, nuovi e più severi autoritarismi e ingiustizie, per farle accettare con benevolenza e così soddisfare le future esigenze del Capitale, leggasi crimini. La cosa peggiore è che da questo percorso di addestramento ne usciranno dei cittadini sempre più grado di autopunirsi a vicenda qualora uno di questi dovesse agire come un essere umano pensante e critico, al di fuori dagli schemi imposti. Ricordiamoci sempre che, come diceva Gilles Deleuze, la scuola insegna principalmente un sistema di comando e di ordini

Le scuole, non ci stancheremo mai di ribadirlo, devono essere superate da nuove soluzioni di libero interscambio di conoscenze, le stesse soluzioni di cui ci parlava Ivan Illich quasi 50 anni fa. Non scuole alternative, ma alternative alla scuola! I giovani devono essere liberati con urgenza dal vincolo della scuola e da ogni forma di addestramento incredibilmente spacciato per 'opportunità' od 'offerta formativa'. Bisogna che ognuno abbia il diritto di decidere e di controllare il proprio apprendimento. Il diritto di essere ciò che ognuno desidera essere!

Correlato: Alternative alla scuola proposte da Ivan Illich

Il bravo ministro, il buon poliziotto, il prof rivoluzionario...

Un ministro che promette cose belle e poi ne fa anche qualcuna, anche se col solito inghippo nascosto. Un papa che parla a favore delle minoranze e dà ospitalità a qualche povero. Un poliziotto che non ammanetta il ladro di polli. Un giudice umano che assolve un reo. Che senso hanno queste figure all'interno del sistema-Stato che, come diceva  Nietzsche, è 'il più freddo di tutti i mostri'? Queste che ho elencato sono figure indispensabili per la perpetuazione del potere, permettono alle folle di rimanere fedeli allo Stato. Queste figure apparentemente umane sono come i docenti rivoluzionari che fanno amare il mostro-scuola, che fanno dire alla vittima della scolarizzazione: 'difendo la scuola perché ho avuto un insegnante meraviglioso'. Così il ministro generoso serve al potere politico, il papa buono serve al potere religioso, il poliziotto 'padre di famiglia' serve al potere repressivo, il giudice umano serve al potere giudiziario, ecc. Ma mentre qualcuno fa il giusto e le folle gli sono riconoscenti, il gelido mostro continua a divorarle.

La scuola ha fatto anche cose buone

Perché la pedagogia di sistema promuove la figura del bravo insegnante progressista? Anche in TV ne vediamo sempre di 'umani', di aperti, di comprensivi... Come i poliziotti e i commissari negli sceneggiati. 

Quando qualche persona viene a chiedermi se non sia meglio un professore progressista invece che uno tradizionale, la prima cosa che percepisco di fronte a me è una persona nel migliore dei casi ingenua. Comprendo quell'ingenuità, dato che è figlia di un percorso formativo preciso ed univoco, dogmatico e di massa, in cui siamo caduti tutti, ma non posso approvarla o difenderla. Occorre liberarsene. La persona che plaude al professore progressista ignora il fatto che, in quanto progressista operante all'interno della scuola, quel professore non fa che provocare nell'alunno una maggiore affezione nei confronti della palestra d'obbedienza in cui è stato inserito a forza. Un bravo insegnante - come si dice comunemente - è del tutto assimilabile a quel 'bravo padrone' che riesce a far fare ai suoi servi le cose prescritte dal programma, come farebbe un 'cattivo padrone', ma senza l'uso della coercizione o del ricatto, facendoli addirittura affezionare alla catena, al banco, alla fabbrica. Il bravo professore progressista riesce ad annullare la rabbia sana e vitale dello studente, porta al grado zero l'insofferenza dell'alunno verso l'autorità ed il contesto autoritario, che non mutano.
Anche io sono per la descolarizzazione, come credo sapete, ma se dovessi scegliere tra un professore conservatore ed uno progressista, sceglierei sicuramente il primo, perché in questo modo, se fossi uno studente, avrei più possibilità di capire prima in quale razza di Istituto di pena mi ritroverei ogni giorno, ogni ora, per interminabili anni, e maturerei in me l'umano istinto di ribellione per la mia sopravvivenza. Il bravo docente progressista è, insomma, quella figura attraverso la quale ogni scolarizzato, divenuto adulto adattato, si protende con l'occhio melanconico per difendere la scuola e dice: 'io a scuola ho avuto anche dei bravi insegnanti'. Che è come dire: la scuola ha fatto anche cose buone. Chi ha la testa zeppa del mito della scuola, non sa neppure autonomamente immaginare che un bravo insegnante o una brava persona, rimane tale, e lo è anche di più e meglio (poiché libero/a), fuori dalla scuola.

