Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

L'aspettativa di vita è un inganno. E' sbagliato andare in pensione in base a questo criterio.

 


E'
massimamente sbagliato stabilire l'andata in pensione delle persone secondo il criterio dell'aspettativa di vita. 'Aspettativa di vita' non significa assolutamente niente, sia perché è un calcolo basato sull'aleatorietà di proiezioni fondate su ipotesi, sia perché è il solito inganno cagionato ai singoli individui dal principio matematico della 'media', che per sua natura non prende mai in considerazione le singolarità, ma concepisce soltanto masse di cose e persone. 

L'aspettativa di vita è uno squallido pretesto, uno strumento del Capitale pubblico e privato, è solo un'astrazione, un'ipotesi che pretende di avere una base scientifica. Ma qui non stiamo parlando di scatole di fagioli, stiamo parlando di essere umani e di singoli individui! Un individuo ha sue proprie caratteristiche, sue proprie esigenze e capacità psicofisiche. Se un individuo è stanco di lavorare a 50 anni, mandarlo in pensione agli attuali 67 anni è di una violenza inaudita! Cosa gliene importa a questo individuo se gli 'esperti' di regime hanno stabilito che l'età media delle persone si è alzata? Perché questo individuo dovrebbe adattarsi a una media? Sarebbe come dire che, siccome il consumo di pasta nel mondo aumenta di anno in anno, ognuno di noi dovrebbe adattarsi e, di conseguenza, aumentare proporzionalmente la quantità di pasta da mangiare ogni giorno, obbligatoriamente. Assurdo e violento, no? Eppure, è con questo criterio che lo stato ragiona, ma solo quando questo criterio conviene alla classe governativa al servizio dello stato. 

Intanto, possiamo anche notare che le statistiche di questi 'esperti' della schiavitù globalizzata sono in contraddizione tra di loro, contraddicono il loro stesso principio, perché vi sono amministrazioni statuali, come ad esempio la Francia, in cui l'andata in pensione è attualmente di ben 5 anni inferiore alla nostra. Se quindi in Francia gli 'esperti' hanno stabilito che una persona a 62 anni deve essere messa a riposo, se cioè non è più ritenuta in grado di svolgere al meglio la sua mansione, non si capisce perché da noi invece un anziano di 67 anni (presto 68, ahinoi) è considerato ancora abilissimo alla schiavitù. Siamo forse fisicamente più forti dei francesi? O semplicemente più educati (leggi 'stupidi'), dato che non siamo neanche in grado di opporci ai governi come invece stanno facendo proprio i francesi in questi giorni/mesi? 

Ad ogni modo, come dicevo, il discorso posto nei termini dell'aspettativa di vita è profondamente sbagliato, ingiusto e violento; è di un cinismo che solo l'amministrazione burocratica dello stato può concepire. Anche un animale da soma, direi, anche uno schiavo umano avrebbe il diritto di lavorare secondo le proprie effettive e individuali capacità, e non secondo un'ipotesi matematica stilata in base a delle proiezioni aleatorie di massa. Ecco perché ritengo che persino le lodevoli lotte dei francesi di questi ultimi tempi contro l'innalzamento dell'età pensionabile a 64 anni non colgono il centro preciso della questione, anche se sono doverosissime ed esemplari. Ad avercene anche da noi! Dovremmo però cercare di ragionare diversamente dal consueto, considerarci davvero unici, particolari - come infatti siamo, per natura! - non incasellabili, non computabili nei loro opportunisti calcoli massificanti burocratici, e mandare al macero questo sistema fondato sulla schiavitù lavorativa una volta per tutte, nel modo più naturale e incruento possibile, cioè non insegnando la nostra cultura ai bambini. La descolarizzazione è la nostra unica salvezza.

Nessun commento:

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

Lettori fissi