Una citazione al giorno

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Data Rivoluzionaria

Smascherando la censura nei libri di scuola

Nei corridoi della scuola ci sono scaffali pieni di libri. L'altro giorno ne ho sfogliato uno di Arte, sapendo già in anticipo che non ci avrei trovato quel che invece sarebbe giusto trovarci. E infatti, tra gli altri argomenti nascosti, anche il capitolo sulle società gilaniche non c'era. Quel capitolo è molto importante, perché fa capire che la nascita delle monarchie e delle poleis non è stata una prima tappa di 'civiltà' e di 'progresso' come lo Stato vuol farci intendere, tutt'altro, è stata l'inizio della prigionia dei popoli, l'inizio del regresso morale e culturale, l'inizio del dominio dell'uomo sull'uomo, l'inizio del patriarcato e dei confini, l'inizio del progetto di disintegrazione della fratellanza, l'inizio delle élites al potere e del loro inganno, un passo antistorico e anticulturale totalmente innaturale, l'inizio della proprietà privata e dell'ingiustizia sociale, la stessa ingiustizia di cui oggi soffrono tutti i popoli statalizzati, illusi dalle storiche e vane promesse di giustizia da parte di chi, quelle ingiustizie, le ha espressamente create e continua a mantenerle.
Che l'isola di Creta fosse rimasta gilanica -quindi anarchica e pacifica- fino a tempi relativamente recenti (ca. 1600 a.C.), neppure l'ombra. Anche in questo libro, a proposito di Creta, si fa riferimento soltanto al mitologico re Minosse, esaltandolo e prendendo il suo nome come un 'marchio di fabbrica' per definire l'arte cretese 'minoica'.
Sappiamo che il percorso cronologico proposto dai libri di Stato tende opportunisticamente a dimostrare un andamento lineare e ascendente del progresso filogenetico, in verità le società gilaniche dimostrano che il progresso umano (sottolineo umano) era stato ampiamente raggiunto e si era posto in equilibrio in rapporto alla 'natura naturans', e che l'inizio della statalizzazione, imposta con la forza e con la menzogna, ha fatto crollare di colpo la linea ascendente di questo progresso umano, in favore dell'arretratezza morale dei popoli e della loro sudditanza che ancora permane.
Il capitolo successivo a quello cretese, inserito nell'indice di tutti i libri, è quello relativo alla cultura micenea, quindi con Micene siamo già in piena cultura guerresca e autoritaria. Se andiamo nello specifico di questo libro, ci accorgiamo di come gli autori dicano e non dicano a proposito del fatto che quasi immediatamente prima di Micene le civiltà fossero libere e pacifiche. Testualmente:
'Rispetto alla civiltà cretese Micene rappresentò una frattura, per certi aspetti un parziale ritorno al passato. La civiltà micenea aveva infatti portato, ai nascenti nuclei urbani dell'Egeo, un carattere più guerresco e sostanzialmente meno raffinato'.
Sento la necessità morale di rettificare quanto segue:

'Rispetto alla civiltà cretese Micene rappresentò una frattura, per certi aspetti un parziale ritorno al passato'.
Qui gli autori e gli editori vorrebbero far intendere che prima della civiltà cretese i popoli avessero una cultura guerresca e che, dopo Creta, la cultura militare riprese il suo cammino. Ciò è profondamente deviante, sappiamo infatti che Creta ha rappresentato l'àpice di una cultura ormai pacifica, anarchica, fraterna, che ha soggiaciuto necessariamente a un passato di relazioni umane specificamente solidali e cooperative. Ciò è avvalorato non soltanto dall'antropologia, ma anche dall'archeologia, che ha iniziato a trovare armi da guerra (sottolineo da guerra) e dipinti di lotte armate soltanto nel periodo relativo alla nascita degli stati, non prima. Per giunta, l'aggettivo 'parziale' ('parziale ritorno al passato') tende a far credere che da sempre nell'Egeo vi fosse una cultura sanguinaria e criminale, talmente terribile che i micenei (Agamennone & C.) riuscirono a introdurla solo parzialmente. L'ipotesi è talmente anti-antropologica che si commenta da sé. Ma l'intera frase, a ben vedere, è contraddittoria.
Infatti da parte degli autori di questo libro c'è una lieve ammissione circa la natura pacifica e raffinata dei popoli prima di Micene ('La civiltà micenea aveva infatti portato [...] un carattere [...] sostanzialmente meno raffinato'), ma questa ammissione non soltanto è velata, per nulla argomentata, ma vuole fare intendere che la raffinata cultura cretese sia stata solo una piccola parentesi storica di pace, circoscritta all'Egeo, cioè nata e morta lì, senza neppure spiegare come e perché. Sappiamo invece che le società gilaniche erano diffuse in gran parte dell'Europa, comprese le isole.
Oltre alla demistificazione di queste operazioni di censura e di distorsione della Storia, ritengo perciò utile e onesto il lavoro di divulgazione delle società gilaniche da parte di un'équipe di docenti ed esperti dell'Associazione Laima che, a Torino, hanno deciso di entrare nelle scuole per informare del fatto che, oltre allo Stato, un altro sistema di gestione sociale non soltanto esiste ed è già esistito, ma è garanzia di pace, di giustizia, di progresso umano, di vera libertà e di democrazia nell'accezione originaria e pura del termine. Tale sistema si chiama anarchia. Grazie perciò a Morena Luciani che presiede l'associazione Laima, Alessandro Bracciali che lavora nell'ambito delle scuole libertarie, e a Mario Bolognese che è il capostipite dei divulgatori dell'educazione gilanica in Italia. Il mio personale abbraccio va a loro.
Il libro in questione si intitola 'Manuale di storia dell'arte', vol.1 - Electa.Bruno Modadori. I testi del libro sono di Elisabetta Franchi; la rielaborazione di Luigi Maffini e Clara Calza; redazione di Roberto Giulidori e Bona Schmid; segreteria di redazione Rosella Troian.


Non smetterò mai di denunciare le operazioni di censura nei libri scolastici che, unite alla lettura opportunistica e partitica della Storia, rappresentano una delle armi più potenti in mano ai regimi. Non far conoscere gli argomenti, distorcerli, piegarli in funzione del sistema attuale, è una pratica che appartiene sia ai governi dittatoriali, sia a quelli democratici. Da ciò si può capire quanto interesse abbia lo Stato a mantenere le persone nell'ignoranza, al fine di perpetuare se stesso, insieme al suo unico scopo: programmare e forgiare cittadini convinti che la sudditanza sia una condizione ineluttabile e persino naturale.

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Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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