Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Alla lavagna!

Chissà a quante persone, leggendo il titolo dell'articolo, è venuto in mente quell'imperativo autoritario tipico della scuola, accompagnato da una spiacevole sensazione di obbligo e di paura: 'Pierino, vai alla lavagna'! E invece non c'è stato nessun obbligo, nessuna paura infusa, ma solo un esaltante e piacevole invito.
I nostri esercizi antiautoritari fanno in modo che la dottrina competitiva della scuola cada sotto i colpi della pratica solidale. Uno degli esercizi più facili è quello che vedete in foto, è un disegno realizzato collettivamente. Si parte con una linea a caso, poi a turno gli altri intervengono e completano il disegno. Ognuno immagina ciò che vuole, il progetto si fa hic et nunc. La sinergia impiegata e l'estemporaneità non conducono mai a esiti negativi, tutt'altro. Si attua una sorta di accordo collettivo, tacito, intimo, ma anche condiviso apertamente. L'espressione del singolo diventa parte integrante del tutto. Decidono sempre i ragazzi e le ragazze, di comune accordo, quando il disegno è da ritenersi finito. Nessuna competizione.
La solidarietà, il rispetto reciproco, sono qui espressi in maniera totale, anche se la condivisione degli intenti è stata messa a dura prova dal fatto che ognuno poteva anche cancellare i segni degli altri. E coloro che si sono visti cancellare i propri segni hanno accettato serenamente la manomissione, sapete perché? Perché il clima è stato di fiducia reciproca. Lo scopo, come sempre, è stato quello di raggiungere un obiettivo comune attraverso il contributo di quanti volevano partecipare. Ogni persona ha avuto il pieno diritto di sentirsi libera di esprimere i propri segni senza ricevere giudizi o valutazioni dagli altri. L'opera non sembra neanche realizzata da molte mani, e su questo io rifletto sempre.

2 commenti:

anna ha detto...

è proprio vero, molte mani e non sembra un disegno collettivo...
porto un esempio, stavolta come mamma: qualche giorno fa, sulla pista del parco vicino casa, mio figlio guido e il suo amico dario, gessetti in mano, hanno dato vita a qualcosa di simile, che ha stupito e interessato mamme e altri bambini: hanno deciso di disegnare una casa alta quasi quanto la pista. si sono messi d'impegno, come solo i piccoli sanno fare, in silenzio, concentrati, ognuno faceva una linea, una finestra, una decorazione. non c'è stato altro accordo che "facciamo una casa" e sono partiti, come uno solo, in perfetta armonia e senza il bisogno di dire niente.
la cosa è stata più notevole perché accanto a loro c'erano due bambini più grandi che invece discutevano il da farsi, nerea e giulio, lui che tentava di "dirigere" e lei che subiva per quieto vivere le sue decisioni. conosco anche loro, conosco le loro famiglie e le tensioni più superficiali che vivono, confesso che mi hanno fatto un po' pena... alla fine giulio ha contato coi passi la lunghezza della sua casa, decretando che era più alta di quella di guido e dario; ma già allora questi due correvano sul campo, neanche ricordavano la loro "impresa", si preoccupavano ancora di divertirsi con il solito felice impegno.
i bambini sono una sorpresa continua, hanno un modo di affrontare le cose totalmente affascinante; ma questo si nota solo se si sentono liberi di esprimersi. la libertà è davvero la felicità.
un abbraccio,
anna

Maria Teresa Gobbi ha detto...

Condivido pienamente quanto ha scritto Anna...aggiungo che, purtroppo, da noi i bambini finiscono di essere tali sempre più presto...già alle medie sono plasmati da un sistema che anche il genitore o insegnante più attento non riesce a scalfire!!

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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