La società è innamorata della scuola? Non sa immaginarsi una vita senza la scuola? Le sembra un'eresia disertarla o distruggerla? Vi dico questa ovvietà: la gente è completamente infatuata e incantata, è vero, ma non della scuola, bensì della sua narrazione, cioè dell'idea che la scuola dà di se stessa, a parole, un'idea che non corrisponde mai alla realtà, e non può farlo. C'è una bella differenza tra un qualcosa e l'immagine che se ne vuol dare. E la gente scambia puntualmente l'immagine retorica che la scuola dà di se stessa con ciò che la scuola è nei fatti, nei risultati.
E' di un'evidenza sconcertante lo scollamento che c'è tra quel che la scuola dice di essere e di fare, con quello che essa produce realmente nella società! E nonostante questo scollamento evidente, malgrado questa contraddizione così palese e sfacciata, le persone continuano non soltanto a dare credito alla scuola, ma ne vorrebbero ancora di più per questi giovani che, ormai, incattiviti già fin troppo dalla reclusione educativa coatta, non hanno più una vita propria, costretti come sono in impegni scolastici ed extrascolastici legati comunque alle esigenze del sistema industriale e militare (per dirla alla Frank Zappa), di cui la scuola è LO strumento eccelso e irrinunciabile (impegni extrascolastici come i compiti a casa, i progetti vari, i recuperi, la corsa all'acquisizione di crediti, i Pon, l'alternanza scuola-lavoro, i corsi obbligatori di varia natura, gli appuntamenti d'istruzione anche fuori sede, i concorsi, l'orientamento, il tutoring, e via così, sempre qualcosa in più, pensando che aggiungere sia sempre meglio e giusto), impegni che sono sempre più pervasivi per un addestramento continuo, massiccio, obbligatorio, deformante e nefasto. E si vuole ancora più scuola? E in quale spazio apparentemente 'vuoto' della vita privata dei giovani, se n'è rimasto, dovremmo metterla questa ulteriore scuola?
Invece la vera domanda che quasi nessuno si pone dovrebbe essere la seguente: ma questi bambini e giovani, queste nuove generazioni, quand'è che vivono veramente la loro vita? Dov'è la loro vita? Niente da fare, siamo giunti al punto in cui le persone sono convinte che la scuola rappresenti la vita stessa, quando non è più nemmeno un surrogato di questa! La scuola ruba il tempo, la vita, la gioia, è fatta per questo, reclude e isola le persone, separa i giovani dal mondo reale per istruirli a una vita da servi produttori, incapaci di pensarsi senza un padrone o senza 'specialisti' che promettono di risolvergli quei problemi che non avrebbero in assenza di quegli stessi padroni e specialisti che essi si creano come divinità.
Come fa la scuola a recludere con successo tutte le nuove generazioni? Lo fa con una serie di pretesti estremamente allettanti ai quali molto difficilmente qualcuno saprebbe resistere. L'insieme di questi pretesti costituisce proprio l'autonarrazione della scuola, la sua scenografia di cartone colorato, qualcosa che non sta nella realtà, che non ci può mai stare, perché la scuola è un dispositivo nato espressamente per darci un altro tipo di società, cioè questa, completamente diversa da quella che essa racconta alla gente. Ed ai pretesti allettanti si aggiunge ovviamente l'obbligo scolastico. Tu, studente, devi credere alla narrazione, alla scenografia di cartone, e finirai per non aver neppure bisogno di qualcuno che ti obblighi al banco perché l'attrazione tua verso quel miraggio è già fortissima, è un miraggio che ti hanno sempre raccontato fin dai tuoi primi giorni di vita, non puoi non crederci. Ti hanno sempre detto: 'se ti impegni raggiungerai il miraggio, ma devi fare quello che ti dicono di fare gli specialisti del miraggio'.
Eppure la gente osserva, vede benissimo i nefasti risultati della scolarizzazione obbligatoria di massa, ma non si rende conto della loro vera causa, anzi, meglio, rifiuta a priori il fatto evidente che la causa sia la scuola, perché la gente è infatuata dalla sua retorica che fa scattare inesorabilmente il meccanismo dell'illusione, con la quale sono state prese all'amo tutte le generazioni.
Questo miraggio è iniziato col mito barocco della conoscenza preconfezionata che, attraverso percorsi iniziatici e prestabiliti da altri, e attraverso magici ed ipotetici scatti di presunta erudizione (la suddivisione in classi e gradi di oggi), prometteva di far diventare miracolosamente le persone intelligenti, colte, libere, emancipate e ricche. In realtà faceva esattamente l'opposto. Va da sé che questo mythos (favola) inventato da un prezzolato Comenio, che purtroppo ancora resiste, trova oggi tanto campo fertile quanto più quello stesso campo viene reso sterile dall'istruzione di massa. E' un cane che si morde la coda: più la scuola produce servi ignoranti e rassegnati incattiviti, funzionali al sistema, e più questi rassegnati incattiviti pensano che nella società ci voglia più scuola, o meglio, ciò che essa promette di dare.
Quando finirà questa infatuazione di massa? Quand'è che la gente si accorgerà che la scuola obbligatoria è una trappola universale come diceva anche Paul Goodman? Quando questa società prenderà coscienza che la scuola non è l'unico luogo dove si imparano le cose (ma poi quali cose? Perché solo alcune? Perché sempre quelle? E funzionali a che cosa? A chi?)? Quando si capirà che, tra tutti i modi possibili per imparare, la scuola è quello più deleterio e violento? Non ho risposte per queste domande. Dobbiamo però partire dal fatto che tutto ciò che è necessario fare, come primo passo, è interrompere questo circolo vizioso e paradossale in cui la società è caduta facendole credere che occorre sempre più scuola al fine di riparare il disastro prodotto dalla scuola stessa. Interrompere questo circolo è difficile proprio perché l'idea che la scuola sia utile viene continuamente rigenerata dalla scuola stessa che costruisce la sua allettante scenografia di cartone colorato, sempre più grande, sempre più pervasiva, sempre più falsa e utile solo al potere.
Ritengo sia sempre più attuale l'insegnamento enorme di Ivan Illich, e non solo il suo, secondo il quale la scuola è diventata la nuova chiesa universale, intesa come un dogma così forte e profondo da garantirsi non soltanto l'autopoiesi, ma la sicurezza di ottenere una sempre più cieca obnubilazione sociale, una sempre più tenace illusione collettiva. Fermiamo questa macchina addestrante, l'erudizione e l'umanità sono altrove!
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