Una citazione al giorno

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Data Rivoluzionaria

Non volevamo l'obbligo scolastico

L'opinione comune cambia -quando cambia- soltanto sulla base degli interessi del potere, dei suoi burocrati, dei mercanti del capitale; questi forgiano e deviano l'opinione delle folle solo per trarre vantaggio dal loro sfruttamento. Succede allora che quella che noi oggi definiamo 'opinione pubblica' ha caratteristiche culturali molto diverse rispetto a quelle riscontrabili nel passato. Non esiste un'opinione pubblica oggettiva, l'opinione è opinabile per definizione, però, da quando esiste lo Stato, essa è sempre stata manipolata per essere funzionale al potere di turno e alla sua perpetuazione. Quando un potere ha la necessità camaleontesca di mutare forma (la sostanza rimane sempre quella), quel potere deve prima saper cambiare il dato morale della folla per potervisi adagiare sopra, e sarà la stessa folla a invocare l'apparentemente nuovo potere, difendendolo in mille modi. 
Nel caso specifico della scuola, ad esempio, se oggi l'opinione comune difende l'obbligo scolastico, in un passato relativamente recente quest'obbligo era ferocemente combattuto dal popolo, anche con le armi in pugno, e anche se le persone non hanno mai avuto nulla in contrario sulla 'questione alfabetizzazione'. Ma c'è modo e modo per alfabetizzarsi. Oggi è d'opinione comune credere che l'unico modo per alfabetizzarsi sia la scuola (quel luogo fisico preciso, con quelle metodologie), e che l'obbligo di frequenza sia un grazioso regalo dello Stato. Questa convinzione viene oggi difesa a spada tratta perché è stato cambiato il dato morale della gente relativamente al tema istruzione, il potere le ha fatto letteralmente cambiare opinione rispetto al passato, e come sempre a tutto vantaggio del sistema autoritario. 
E' ampiamente dimostrato che il luogo-scuola, oltre ad alienare gli studenti e a prepararli all'obbedienza, non può vantare felici primati di alfabetizzazione rispetto alla strada o altri ambienti. Io stesso, se volete, ne sono una prova vivente, in quanto autodidatta anche nell'alfabetizzazione, e non sono certamente più intelligente di voi. Scopo primario della scuola non è alfabetizzare. L'alfabetizzazione obbligatoria è soltanto una scusa apparente, un mezzo che -attenzione- non serve a convincere la gente sulla necessità della scuola obbligatoria (poiché la gente era stata precedentemente e moralmente preparata a questa presunta necessità sociale, che ora sa accettare benissimo), ma a prepararla alla sua strenua difesa contro quelli che non si sono fatti plasmare o convincere e che, utilizzando la critica e i fatti, dimostrano non soltanto l'inefficacia dell'obbligatorietà scolastica, ma anche la sua pericolosità. Lo sapevano bene, ad esempio, anche in USA, nell'Ottocento:
'...La nostra forma di istruzione obbligatoria è un'invenzione dello stato del Massachusetts risalente al 1850. Una parte della popolazione, stimata intorno al 80%, si oppose - talvolta con le armi - fino a quando l'area dell'ultimo avamposto di Barnstable presso Cape Cod nel decennio del 1880 fu conquistata dalla milizia ed essi consegnarono i propri bambini, che marciarono verso la scuola sotto scorta armata. C'è qui una curiosa idea da valutare. Non molto tempo fa l'ufficio del Senatore Ted Kennedy rilascia un documento nel quale si affermava che prima che l'istruzione divenisse obbligatoria l'alfabetizzazione dello stato era intorno al 98% mentre, dopo di essa, non è mai salita oltre il 91%, dove è ferma dal 1990...' (John Taylor Gatto)
Anche se queste percentuali vanno a vantaggio della non obbligatorietà della scuola, esse sono solo espressione statistica, come tale escludono a priori l'aspetto umano e le reali necessità, avrei preferito di più stimare il grado di felicità delle persone, obbligatoriamente alfabetizzate e non, probabilmente quel 91% sarebbe sceso di molto. Non a caso le istituzioni amano fare statistiche, queste servono solo a dimostrare gli esiti delle loro coercizioni. Volendo rimanere negli Stati Uniti, e sempre in quel periodo, Noam Chomsky stendeva qualche anno fa un rapporto sul grado di cultura degli operai non scolarizzati del XIX secolo che, in autonomia, nel poco tempo libero che essi avevano a disposizione, imparavano a leggere e a scrivere aiutandosi a vicenda. Chomsky riporta il fatto che spesso questi operai conoscevano i classici della letteratura inglese meglio dei borghesi con i salotti rigurgitanti di libri. Anche questo è un fatto che si pone come dato critico verso ciò che pensa l'odierna opinione pubblica.
E in Europa? Anche in Europa l'obbligo scolastico non voleva essere accettato, proprio perché obbligo. Si possono ad esempio riprendere le parole di Leone Tolstoj tratte dal suo libro 'Quale scuola?', dove tra i capitoli lo scrittore russo passa in rassegna, dopo averle visitate, le scuole obbligatorie europee, i loro obiettivi falliti, e la reazione dei rispettivi popoli a tale obbligo. Prendo dal libro un solo esempio, quello della Germania':
'La Germania, fondatrice della istituzione scolastica, dopo quasi duecento anni di lotta non è ancora riuscita a vincere le resistenze del popolo alla scuola. Nonostante siano nominati maestri soldati invalidi per meriti acquisiti in battaglia, nonostante la severità della legge in vigore da duecento anni, nonostante la creazione di insegnanti del tipo più nuovo nei seminari, nonostante l'elevato senso di sottomissione alla legge dei tedeschi, la coercizione della scuola ancora oggi pesa sul popolo con tutta la sua forza ed i governi tedeschi non si decidono ad eliminare la legge dell'obbligo scolastico. La Germania può vantarsi dell'istruzione del suo popolo solo sulla base di dati statistici, ma la maggior parte della gente, come prima, riporta dalla scuola solo un'avversione verso di essa' (pag. 44).
E' solo con le dittature del Novecento che lo Stato è riuscito a far cambiare totalmente opinione alle persone, ma non in forza dei fatti e delle necessità reali della gente (lungi dalle statistiche esibite), ma solo in forza di una propaganda dottrinale che costruisce falsi bisogni, o in forza del ricatto, della violenza della legge, che è violenza pseudomorale e anche fisica. Ne consegue tutto il discorso che fa anche Ivan Illich: da un lato c'è l'unica vera necessità del sistema di formare solo masse ben addestrate per avviarle -volenti o nolenti- alla catena della produzione, dall'altro c'è il dovere morale delle persone di descolarizzare la società per emanciparsi e creare così un mondo migliore. In buona sostanza, non è mai una camicia di forza che dimostra l'efficacia o la bontà di una iniziativa, neppure quando la camicia di forza viene invocata dalle persone che, rese massa, si ubriacano di statistiche e di pregiudizi.

