Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

La scuola è nemica del pensiero libero, non potrebbe essere diversamente.

Non facciamoci illusioni sulla presunta 'aria di libertà di pensiero' che si respirerebbe a scuola. O meglio, non alimentiamo ancora di più questa falsità, sappiamo tutti molto bene che se uno scolaro comincia a parlare in classe di anarchia (l'unica vera forza in grado di dissolvere il potere) viene subito redarguito e messo a tacere. O ridicolizzato. Altro che libertà di pensiero! Chi censura per prima è proprio la scuola, sono i suoi insegnanti (presi come come tali, non come persone, la differenza è sostanziale), specialmente quando si tratta di anarchia e di anarchici. C'è una tale ignoranza sull'anarchia che, sull'argomento, rimango sempre sconcertato dalla banalizzazione, dallo stupido conformismo che sento o che mi trovo a leggere qua e là. Chi dobbiamo ringraziare per questa profondissima ignoranza? 
Potremmo ad esempio far conoscere a scuola le bellissime poesie di Renzo Novatore proprio come si fa con quelle dei poeti noti a tutti perché letti obbligatoriamente a scuola (tutti poeti innocui, o pro sistema, o resi tali dai filtri pedagogici di Stato. E non solo i poeti). Se ne avrebbe il coraggio? E sarebbe poi giusto imporre Novatore? Se non è giusto, come credo, perché invece si impongono serenamente tutti gli altri? Questo discrimine tra il 'lui sì' ed il 'lui no', creerebbe pensiero critico e libero? Ne siamo certi? 
Di fronte alla possibilità che gli studenti si imbattano in versi come ad esempio 'l'anarchia è per me un mezzo per giungere alla realizzazione dell'individuo', e di fronte alla possibilità che versi di questo genere, mandati a memoria e posti come condizione necessaria per avere un buon voto, siano intercettati dall'autorità dirigenziale (ci sono tante di quelle spie, a scuola..!), pensiamo forse che questi docenti, sedicenti promotori del pensiero libero, lascino serenamente che ciò avvenga? Non credo proprio! Io ci ho provato, e sono stato aggredito da colleghe che si reputano rivoluzionarie e molto aperte di mente. E ho avuto le stesse reazioni avverse in tutte le scuole in cui sono stato (non sono poche), non esclusa l'attuale. Onestamente? mi stupirei se ciò non avvenisse! E non vi racconto le scene patetiche a cui ho dovuto assistere, e le convocazioni dal dirigente! Lo sapete che è probabile che non mi venga più concesso il bonus docente perché lo userei per comperare libri 'sconvenienti'? Ma di cosa stiamo parlando? 
Che la scuola sia da considerare promotrice del libero pensiero è solo mitologia, fa parte di quella narrazione autoreferenziale di cui ho già avuto modo di parlare. Io invece riassumo ed espongo i fatti, e questi contraddicono lo storytelling demagogico della scuola. I fatti veri - questi sì rivoluzionari quando si vive nella menzogna e li si vuol raccontare - rappresentano la realtà di quel che succede o di quel che non succede, ed il vero delitto è certamente ignorarli, come avviene, o rinnegarli o piegarli ad un dogma qualsiasi.
E allora vediamoli questi fatti, vediamola questa realtà. Leggete questo stralcio di giornale.  Quel che scrive Lorenzo C. di Palermo è ciò che avviene comunemente a scuola, non soltanto in sede d'esame, ma sempre. E' un imperativo categorico venato di minaccia mascherato da atto cautelativo (per una 'pacifica convivenza', si dice sempre) che viene insegnato ai ragazzi. Addirittura, quando questo modus operandi censorio viene ben assimilato (e lo si assimila molto presto), sono gli studenti stessi che redarguiscono i loro compagni che osano esternare i loro liberi pensieri. Quante liti ho visto per questo motivo! Ecco, io devo combattere ogni giorno contro questa realtà, e ci rimetto in prima persona quando devo difendere il libero pensiero, l'espressione critica, che rimangono cose assolutamente vietate. Da qui la mia esigenza di operare in clandestinità. Ma quale libero pensiero a scuola? Non scherziamo e apriamo gli occhi!