Abolire la scuola!



Sono contro la scuola tradizionale e anche contro quella alternativa. Non sopporto i riformismi e i riformisti, che sono la peggiore specie di conservatori. Non auspico scuole rivoluzionarie - pretesti per la perpetuazione educativa di massa - io lotto per l'abolizione totale della scuola, di ciò che essa ha finito per significare, lotto per la descolarizzazione del mondo, lotto per la libertà. Chi legge queste parole forse si sta trovando spiazzato, di fronte ad un'eresia, lo so benissimo. Fu così anche per me, anni fa. Sopra questo mio piano di idee contro la scuola non ci sono arrivato dall'oggi al domani. Come dicevo, so benissimo che queste mie affermazioni rappresentano, per la maggior parte della gente, un pericolo, un pugno allo stomaco, qualcosa di inconcepibile e mostruoso, come potrebbe essere inconcepibile e mostruoso per un bigotto confessionale la distruzione di tutti i 'suoi' luoghi di culto. Ma a me non importa. Le equazioni facili, poi, con me, lasciano sempre il tempo che trovano.
Io non tifo per il non apprendimento, al contrario, io stesso desidero continuamente apprendere, ma - è esattamente questo che la gente non riesce capire - proprio per questo sono contro la scuola e contro ogni sua forma alternativa e progressista. Le scuole libertarie? Qualche tempo fa lo scrivevo anche in questo blog: la scuola libertaria, non ho alcun problema a dirlo, è anch'essa da abolire, se il suo fine è se stessa, il suo perpetuarsi, se rimane un luogo deputato, se è un ambiente dove qualcuno pensa 'al bene dei bambini' preparando per loro il terreno; una scuola del genere, anche se la chiami libertaria, è sempre una mostruosità, un presuntuoso strumento di 'salvezza per gli altri' messo in opera da qualcun altro, da uno 'specialista', e in questo caso la scuola libertaria si configura come un'istituzione qualsiasi, perfettamente funzionale al Dominio e alla sua legittimazione. Cos'è per me una scuola libertaria? Ne scrivo approfonditamente nel mio libro.
Non è una scuola, e nemmeno una non-scuola. Scuola libertaria per me è tutto il mondo, tutto l'universo, ogni angolo di conosciuto e di sconosciuto, è ogni occasione, ogni tipo di rapporto con gli altri e con noi stessi, è il contatto estremo e passionale con la propria voglia di essere, di creare, di vivere, è il desiderio impetuoso e assolutamente autonomo di scoprire. Scoprire però non tutto quel che c'è da scoprire (chi può decidere cosa val la pena scoprire?), ma tutto quello che si desidera cercare e imparare. L'apprendimento è un affare personalissimo, o non è. La scuola libertaria, per me, è esattamente un bambino nella sua integrità e totalità naturale, una integrità che dovrebbe rimanere tanto inviolata quanto universale, tanto pura quanto ricca di Conoscenza. Qual è il più grande crimine che la società commette da qualche millennio a questa parte? 'Adultizzare' il bambino col mandarlo a scuola, per ammazzare il suo mondo meraviglioso ed adattarlo al nostro. Si capisce allora perché l'umanità, generazione dopo generazione, continui a rifare gli stessi errori, pur conoscendoli. 


