Secondo me, il razzista è anzitutto una persona che crede nell'esistenza di razze - classificate arbitrariamente in inferiori e superiori - tra i membri dell'umano consorzio. Solo in conseguenza di ciò il razzista potrà odiarne di volta in volta qualcuna sulla scorta di un pretesto qualsiasi fornitogli all'occorrenza da un'autorità in cui crede e da cui dipende intellettualmente e moralmente. Il razzista non ha un pensiero veramente autonomo, è una sorta di agente, è un automa che obbedisce a un'istruzione, a un comando esterno e violento, e al quale non sa dire di no, perché in fondo quell'ordine risponde a una sua paura, ma senza ovviamente mai placarla. A mio avviso il razzismo non è altro che la risposta illogica a una paura irrazionale, ma anche una risposta irrazionale a una paura illogica. In una situazione di conflitto per cause irragionevoli come nei casi di razzismo, io ci vedo tre parti in causa: una è l'aggressore, l'altra è l'aggredito, e poi c'è la parte che non si vede ma che ho già nominato, ed è l'autorità, quella che organizza da dietro le quinte e a volte anche dal proscenio, quella che decide quale cultura debba avere una società. Fra queste tre parti in causa la più violenta è certamente il regista, il mandante, l'autorità, il colonizzatore, l'unico individuo che trae vantaggio economico e di potere dal conflitto che egli genera. Se volessi analizzare bene la questione (alcuni lo hanno fatto prima e molto meglio di me, per esempio T. Adorno), scoprirei che in una qualsiasi comunità la parte meno violenta di tutte è proprio la vittima della violenza razzista.
Non si creda che tutto questo non c'entri con la scuola. Purtroppo c'entra eccome!