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E buona lettura.

6 commenti:

Telin (Admin AD*) ha detto...

Ciao,

vorrei fare una riflessione sul concetto di "obbligo" al di là del contesto usando un semplice esempio:
in questo momento per le donne dipendenti c'è l'obbligo' di astensione dal lavoro per almeno cinque mesi, due di gravidanza, tre di maternità.
Al di là del fatto che ovviamente siamo quasi tutte contente di ciò, mi chiedo, ma in un sistema patriarcale dove alla base c'è il dominio del maschio sulla femmina, se non esistesse questo 'obbligo', fosse ad esempio considerata una opzione su richiesta della donna, quante donne potrebbero/riuscirebbero/si imporrebbero/ per usare questo "diritto" non obbligatorio?

Se qualcuno mi conosce sa che la mia visione libertaria passa per un percorso di evoluzione civile con step necessario in forme di democrazia prima partecipate, poi dirette, ed infine 'consensuali' e credo, che gli strumenti per arrivare a tale evoluzione sono comunque strutture - sovrastrutture, ad esempio quella scolastica.
Ovviamente una struttura scolastica il cui scopo sia liberare ed emancipare gli individui dalla loro opprimente cultura del dominio in genere, cosa che al momento non è scopo di alcuna scuola al mondo: forse giusto qualche esperimento qua e là (in svezia, avete visto?). Ma l''obbligatorietà' non solo di alfabetizzarsi, ma ad esempio di avere una visione di insieme del mondo che ci circonda al di là dell'esperienza personale, credo sia fondamentale.
Come stanno facendo in svezia, stanno allentando e modificando il concetto di obbligo (orari, luoghi, materie, soggetti da studiare) ed è assolutamente necessario questo anche nella nostra scuola. L'obbligatorietà però del fare questo percorso, in questo momento mi sembra l'unico modo di tirare fuori le persone dal rischio (reale) di restare imbrigliate in ricatti sociali che non permetterebbero loro di sceglierlo liberamente. Spero di essermi spiegata :)

edmondo ha detto...