Questa società si forma a scuola

Da bambini, a scuola, ci avevano insegnato il 'gioco' che consisteva nel tracciare una bella linea verticale alla lavagna e scrivere: da una parte i buoni, dall'altra i cattivi. I buoni erano quelli che facevano esattamente tutto quello che la maestra ordinava di fare. I cattivi, ovviamente, erano quelli che disubbidivano alla maestra. Chi segnava i nomi alla lavagna era solitamente un kapò, spesso felicissimo di farlo perché gli dava una sorta di immunità, oltre che di potere. Non per niente, a svolgere questo ruolo infame era spesso il capoclasse, che in quanto tale era invidiato dagli altri compagni, non di rado guardato di malverso. Ma, per inciso, tu che leggi, non ti stai accorgendo di come già in tenera età, a scuola, ma anche nella famiglia tradizionale scolarizzata, venga inculcato il modello corrente di società autoritaria? Quella stessa società per cui anche tu ti lamenti? Confini, classificazioni, potere, invidia del potere, servi che devono ubbidire, padroni che puniscono e premiano, spie, delatori, gerarchie, competizioni e dimostrazioni di fedeltà al padrone... Pensi forse che da questo modello educativo fuoriesca per davvero un mondo di pace e giustizia? Se lo pensi, il vero problema allora sei tu. Ma ritorno alla storia di prima. 
Nessuno di noi, piccolini e ingenui, capiva qual era in realtà il vero problema da affrontare, nessuno di noi poteva immaginare che quel gioco avrebbe prodotto dei seri guasti nelle nostre coscienze, direi spesso irreversibili. Gli ubbidienti di qua, i disubbidienti di là. Stabilito il confine, e dunque il nemico da combattere, cioè qualcuno con cui prendersela in ogni occasione, qualcuno su cui scaricare ogni colpa, anche se non aveva fatto niente, che tanto, alla sua presunta colpa, tutti ci avrebbero creduto lo stesso, perché 'lui è un cattivo bambino, è stato sicuramente lui'. Nessuno di noi poteva immaginare che il vero cattivo della situazione fosse proprio l'adulto scolarizzato, la persona che ci aveva insegnato a fare quel gioco: la maestra, l'autorità che tanto ammiravamo! 
La società scolarizzata soffre ancora moltissimo, oggi più di ieri, delle conseguenze di quel gioco, non riesce a vedere dove sta il vero cattivo da isolare, anzi continua ancora ad ammirarlo e ad eleggerlo, e si diverte a tracciare ancora linee verticali, dappertutto (ma non dove serve veramente), a separare ciò che in realtà non dovrebbe mai essere separato. Un giorno, quando tu che stai leggendo capirai il senso di quel che è scritto tra queste righe, potrai arrivare a comprendere anche che l'obbedienza non è una virtù, e che i valori positivi in cui questa società crede non sono poi così positivi, né quelli negativi così negativi, e che, anzi, molto spesso ciò che etichettiamo come 'negativo' sia in realtà positivo, e viceversa. Ma forse per adesso non potrai comprenderlo. Un giorno, chissà!

Scuola a distanza? Preferiamo prendere le distanze dalla scuola!



E' ancora molto forte, presso le masse educate, l'attaccamento fanatico alla religione scolastica, con tutta la sua liturgia e l'apparato disciplinare, con tutta la sua narrazione mitologica, e pertanto la sola idea di prendere le distanze dalla scuola fa scattare nelle masse la stessa reazione dei fondamentalisti religiosi quando si trovano al cospetto di un'eresia o un eretico. Tutto lo sforzo secolare che i pedagogisti eccelsi hanno fatto per mettere in guardia le persone dal pericolo della scolarizzazione, si riversa nelle poche menti capaci di apprezzare tale sforzo e di staccarsi dalla dimensione fideistica dottrinale della scuola e la sua mitologia barocca. 
Per analizzare certe questioni religiose, per saper ammettere che si tratta solo di mythos, occorre proprio la sapienza dei non scolarizzati, o di quelli che dalla scuola si sono salvati. Pochi. Il risultato della scolarizzazione di massa obbligatoria lo vediamo e lo tocchiamo con mano. Ci avvisavano di questo risultato menti filosofiche come Godwin, Stirner, Bakunin, pedagogisti eccezionali come Faure, Ferrer, e più recentemente Paul Goodman, Ivan Illich, John Holt, Chomsky, l'italiano Marcello Bernardi e mille altri tra filosofi, giornalisti, scrittori, pedagogisti, ecc. 
Ma cosa se ne fa di queste menti eccelse il fanatico fondamentalista? Nulla, non sa che farsene, al fanatico non interessano le deviazioni dalla norma e il pensiero critico, gli serve solo sentire la nenia ipocrita di sempre, la stessa narrazione mitologica, la stessa messa. Il fondamentalista, della sua chiesa, non vuol vedere alcun esito catastrofico, ma, se proprio deve vederlo, sa costruirsi l'immagine di mille diavoli a cui dar la colpa.

