- Mi scusi, ma per lei che cos'è la liberazione?
- Intende quella politica e sociale?
- Sì, non certo quella del grasso intorno alla vita. Per quanto...
- Per me la liberazione rappresenta qualcosa di molto preciso. Vede, quando un popolo decide di disfarsi delle fondamenta della sua cultura, dei valori e dei simboli in cui ha creduto per secoli e che lo hanno reso prigioniero, schiavo di se stesso, quando decide di disfarsi dell'educazione di massa che rende possibile la perpetuazione di questi valori, delle scuole e di tutte le forme di coercizione-reclusione, delle false morali, delle sterili guerre fra poveri, dei confini, dei governi, delle religioni, in poche parole, quando l'essere umano vorrà capire che l'unico modo che ha di salvarsi, oggi, è quello di lasciare in pace i bambini, lasciarli essere come decidono loro di essere, senza farli cadere vittime della nostra cultura autodistruttiva, allora quella per me è la liberazione.
Vuole una metafora? E' come un palazzo che è stato avvolto da una infinità di travi, ferri, tubi, plastiche, fantasmi, altarini, materiali insulsi ma luccicanti, e smantellare tutte quelle sovrastrutture per liberarlo e farlo respirare, farlo vivere, farlo esprimere, dargli la possibilità di manifestare tutta la sua luce, tutta la sua essenza. Perché sa, se ne sarà accorto anche lei, c'è l'assurda idea che il bambino sia un recipiente vuoto, che non sia nulla, che non porti nulla con sé fin dalla nascita, e che debba perciò essere sottoposto a un progetto culturale da parte di persone esterne a lui, guarda caso persone adulte, anche estranee chiamate 'esperti', le quali sono state a loro volta sottoposte a indottrinamento; capisce che in questo modo il circolo diventa vizioso e viziato del suo stesso vizio.
Ma i bambini - e non mi dica che non lo sa - non sono recipienti vuoti, sono già dei palazzi unici e magnifici, perfetti, irripetibili, sono proprio tutto quello che l'umanità desidera essere, ma che non ha il coraggio di realizzare (che lasci fare ai bambini, allora!).
Ciò che noi adulti facciamo sui bambini è soffocare il loro meraviglioso palazzo, la loro luce, il loro essere, modificarlo, standardizzarlo, uniformarlo, mettergli addosso una divisa, rivestirlo con tutte quelle sovrastrutture che sono credenze, dogmi, convinzioni, idee malsane, conoscenze funzionali al regime sociale... tutte cose che servono a perpetuare questo tipo di società e lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo per il vantaggio di pochi. Se dobbiamo parlare di liberazione, dobbiamo saperci liberare dalla convinzione che il bambino sia un essere da plasmare come piace a noi usando il pretesto della 'conoscenza', che in realtà è dottrina del sistema introdotta a forza, è adattamento, conformismo obbligatorio.
Contro il bambino e il suo mondo di gioia, gli adulti usano anche lo sporco ricatto secondo il quale, se il bambino non diventa come loro, come un 'adulto serio' (sic!), finirà per diventare un essere abominevole e odioso, emarginato, meritevole d'ogni tipo di pena, sia in terra, sia in quel luogo inventato apposta per ricattare chiamato 'inferno'. Lei dirà: 'possiamo insegnare al bambino ad essere anticonformista'. Sbagliato! Anzitutto: perché mai dovremmo prendere il bambino, farlo diventare come noi con anni e anni di tortura educativa modellante, e poi dirgli 'no guarda, adesso è meglio che tu sia come un bambino!', quindi insegnargli a ritornare unico e irripetibile com'era all'inizio? Ammesso poi che sia così facile tornare ad essere bambini dopo l'addestramento scolastico e sociale, ma non le pare una cosa stupida in sé? Non sarebbe allora meglio non avviare mai quell'addestramento?
Inoltre devo affermare che non è affatto il caso di insegnare al bambino l'anticonformismo (ammesso che una società di adattati possa farlo, o accetti che qualche disadattato - gioco forza definito 'strano e pericoloso' - lo faccia), perché lui, il bambino, lo è già, anticonformista, fin dalla nascita; poi, purtroppo, l'educazione obbligatoria massificata lo rende conformato, un adattato disumano, remissivo e obbediente con i potenti, ma sempre pronto a scaricare la sua frustrazione violenta sui più deboli, con l'aggravante di sentirsi nel giusto e perfino libero, intelligente, saggio e originale. Un 'adulto serio', insomma!
Allora, liberazione per me? Eccola: liberazione è l'atto responsabile e supremo di liberare il bambino da noi adulti, dalla cultura di questa società. Quando arriverà il giorno di questa consapevolezza autonoma e si darà avvio a questa operazione di liberazione (io ho già iniziato), solo allora festeggerò.
