Una citazione al giorno

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Data Rivoluzionaria

La patologia dell'autoritario

Chi tiene in mano le redini del potere autoritario, gerarchico, costituito, è fondamentalmente un censore. Il censore è sempre un caso patologico; Marcello Bernardi ne traccia anche lui un profilo psicologico tanto inquietante quanto veritiero, e individua le cause della sua mania che -attenzione- non riguarda solo la figura istituzionale o quella di colui o colei che generalmente si suol chiamare 'superiore', ma riguarda tutti i membri della società che, di quest'ultima, ne condividono metodi, cultura e finalità, perpetuando i suoi meccanismi ed esprimendo dissenso nei confronti di chi invece propone alternative, peraltro umane e tangibili. Senza contare gli apparati dello Stato, tra cui eminentemente la scuola e la famiglia tradizionale, che sono i vettori principali per la pedagogizzazione autoritaria della società. Cito Bernardi: 
'... Un'analisi anche modesta dei modi di agire del censore porterebbe a pensare che il disturbo fondamentale di cui egli soffre sia la paura. Paura soprattutto della libertà, propria e altrui. L'idea di non essere perennemente governato e guidato, in tutte le sue azioni e in tutte le circostanze, da una Legge superiore e sovrumana, e ancor più l'idea che chiunque altro possa sottrarsi a questa Legge, mobilita in lui angosciosi terrori. Egli è perseguitato da incubi sconvolgenti, da previsioni apocalittiche di rovina, di caos, di disgregazione delle civili istituzioni, di devastazioni, di disordine, di disfacimento del consorzio umano. Per lui nulla può essere liberamente godibile, tutto deve essere controllato, così che si possa eliminare senz'altro quanto non corrisponde alla Legge ...'
In queste parole io non vedo soltanto il legislatore, il giudice, il poliziotto, il capo tout-court, io vedo anche le singole persone, vedo tutta la nostra società soggiogata e culturalmente modellata sulla forma del potere autoritario. E le persone, nutrite anche dentro la scuola di questa cultura della paura e della competizione, non possono far altro che augurarsi di diventare capi a loro volta, censori, credendo così di risolvere i loro problemi, necessariamente a scapito di qualcun altro. Paulo Freire diceva: 'quando l'educazione non è libertaria, il sogno dell'oppresso è essere oppressore'.
Ho necessità di spingermi ancora più in là per ragioni già analizzate e comprovate dai fatti. E sarò lapidario, forse più di Bernardi: è ben più pericolosa e violenta una persona che ambisce al potere autoritario rispetto a quella che lo ha già conquistato, se non altro (e non è poco) perché la persona ambiziosa in questo senso è perennemente alla ricerca di astuzie e di ipocrisie per raggiungere il gradino più alto, che comunque non lo renderà mai sano e umano, al contrario, non v'è nulla di sano e di umano nel voler raggiungere una posizione che possa permettere a un individuo di piegare ai suoi voleri un altro individuo. Anche per questo la nostra società è malata e disumana. Ripeterò anche qui, in conclusione, una frase di Ivan Illich che sicuramente farà anche quella riflettere sulla necessità di porre fine alla patologia di cui soffre questo tipo di società statale: 'la scuola è l'agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com'è'.

Per leggere un intero capitolo sul rapporto censura/potere, riferitevi al libro di Marcello Bernardi 'Educazione e libertà', Rizzoli editore, 15 euro.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

"vado via da qui'!"ultimi anni '60,il maggio francese,gli hippie,Pit Townshend rompeva la chitarra sul palco.avevo 8 anni,le basi sociali,in particolare scuola e famiglia,mi erano insostenibili.
progettai attentamente la partenza e il tragitto x le campagne x non farmi beccare,3 mele in un tovagliolo; pochi Km dopo deviai su una via trafficata dove(sentivo gia'che sarebbe accaduto,intuitivo che continuando sarei andato incontro a grossi pericoli)un cugino mi vide x caso e mi riporto'a casa...
mi sono sempre trovato a lottare con me stesso e le abitudini radicate fin dall'infanzia,compreso cio' che mi piace,che sento profondamente,con tutte le contraddizioni annesse.mi e'di grande aiuto mantenere queste sensazioni che avevo da bambino e confrontarle,e ritrovarmi, con quelle delle/i piccole/i donne e uomini attuali.ricerco sempre cio'che c'e'di libertario,antiautoritario in tutti;perfino mio padre,incredibilmente, ha avuto tali modi di agire.io e Melissa ti abbiamo commentato un post tempo fa.anche lei sta percorrendo quel percorso"obbligato"di istitzioni, abitudini e trottole conformi.ho una grande soddisfazione nel partecipare insieme a te nel fertilizzare il terreno dei suoi semi(parole lette qui',credo ormai di aver letto tutto il tuo sito).non ti dico buon lavoro ma divertiti!con i tuoi compagni che crescono

edmondo ha detto...

Mi fa piacere che le mie parole -qui riversate- possano essere d'ispirazione per colleghi e genitori. quindi grazie per leggermi. I pargoli-compagni crescono bene direi. Un abbraccio a voi.

P.S. Credo che in un sistema autoritario non ci sia quasi nessun ragazzetto che non abbia pensato di scappare di casa. Non importa se poi siamo ritornati a casa o se non siamo mai fuggiti, quel che conta è l'impulso provato, che è assai indicativo.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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