IVAN ILLICH: DESCOLARIZZARE LA SOCIETA' (pdf)

Ingranaggi a vista


'L'organizzazione scolastica trasforma l'istruzione nel più potente strumento nelle mani dei dirigenti' (F. Ferrer). 
I governi alle prese con il Coronavirus ben si guardano dal disattivare i gangli specifici del sistema padronale. Si chiude tutto, ma qualcosa deve rimanere viva! La filiera della schiavitù globale non deve essere intaccata, perché la società disciplinare e mercantile di oppressi e oppressori necessita del suo autoperpetuarsi, del suo autoricambio continuo. La filiera della schiavitù, si intende quella di base, quella condotta alla sua vera essenza: famiglia-scuola-chiesa-fabbrica. Tutto supervigilato e burocratizzato. Non sfugge uno spillo. Questo meccanismo dottrinale di biopotere deve continuare a funzionare, per forza!
Non è mai successo prima di adesso, credetemi, vedere il motore scoperto del sistema, senza cofano e telaio, così vulnerabile e offerto alla vista. Si tratta delle attività veramente vitali del sistema, ciò che permette ai pochi padroni di restare tali e ai moltissimi servi di essere felici della loro condizione. Famiglia-scuola-chiesa-fabbrica. Si guardi bene al percorso: tutta la vita di un individuo, dalla culla alla pre-tomba: famiglia-scuola-chiesa-fabbrica. Famiglia scolarizzata, non scordiamolo. 
Qualcosa però scricchiola, qua e là, proprio perché il nervo è scoperto, i gangli vitali sono a vista. Nella società adesso l'uno riesce a guardare l'altro come mai era successo prima: il lavoratore che guarda l'altro lavoratore, lo studente che guarda l'altro studente, a controllare quale differenza li stia 'per caso' dividendo in questo frangente. Qualcosa scricchiola. Perché rimanere a lavorare in questo tipo di fabbrica? - si chiede l'operaio sfruttato guardandone un altro che invece ha ricevuto l'ordine di rimanere in casa. E perché continuare con un addestramento dottrinale scolastico attuato per forza anche a distanza? - si chiede lo studente intelligente recalcitrante e immune alla scolarizzazione di massa obbligatoria. Questo si domandano, alcuni, oggi. Chi si pone domande è già sulla via della risposta. Certo, si deve pur mangiare, si deve pur produrre. Ovvio! Ma bisogna anche chiedersi 'come si mangia' e 'come si produce', chi ne fa le spese, chi ne trae profitto, e perché dev'essere così e non in un altro modo. Il motore e i suoi ingranaggi essenziali sono scoperti, ciò che fa funzionare veramente il sistema economico-disciplinare-militare ora è totalmente visibile. 

Dalla scuola al razzismo, ad esempio.

Diventare la prigione di se stessi è diventata una pratica autoeducativa consueta, una morale sociale.