- Intende quella politica e sociale?
- Sì, non certo quella del grasso intorno alla vita. Per quanto...
- Per me la liberazione rappresenta qualcosa di molto preciso. Vede, quando un popolo decide di disfarsi delle fondamenta della sua cultura, dei valori e dei simboli in cui ha creduto per secoli e che lo hanno reso prigioniero, schiavo di se stesso, quando decide di disfarsi dell'educazione di massa che rende possibile la perpetuazione di questi valori, delle scuole e di tutte le forme di coercizione-reclusione, delle false morali, delle sterili guerre fra poveri, dei confini, dei governi, delle religioni, in poche parole, quando l'essere umano vorrà capire che l'unico modo che ha di salvarsi, oggi, è quello di lasciare in pace i bambini, lasciarli essere come decidono loro di essere, senza farli cadere vittime della nostra cultura autodistruttiva, allora quella per me è la liberazione.
Vuole una metafora? E' come un palazzo che è stato avvolto da una infinità di travi, ferri, tubi, plastiche, fantasmi, altarini, materiali insulsi ma luccicanti, e smantellare tutte quelle sovrastrutture per liberarlo e farlo respirare, farlo vivere, farlo esprimere, dargli la possibilità di manifestare tutta la sua luce, tutta la sua essenza. Perché sa, se ne sarà accorto anche lei, c'è l'assurda idea che il bambino sia un recipiente vuoto, che non sia nulla, che non porti nulla con sé fin dalla nascita, e che debba perciò essere sottoposto a un progetto culturale da parte di persone esterne a lui, guarda caso persone adulte, anche estranee chiamate 'esperti', le quali sono state a loro volta sottoposte a indottrinamento; capisce che in questo modo il circolo diventa vizioso e viziato del suo stesso vizio.
Ma i bambini - e non mi dica che non lo sa - non sono recipienti vuoti, sono già dei palazzi unici e magnifici, perfetti, irripetibili, sono proprio tutto quello che l'umanità desidera essere, ma che non ha il coraggio di realizzare (che lasci fare ai bambini, allora!).
Ciò che noi adulti facciamo sui bambini è soffocare il loro meraviglioso palazzo, la loro luce, il loro essere, modificarlo, standardizzarlo, uniformarlo, mettergli addosso una divisa, rivestirlo con tutte quelle sovrastrutture che sono credenze, dogmi, convinzioni, idee malsane, conoscenze funzionali al regime sociale... tutte cose che servono a perpetuare questo tipo di società e lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo per il vantaggio di pochi. Se dobbiamo parlare di liberazione, dobbiamo saperci liberare dalla convinzione che il bambino sia un essere da plasmare come piace a noi usando il pretesto della 'conoscenza', che in realtà è dottrina del sistema introdotta a forza, è adattamento, conformismo obbligatorio.
Contro il bambino e il suo mondo di gioia, gli adulti usano anche lo sporco ricatto secondo il quale, se il bambino non diventa come loro, come un 'adulto serio' (sic!), finirà per diventare un essere abominevole e odioso, emarginato, meritevole d'ogni tipo di pena, sia in terra, sia in quel luogo inventato apposta per ricattare chiamato 'inferno'. Lei dirà: 'possiamo insegnare al bambino ad essere anticonformista'. Sbagliato! Anzitutto: perché mai dovremmo prendere il bambino, farlo diventare come noi con anni e anni di tortura educativa modellante, e poi dirgli 'no guarda, adesso è meglio che tu sia come un bambino!', quindi insegnargli a ritornare unico e irripetibile com'era all'inizio? Ammesso poi che sia così facile tornare ad essere bambini dopo l'addestramento scolastico e sociale, ma non le pare una cosa stupida in sé? Non sarebbe allora meglio non avviare mai quell'addestramento?
Inoltre devo affermare che non è affatto il caso di insegnare al bambino l'anticonformismo (ammesso che una società di adattati possa farlo, o accetti che qualche disadattato - gioco forza definito 'strano e pericoloso' - lo faccia), perché lui, il bambino, lo è già, anticonformista, fin dalla nascita; poi, purtroppo, l'educazione obbligatoria massificata lo rende conformato, un adattato disumano, remissivo e obbediente con i potenti, ma sempre pronto a scaricare la sua frustrazione violenta sui più deboli, con l'aggravante di sentirsi nel giusto e perfino libero, intelligente, saggio e originale. Un 'adulto serio', insomma!
Allora, liberazione per me? Eccola: liberazione è l'atto responsabile e supremo di liberare il bambino da noi adulti, dalla cultura di questa società. Quando arriverà il giorno di questa consapevolezza autonoma e si darà avvio a questa operazione di liberazione (io ho già iniziato), solo allora festeggerò.
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