Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Quaderni a righe e a quadretti, il cittadino ubbidiente passa anche da lì.

Sui quaderni di scuola elementare - parliamo dunque di bambini piccoli - le righe e i quadretti non sono stati messi lì a caso, non servono affatto a far 'scrivere bene'. Se volete saperne di più, vi riassumo la questione d'appresso. Inizio da una citazione fondamentale del filosofo Gilles Deleuze:

Gilles Deleuze
'Se fossimo portati a dire che il linguaggio è sempre stato un sistema dell'ordine e non dell'informazione - sono ordini che vi vengono dati, e non informazioni che vi vengono comunicate - avremmo l'impressione di dire qualcosa di evidente. Apriamo il notiziario alla televisione e cosa riceviamo? Non riceviamo in primo luogo delle informazioni, riceviamo degli ordini. E cosa avviene a scuola? E' ovvio! Quando la maestra riunisce i bambini non è per informarli dell'alfabeto, è per insegnare loro un sistema di ordini, un sistema di comando che permetterà e costringerà gli individui a formare degli enunciati conformi agli enunciati dominanti. La scuola serve soprattutto a questo'.
Quando Deleuze chiariva il concetto del 'sistema di comando' che vige nella scuola, si riferiva proprio al fatto che il linguaggio, quando lo si fa passare attraverso certi canali autoritari come la scuola o la tv, non ci dà immediatamente delle informazioni, ma ci dà principalmente degli ordini, ovvero un sistema di comando a cui ubbidire, un sistema che fa riprodurre lo stesso tipo di sistema a chi assorbe quel linguaggio e quei canali. Facciamo un esempio e prendiamo come canale la scuola. Scegliamo un obiettivo obbligato per questo contesto: insegnare al bambino a scrivere non uscendo fuori dalle righe imposte. Si dovrà notare anzitutto che l'obiettivo dichiarato non è semplicemente quello di insegnare a scrivere, che è ciò che ci si aspetta da qualsiasi pedagogo umano, ma imparare a farlo senza uscire dalle righe. Ed è questo che, alla fine, diventerà il vero obiettivo. Al di là di ciò, si tratta di una palese imposizione, di una coercizione che viene sempre mascherata, addolcita, lubrificata da una o più giustificazioni, la più quotata, in questo caso, è: 'il bambino deve imparare a scrivere in modo chiaro, altrimenti la sua scrittura non sarà leggibile e nessuno lo capirà' (chissà quali scuole hanno frequentato i medici). E attraverso questo genere di giustificazioni o pretesti si compie il trasferimento del sistema di comando dal docente al discente, che a sua volta imparerà a utilizzarlo e a vederlo come una cosa normale, quando a non vederlo addirittura. 
Ma nello specifico, che cosa succede a livello psicologico al bambino in piena fase evolutiva? Quando la maestra ordina all'allievo di non uscire fuori dalle righe, l'informazione passa in secondo piano rispetto alle conseguenze che l'allievo subirà se uscirà fuori dalle righe, se contravverrà alla norma imposta, se sovvertirà la regola. L'allievo sarà stato infatti informato a priori della ricompensa e della punizione che riceverà, a seconda se eseguirà bene o male l'ordine e, come i cani di Pavlov, imparerà anche questo sistema di conseguenze autoritarie finendo per ritenerle una cosa normale, un valido sistema pedagogico, quando invece è mero addestramento!
Qui ci sono già tutti gli elementi di una società fondata sull'autoritarismo (o gerarchia). C'è un capo (la maestra), c'è un ordine calato dall'alto (scrivi dentro le righe!), c'è una giustificazione di facciata che poggia su una falsa morale (se non impari a scrivere in modo chiaro nessuno ti capirà, e inoltre una brutta grafia non è elegante), c'è una conseguenza prestabilita da qualcuno (se scrivi bene ti premio, se scrivi male ti punisco), c'è la distruzione dell'autodeterminazione e dell'autostima dell'allievo (futuro cittadino, schiavo produttore ligio al dovere), il quale impara a obbedire all'ordine non perché egli sia davvero convinto che scrivere dentro le righe sia giusto, ma perché deve compiacere l'autorità (maestra, genitore) e anche perché sa che ci saranno sempre e comunque delle conseguenze: era stato informato preventivamente che sarebbe incorso nel pericolo della punizione o dell'adulazione premiale.
Come se non bastasse, tutto ciò porta l'allievo a competere con i suoi 'compagni' (che potenzialmente divengono nemici da combattere), perché nel frattempo avrà anche imparato che in questo genere di società, per poter sopravvivere, occorre rendersi superiore agli altri, sgominarli. Si perpetua così l'assetto gerarchico e divisivo-competitivo della società. Quale umanità! In questo caso specifico, la superiorità di colui che ha ricevuto un bel voto non deriva affatto dall'aver scritto convintamente bene, dritto e chiaro, ma dall'averlo fatto come ha voluto l'autorità. L'allievo, quindi, si sente superiore agli altri perché ha saputo obbedire bene all'ordine ricevuto, lo ha fatto meglio degli altri servi da eliminare. E' un servo superiore, insomma! Come dice Deleuze, la scuola serve soprattutto a questo.
Questo non è che un esempio, uno tra i troppi su cui è stata edificata la nostra società. Nulla viene lasciato al caso da parte dello Stato, neppure le righe dei quaderni!

P.S. Vorrei far notare che l'insegnamento acritico di questi ordini, che verranno a loro volta reinsegnati acriticamente, vengono appresi in modo sottaciuto, silente, strisciante, all'interno di una metadidattica. E' così che si imparano le cose, con il fare all'interno di una consuetudine, dove, mentre si fa una cosa, si apprende qualcos'altro, e in modo più profondo. Questo lo dico perché ancora in molti credono che l'insegnamento della pace, della fratellanza, ecc. passi attraverso la predica verbale. Non è così che funziona.

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Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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