Il più alto ostacolo che impedisce lo sviluppo di un pensiero critico teso al progresso umano, libertario, è costituito dal prodotto dell'istituzione scolastica. Qual è questo prodotto? Questo prodotto è la persona, il cosiddetto 'cittadino educato'. Questo cittadino, attraverso un continuo e lungo esercizio educativo-disciplinare ed autodisciplinare, acquisisce un'omologazione vendutagli a caro prezzo e di cui va fiero. Lo stesso cittadino educato diventa così l'agente di sorveglianza di se stesso, e più in generale dell'integrità del sistema, di un sistema di valori che ha dovuto acquisire e del quale, diluendosi in esso, è diventato il custode più fedele. In altre parole, l'essere umano, che in natura è la causa prima e il solo responsabile del suo benessere, per mezzo della scuola (e della società scolarizzata educante) è divenuto il problema di se stesso, il proprio poliziotto (che si autosorveglia, sorvegliando gli altri), il proprio boia (che si autopunisce, punendo gli altri).
La persona in questione finisce, già in età infantile, per diventare il sistema. Difendendo il sistema, questa persona crederà di difendere se stessa, la sua dimensione anche fisica. E non c'è quindi da stupirsi se le masse preferiscano ormai soffrire per migliaia di anni piuttosto che cercare di liberarsi e vivere senza padroni. Liberarci da cosa - si chiedono - da noi stessi? Piuttosto pensiamo a difendere i nostri valori, che ci rappresentano! Da qui si può anche capire come e perché nascano tutte le fobie irrazionali che stanno alla base del razzismo, dove 'l'altro', fatto passare come 'diverso e pericoloso', potrebbe compromettere l'integrità della patria, della famiglia, della razza, dell'identità, che sono tutta una serie di pretesti, come sappiamo, ma utili a far sentire il 'cittadino educato e istruito' degno e fiero di se stesso, cioè una degna e fiera preda del sistema. Non c'è più distinzione, quindi, tra cittadino educato e sistema, sono la stessa cosa. Chi tenta di far aprire gli occhi alle masse educate, esse, intimorite dal presagio funesto di libertà, avanzeranno come schiere agguerrite di soldati a difesa di se stesse, del sistema.

La saggezza non deriva dal sapere

Diceva Eraclito: 'Il sapere molte cose non insegna ad avere intelletto'.
Come ho avuto modo di dire anche in questo blog più di una volta, l'intelletto, l'intelligenza, la saggezza, non si raggiungono, non sono una mèta, non si conquistano per mezzo di percorsi educativi o di istruzione obbligati provenienti dall'esterno, pensati da qualcuno che ha tutto l'interesse a costruire una società funzionale ai suoi scopi. Questa credenza è un retaggio dogmatico di molti secoli fa. Occorre ribadirlo spesso: 'il sapere molte cose non insegna ad avere intelletto'.
L'intelligenza è una proprietà del cervello, è una sua funzionalità intrinseca, propria, innata, e può essere di vari tipi. Cervello e intelligenza sono, osservando bene da un certo punto di vista, la stessa cosa. L'intelligenza si può sviluppare, questo è certo, in base al contesto, in base all'ambiente, cioè in base alle relazioni e al tipo di modello sociale. In un luogo chiuso e sfittico come la scuola l'intelligenza non si sviluppa affatto, si annichilisce.
'Leggere dei libri' (espressione che non vuol dire niente se non si specifica quantomeno il tipo di libri) non vuol dire, come si tende erroneamente a credere, creare intelligenza, vuol dire invece orientarla in un preciso senso, farla lavorare in una direzione voluta, programmarla per un tipo preciso di obiettivo. L'intelligenza è una proprietà funzionale che preesiste ad ogni supporto esterno, od input, e sono questi supporti od input esterni a condizionarla. Se oggi notiamo una supposta diffusa 'ignoranza' nella società, non è perché non si legge abbastanza, ma, al contrario, è perché l'intelligenza viene costantemente indirizzata verso un certo tipo di obiettivi sociali, comportamentali, esistenziali. Mai come oggi, in realtà, la società è stata invasa da informazioni, siamo circondati da canali informativi, da ogni parte ci arrivano informazioni e istruzioni che, nel caso della scuola, poi, sono pure obbligatorie. Almeno un dubbio, quindi, dovrebbe emergere.
Occorre allora farsi qualche domanda: 'che cosa ci viene dato in pasto dai mass-media, di cui la scuola fa parte? Quale tipo di informazione e quale tipo di sistema culturale agiscono sulla nostra intelligenza'? Che tipo di ambiente mi hanno costruito intorno? Chi decide cosa rendere 'informazione'? Perché? Che cos'è, dunque, la saggezza? Il mio invito, infine, quello di ascoltare questi tre minuti di radio estrapolati da una lunga trasmissione di Rai Radio3 dedicata alla saggezza, la saggezza però intesa come la intende la Chiesa (è la Rai, non scordiamolo), ma che, in questi tre minuti dove si cita anche Eraclito, rende un buon servizio al nostro ragionamento laico e libertario. Buon ascolto.


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Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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