La tua visione è tutt'altro che libertaria, infatti il tuo modo di ragionare aderisce perfettamente all'autoritarismo di quel fallimento storico che si è chiamato comunismo (quello autoritario, di Stato), alla cui base sta il concetto di dittatura obbligata del proletariato, e di cui abbiamo visto i disastrosi effetti, e continuiamo a vederli. Confondi l'obbligo con il diritto, sono due concetti differenti e opposti. Il discorso che fai tu è quello tipico di colui che, avendo la possibilità di ottenere tutta la libertà con l'anarchia, per paura di quest'ultima, e per paura di staccarsi dal cordone ombelicale delle istituzioni, preferisce aspettare anni e anni, magari versando sangue, che un governo decida di deliberare qualche concessione e, come si sa, le concessioni non sono mai diritti, anche perché sono revocabili in qualsiasi momento da qualsiasi governo, ne abbiamo esperienza. I diritti sono tali quando sono liberi, sganciati da qualsiasi vincolo, i diritti non si obbligano, anche perché chi li obbliga deve prima detenerne il monopolio. Con che diritto? I diritti non vogliono padroni esterni. Inoltre, proprio perchè viviamo in un contesto patriarcale, la libertà garantita dall'anarchia farebbe crollare anche il patriarcato, e a quel punto saranno le singole donne a decidere che cosa fare del proprio corpo, del proprio stato di gravidanza, della propria vita, esattamente come è successo a Parigi nel 1871 o a Barcellona nel 1936, ecc. Ma so che la libertà fa molta paura a coloro che sono stati abituati a dipendere (colpa anche della scuola), e allora non si vogliono abbandonare le sovrastrutture anche mentali percepite come 'madri', si ricercano pretesti come i tuoi 'step', e ci si aggrappa disperatamente a qualsiasi cosa, purché questa cosa sia assistenzialismo e padronato. Auguri.

Telin (Admin AD*) ha detto...

grazie della tua risposta piccata edmondo.

vorrei capire se e come sei in grado di dimostrare che se togliamo l'obbligo di frequenza della scuola (oppure se sei in grado di dimostrare che se facciamo crollare lo stato tutto (ma poi chi lo fa crollare se di fatto in tanti ci si crede?), ) nell'arco di un anno, dieci anni, o quel che vuoi, la libertà di studio, l'autodeterminazione, della donna ma non solo, saranno davvero migliorate rispetto ad ora. Perché, che io sappia, il patriarcato è nato prima dello stato e pure delle leggi degli stati e pure dell'obbligo scolastico. Quindi se è lo stato con le sue sovrastrutture l'unico responsabile, non si capisce come mai esso esista da prima... comunque auguri anche a te ed alla tua illuminata ed assolutamente vera visione della via.

edmondo ha detto...

Anzitutto, se c'è qualcuno che deve dimostrare qualcosa è lo Stato, e non mi sembra che esso possa vantarsi di averci restituito pace, libertà, giustizia. Tutt'altro. In secondo luogo, ti fa difetto -e moltissimo- la conoscenza in merito alla nascita del patriarcato, che nasce proprio insieme allo Stato, con lo Stato, per lo Stato. In terzo luogo, nel precedente commento ti avevo dato degli esempi concreti di anarchia (quindi di pace vera, di giustizia vera, di libertà vera), ma capisco che non fa piacere informarsi. Riguardo alla scuola, sappiamo che la pedagogia libertaria fa fatti, non chiacchiere come la scuola tradizionale, quindi anche questi fatti sono prove palpabili. In ultimo luogo, vedo che, come a ragione pensavo, il senso dei tuoi commenti è solo quello di difendere l'indifendibile, lo status di servi e padroni, quindi attenzione quando ti presenti in un modo e poi ti riveli nel modo opposto, perché questo non fa altro che sottolineare la malafede di chi sostiene l'autoritarismo.

Telin (Admin AD*) ha detto...

fammi capire ciccio libertario,

quindi qui o si viene ad applaudire dicendo "bravi, avete ragione! tutto vero! dai, facciamolo!" oppure si è in malafede?

speriamo che il livello dei commenti salga.

ovviamente per ora mi asterrò dal continuare questo inutile parapiglia. se c'è qualcuno che vuole rispondere in maniera un po' meno dogmatica, ovviamente vi leggo.

edmondo ha detto...

Non è che si diventa in malafede quando non si fanno applausi, tutto il contrario, si è in malafede quando, come nel tuo caso, si vuol difendere qualcosa di indifendibile, quando mascheratamente si vogliono esaltare virtù che nella scuola di Stato non esistono, quando non si hanno argomenti che dimostrano la bontà di ciò che si vuol difendere, e quando si tenta abbastanza vilmente di entrare in una discussione con i toni di chi pretende prove, senza però fornirne alcuna a proprio vantaggio, e progredire nella discussione nell'evidente intenzione di denigrare ('speriamo che il livello dei commenti salga' -dici- e così dicendo pretendi di far credere che i commenti 'bassi' siano i miei). Un qualsiasi troll saprebbe apprezzare la tua tecnica (volontaria o involontaria che sia) che però, con me, non attacca. Io faccio fatti, e questi parlano per me. I dogmi sono i tuoi. Addio.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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