Parlare di efficienza e di merito dentro un progetto sociale autoritario, mercantile e capitalista, significa parlare di valori che stanno a fondamento dello sfruttamento massivo degli individui. Chi sostiene che l'essere umano debba essere costantemente misurato, per giunta sulla base del suo adattamento alla macchina produttiva, non può che gioire di fronte alla retorica dell'efficienza e del merito. In questo tipo di società competitiva, efficiente e meritevole è sempre colui che, meglio o più di qualcun altro, è riuscito (non importa in che modo) a aderire al modello produttivo che sfrutta e aliena gli individui. Bisognerebbe quantomeno chiedersi che cosa è diventato questo - diciamo così - 'essere umano' a forza di dimostrare la sua efficienza alla macchina della produzione, dietro ordine ricevuto e con il ricatto del premio o della punizione.
La richiesta di efficienza e di merito da parte delle istituzioni non smette, anzi, viene continuamente riproposta in nome della crescita economica e del Pil. Dov'è l'essere umano? E' solo un numero messo in competizione con gli altri numeri, controllato a vista e misurato, valutato come una mucca in allevamento intensivo. A scuola il bambino viene addestrato da maestri efficienti a questo destino da produttore efficiente. Dico a scuola, cioè in quel posto dove le parole merito ed efficienza, unitamente alla parola disciplina, sono le più usate e ambite da qualsiasi docente o dirigente che voglia ricevere un applauso immediato e insindacabile.
Io dico sempre ai ragazzi che le parole possono anche sembrare 'belle', ma che è sbagliato soffermarsi sulla loro scorza, sarebbe invece opportuno individuare a priori la direzione che il sistema vuol farci prendere, anche attraverso quelle 'belle parole'. E in questa società la direzione non è mai libertaria, ma sempre autoritaria. Come non esultare anche di fronte alla parola 'sicurezza'? Ne parlerei per ore. Coraggio, chi non vorrebbe essere al sicuro? Ma proprio la direzione autoritaria del sistema è quella che dà al termine sicurezza un significato che inevitabilmente si traduce in coercizione, controllo, punizione, con la risibile scusante de 'lo faccio per il tuo bene'. A scuola quel 'lo faccio per il tuo bene' è un mantra, un tormentone che torna sempre utile (agli adulti già efficienti). Ed è sempre questo sistema che ci rende invece terribilmente insicuri proprio attraverso i suoi apparati di coercizione, sostenuti a colpi di legge, che tutti accettano o perché ammantate dall'illusione della 'sicurezza', o perché non esiste alcuna legge dello Stato che non preveda una punizione, qualora... ('se questo è un uomo'!)
Ma se il contrario di autoritario è libertario, qual è il contrario di 'efficienza e merito'? Nel suo magnifico libro 'L'educazione libertaria', Joel Spring parla di 'crescente autonomia inidividuale' da contrapporre alla logica del merito e dell'efficienza. Spring - anche lui - dice chiaramente che le istituzioni dipendono soltanto 'dalla volontà delle persone di accettare l'autorità e la legittimità di queste istituzioni' e che perciò la questione dovrebbe spostarsi dal 'come adattare l'individuo alla macchina sociale' al 'perché le persone sono disposte ad accettare il lavoro senza soddisfazione personale e un'autorità sociale che limita la loro libertà'. Tutto il libro di Spring, come lui stesso sottolinea, spiega questa 'condizione di accettazione', che è sostanzialmente 'il risultato degli ideali, delle credenze e delle ideologie messe in testa al bambino', e che lo conducono a diventare un adulto adattato, dove il lavoro, ritenuto un dovere, deve essere svolto con efficienza anche se questo non ha alcuna relazione con i propri bisogni e desideri.
Spring individua perciò nella scuola libertaria il mezzo attraverso cui ogni individuo sviluppa quella 'crescente autonomia individuale' necessaria affinché non si pieghi all'autorità, e al contempo necessaria per una volontà di partecipazione diretta dell'organizzazione sociale, e tutto nella massima libertà. Saremmo di fronte a un radicale cambiamento - dice Spring - individuando nell'educazione il punto centrale della questione sociale e politica, perché - aggiunge - 'ciò che è accaduto è che gli obiettivi e i metodi educativi hanno rispecchiato gli interessi di coloro che detengono il potere nella società' e che l'educazione istituzionale è stata erroneamente percepita dalla gente come uno strumento per il miglioramento sociale.
'Questa situazione fa in modo che l'istruzione pubblica venga utilizzata principalmente come una forza conservativa dei problemi sociali. L'uso dell'istruzione pubblica come strumento di miglioramento sociale ha permesso alle persone di agire come se stessero facendo bene, senza però apportare modifiche fondamentali nella società. Nel XIX e nel XX secolo, l'educazione è stata vista come un mezzo per eliminare la povertà, la criminalità, il disordine urbano, attraverso l'insegnamento nella scuola di comportamenti sociali e abitudini lavorative. Questo significa che (per la scuola, ndt) il problema è il bambino o la bambina, e non che il sistema sociale debba essere cambiato'.