E se non dovesse bastare questa dichiarazione lampante, possiamo farci raccontare la stessa situazione, ma anche molto altro, da J. Taylor Gatto, professore a New York, che denuncia la realtà dei fatti in queste sue sette lezioni.
Insomma, ma di cosa parliamo? Vogliamo forse far leggere obbligatoriamente anche Max Stirner col suo rifiuto intelligentissimo dello Stato e della Chiesa? Portiamo questo acuto filosofo, maestro di Nietzsche, sui banchi di scuola? Magari! Portiamo anche tutti gli studiosi che affermano l'assoluta necessità di farla finita con la scuola e con l'educazione? Pensiamo davvero che la scuola e i suoi docenti-soldati acconsentano a divulgarli? E non parlo solo di pensatori anarchici morti. Vogliamo forse far maturare un pensiero davvero critico? Vogliamo forse creare una società libera fatta di non adattati e non rassegnati? Non prendiamoci in giro! Anche Lev Tolstoj viene censurato nelle sue pagine più anarchiche, antigovernative e ferocemente anticlericali (lui, per giunta da cristiano qual era!). Di cosa parliamo? Quale libertà di pensiero a scuola? Come possiamo credere che si formi una coscienza critica quando i pochi elementi che il sistema spaccia come totale e giusta Conoscenza sono sempre quegli stessi che servono al sistema per perpetuarsi? 
Che differenza c'è tra un anarco-individualista e un collettivista? Perché questa differenza non viene spiegata dai miei colleghi? Perché non viene inserita in nessun programma ministeriale? Quale tipo di reazione hanno le popolazioni aggredite dalle guerre, quali soluzioni di autogestione hanno sempre trovato? Ce lo direbbero sicuramente Rudolf Rocker, ma anche Piet Kropotkin, ammesso che si sappia però chi siano costoro. La scuola della Conoscenza non ce li fa conoscere. Curioso e strano? No, è la norma! Che cosa è successo nell'autogestione anarchica di Barcellona nel 1936? 'Perché, c'è stata davvero un'autogestione anarchica a Barcellona?', si chiederà il perfetto scolarizzato, colto, dal pensiero libero e critico. Ma di cosa stiamo parlando?
Dove mettiamo la storia reale e completa della Prima internazionale con Bakunin? E Michail Bakunin stesso? Vogliamo dirlo che era anarchico o, al massimo concesso da sua maestà, lo dichiariamo tout-court e genericamente 'socialista'? Possiamo dirlo che Pierre-Joseph Proudhon è stato il filosofo anarchico, o uno dei pensatori anarchici, che ha dato i maggiori spunti a chi si è poi incoronato padre del comunismo, talmente 'padre padrone' da trasformare il comunismo anarchico e rivoluzionario in comunismo autoritario di Stato e di partito? (se ti dà fastidio il fatto che io non scriva il suo nome, rifletti e chiediti perché tu non provi lo stesso fastidio nel sapere che la scuola censura migliaia di nomi importantissimi). E di tutti gli altri filosofi e sociologi anarchici volutamente censurati cosa ne facciamo? E del grande imprescindibile geografo Elisée Reclus? Lo censuriamo perché è anarchico? Certo, è la scuola, che altro può essere? Ma di cosa stiamo parlando?
Suvvia, non facciamoci illusioni, la scuola rimane sempre quell'agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com'è, diceva Ivan Illich. A proposito, 'chi è Illich?' si chiederà tutta la società scolarizzata e dal pensiero critico. Appunto! Ah! Se non ci fosse internet che vi fa conoscere un po' di sana anarchia! Perché, vedete, se l'opposizione al fascismo di stampo scolastico conduce alla fine gli studenti a concepire la lotta al fascismo come un qualcosa che si fa soltanto aderendo ad un altro partito e votandolo, allora non si è capito proprio nulla, e non vedo niente di cui la scuola debba farsi vanto, se non di un'unica cosa: della sua stessa funzione di dispositivo addestrante del sistema, che è la funzione per cui è stata concepita e alla quale, per il raggiungimento del suo programma occulto, serve anche la censura.




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Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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