Ero piccolo, ricordo, e avevo già dentro di me dei presentimenti poco gradevoli riguardo a quello che sarebbe stato, da lì a poco, il mio rapporto con la politica e le sue istituzioni. Forse proprio in virtù dei pochi anni di vita, era molto presente in me un grande istinto di conservazione, come un sapere a priori che il destino e la vita delle persone, se date in mano a poche altre persone, non avrebbe fatto altro che danneggiarmi e danneggiarci. Un istinto animale, forse. Questo io presentivo. Credo sia questa una reale 'immunità di gregge', cioè il preavvertire il fatto che regalare il potere a qualcun altro è solo garanzia di autolesione, quindi anche di lesione altrui. Come bambino ero poi triste perché ero cosciente che su di me gravavano le decisioni di tutti gli adulti, e io non contavo niente proprio perché ero un bambino, e come tale destinato a subire: condizione ineluttabile per tutti i bambini in questo tipo di cultura adultocentrica. Non c'è mai stato un solo attimo in tutta la mia vita in cui io non abbia avuto timore delle riforme in campo politico. Ho sempre sospettato, avendone poi conferme e riconferme, che riformare qualcosa da parte dei politici significasse tutt'altro che migliorare le nostre condizioni. Tutto quello che una riforma può fare è dare alle nostre condizioni un'apparenza diversa. Solo apparenza. Per celare rinnovate ingiustizie. Così è, perché appare.
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