Una citazione al giorno

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Data Rivoluzionaria

Qualche appunto su due pensieri di William Godwin

Dei materiali di filosofia di cui sono in possesso, quelli relativi a William Godwin mi dimostrano che già nel XVIII secolo la scuola produceva, presso gli studenti e i liberi pensatori, le stesse reazioni di insofferenza e sconforto di oggi, quando non di rabbia e odio. Ciò dimostra che in fondo la scuola svolge da sempre la stessa funzione, in barba alle riforme (e a chi ci crede), le quali servono soltanto a rafforzare l'istituzione stessa. 
Al tempo di Godwin la causa dei bambini e dei giovani desiderosi di libertà, ma rinchiusi in un'aula, non veniva presa in considerazione perché non era neppure concepita come una 'Causa', della quale discutere, men che meno esserne preoccupati. Come oggi. Infatti in questa società adultocentrica e disciplinare, il diritto di libertà del giovane di decidere se andare a scuola oppure no viene annullato istantaneamente dalla legge sull'obbligatorietà, non viene preso in considerazione neppure lontanamente, sarebbe un'eresia soltanto pensare a questo diritto, a dispetto di tutta una schiera di pedagogisti riformisti che nel XX secolo si sono succeduti portando l'ipocrita bandiera del 'poniamo lo studente al centro'. Ma già dire studente è cosa diversa dal dire persona, dunque niente di nuovo, come sanno bene questi giovani che sopportano, che devono imparare a sopportare da bravi schiavi e futuri efficienti produttori.
E' Godwin il primo a far emergere la causa dei bambini prigionieri, è stato lui il primo a schierarsi dalla loro parte, a denunciare i veri obiettivi nascosti della scuola, i suoi metodi, la sua ipocrisia strutturale e universale, la sua natura autoritaria. Godwin, attraverso la sua coscienza anarchica, riconosce anzitutto il fanciullo, ma lo riconosce come persona, ne riconosce i diritti, le sue peculiarità naturali, e ne rispetta ogni sua caratteristica umana e vitale. Scriverà a tal proposito:
'Dobbiamo un particolare rispetto a ogni cosa che abbia forma umana. Io non dico che un fanciullo sia l’immagine di Dio. Affermo invece che si tratta di un essere individuale, dotato delle facoltà di ragionamento, delle sensazioni di piacere e dolore e dei princìpi di moralità'.
Questo passaggio è molto importante. Quando scriveva queste righe - si era appena all'inizio dell'Ottocento - Godwin stava già dichiarando e anticipando al mondo che il bambino non è un recipiente vuoto da dover riempire o moralizzare, perché il bambino ha facoltà proprie e autonome di ragionamento, di intelligenza, conosce il senso del bene e del male, e non ha bisogno di essere educato (non certo dalla scuola, e non certo dagli adulti che ne facciano le veci e le funzioni). Infatti, Godwin, dopo aver esposto il suo pensiero sull'inaudita schiavitù che ogni bambino deve sopportare a scuola e in famiglia (bambini trattati peggio degli schiavi nelle Indie occidentali, dirà), scrive anche che:
'La libertà è la scuola dell’intelletto; cosa alla quale non si concede abbastanza attenzione. Ogni ragazzo impara più nelle sue ore di svago che in quelle di studio. A scuola si impadronisce dei materiali del pensiero, ma nei giochi pensa per davvero: qui affila le facoltà e apre gli occhi. Dal momento della nascita il bambino è un filosofo sperimentale: egli mette alla prova i suoi organi e i suoi arti, imparando l’uso dei muscoli. Chiunque lo osservi attentamente scoprirà che è questo il suo costante esercizio. Ma l’intero processo dipende dalla libertà'. 
E per quanto riguarda quei 'materiali del pensiero', ci si dovrà pur chiedere, credo oggi più di ieri, perché proprio quei materiali, sempre quelli, e non invece altri materiali, quelli che nessuna scuola oserebbe mai mettere sui banchi. Ma sono certo che la risposta, in fondo, la conosciamo tutti.

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Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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