Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Il fascismo non odia la cultura e i libri.


Gli errori si pagano. E quelli commessi per superficialità o per presunzione sono errori che lasciano in bocca un amaro insopportabile. Per decenni la sinistra ha fatto leva su una sua presunzione di superiorità culturale nei confronti della destra, una superiorità del tutto fantasiosa, ma alimentata da una sorta di convinzione, altrettanto fantasiosa, secondo la quale il fascista è tale perché è un ignorante. E per ignorante la sinistra intende, ahimé, anche il fatto di non saper scrivere secondo la grammatica canonizzata. 
Va da sé che l'intelligenza non c'entra proprio niente con l'applicazione della grammatica, né con un percorso educativo scolastico, peraltro obbligatorio per tutti, ed il suo indotto mediatico esterno. L'intelligenza è una proprietà intrinseca degli esseri viventi, i vari tipi di intelligenza esistono a prescindere dalle sovrastrutture (a meno che non si creda per davvero che gli esseri viventi, segnatamente i bambini, siano delle pietre inanimate e prive di neuroni, prima del loro accesso nelle aule scolastiche). Ma è proprio questo aspetto che la sinistra non ha mai voluto accettare, lasciandosi invece trasportare dalla semplificazione, dalla banalizzazione dell'idea secondo cui, fatto dunque il dovuto parallelismo, un'operaia analfabeta, un contadino senza titolo di studio, non potranno che essere dei fascisti, mentre uno scolarizzato è sicuramente un comunista. Sappiamo che questa banalizzazione non trova riscontro nella realtà e che, anzi, la scolarizzazione compie un lavoro di fascistizzazione non indifferente. Senza voler difendere partiti e movimenti di alcun tipo e di alcun colore (come potrei?), devo però dire che da questa banalizzazione, chi ci ha guadagnato, come vediamo, è stato proprio il fascismo nero. Gli errori si pagano.

Contestualmente, anche l'assurdità di credere che il fascismo sia nemico dei libri è un errore grossolano, banale, un luogo comune con cui si crogiola ancora quel comunista che, avendo letto un libro negli ultimi due anni, può credersi superiore al fascista che forse di libri ne ha letti di più. Ma non è neppure questione di libri, non è mai stata una questione di libri, a meno che non si specifichi il loro genere (cosa che non si fa mai). Inneggiare al libro tout-court è un errore banale, non ha neppure senso. Cosa vuol dire 'viva il libro'? E cosa vuol dire 'viva la cultura'? Di che genere di libro stiamo parlando? E di che tipo di cultura? Anche il fascismo inneggiava alla cultura e al libro, faceva dei festival annuali, delle esposizioni, istituiva dei concorsi letterari, dei raduni culturali nazionali e regionali, fondava l'Alleanza nazionale del libro con una rassegna di cultura. Ma come possiamo permetterci di dire, così semplicisticamente, che il fascismo è nemico del libro? No, non possiamo dirlo! Ma ripeto, la sinistra non accetta questa realtà, e la rifiuta soltanto per avere un pretesto a proprio vantaggio. Non è denigrando il nemico che lo si sconfigge. Gli errori si pagano.

Detto ciò bisogna anche accettare il fatto evidente che un comunista può certamente anche superare in conoscenze un fascista (come pure il contrario), ma se la cultura di cui il comunista si fa vanto è, come ben sappiamo, quella che si riferisce a questo nostro sistema di valori, alla nostra morale comune, cioè a questo tipo di società, autoritaria, competitiva, fascista,  nazionalista e gerarchizzante, è certo allora che colui che ha accumulato più cultura è più fascista di colui che ne ha accumulato di meno.





E tra gli errori che questa società commette, quello più grande è sicuramente quello di continuare a ignorare e schivare sia l'evidenza, sia un tipo di cultura diversa da questa, diversa da quella che inculchiamo ai bambini, diversa da quella che conosciamo e crediamo migliore, anzi l'unica esistente. Se oggi abbiamo una società fascista non è perché non c'è abbastanza cultura, ma perché ce n'è fin troppa, di un certo tipo, il tipo stabilito e voluto dall'Establishment, e diffuso da tutte le agenzie educative di questa società.

Nessun commento:

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

Lettori fissi