Per potersi perpetuare, il sistema deve -tra le altre cose- fornire ad ogni persona una dottrina ben precisa elargita sottoforma di bagaglio culturale in grado di far percepire ad ognuno, fin dai primi anni di vita, una propria presunta colpevolezza, una propria presunta cattiveria innata, sì da far giustificare l'esistenza di agenti esterni moralizzatori, governativi, punitivi, correttivi. A questo scopo, sia lo Stato, sia la Chiesa, hanno messo in opera un circolo vizioso molto efficace che posso riassumere in questo modo: mi si corregge, dunque sono cattivo; sono cattivo, dunque mi si deve correggere. Anche su questa base decisamente perversa e pretestuosa poggia la falsa convinzione secondo cui l'essere umano nasca cattivo, convinzione infondata e peraltro smontata da molto tempo anche attraverso i fatti, oltre che viziata da un'evidente superficialità. L'idea di punire un bambino, di adattarlo a un tipo preciso di ambiente per mezzo di coercizioni e ricatti, ricalca dunque ciò che la nostra società apprende di continuo sulla base della presunzione della cattiveria innata degli uomini. E' per questo motivo che il sistema teme la diffusione dei testi che smontano la tesi lorenziana sulla presunta aggressività biologica degli esseri umani, combattendo al contempo questi testi laddove riescono a trovare uno spiraglio per emergere.
Non voglio dire tout-court che l'essere umano nasca buono facendo di questa affermazione un assoluto, cadrei nell'errore di quelli che affermano il contrario, dico invece che che l'essere umano, essendo un animale sociale, nasce anzitutto solidale, cooperativo. Non è poco di fronte ad un sistema culturale che ci costringe pretestuosamente alla competizione feroce in ogni piccolo anfratto del nostro tipo di società, vissuta e/o rappresentata. E non è poco neppure di fronte al significato profondo che questa innata solidarietà porta con sé, la quale infatti designa un senso morale che preesiste a una qualsiasi organizzazione sociale, e che afferma anche una precisa capacità logica neonatale (Alison Gopnik e Sarah Gurcel).
Oggi noi sappiamo anche attraverso studi recenti compiuti in Québec che il senso morale del bambino è innato, portatore di un profondo senso di giustizia e di espressione empatica fin dai suoi primi giorni di vita. Proprio come gli animali non umani che non si esprimono attraverso un linguaggio a noi comprensibile, anche il neonato è impossibilitato a manifestare questi suoi sensi e sentimenti attraverso i nostri codici verbali, eppure quei sentimenti e quei sensi li ha. Quelli che profittano di tutti gli esseri viventi non parlanti, in quanto non parlanti, modificando il loro progetto naturale di vita per avvantaggiarsene, sono di fatto dei criminali, ma questo è un inciso personale che voglio fare qui. Di certo non si può sorvolare di fronte a un bambino piccolissimo, quindi non ancora scolarizzato, che si muove a compassione vedendo qualcun altro soffrire: quale morale, quale empatia lo ha spinto se non la propria, naturale, e di nessun altro? Quale senso di giustizia se non il proprio, naturale, e di nessun altro? E non si può neppure sorvolare sugli scopi distruttivi di un continuo processo correttivo dato da una morale esterna che viene imposta ormai per mezzo della stessa società già culturalmente modificata che aliena la natura dei suoi componenti. Siamo da molto tempo di fronte a una società composta da quelli che io definisco OCM, cioè Organismi Culturalmente Modificati, in grado di modificarsi da soli in funzione degli scopi del sistema. Anche le scuole sono contenitori istituzionali in cui la natura dell'essere umano viene modificata culturalmente, e fanno parte dei numerosi agenti moralizzatori, governativi, punitivi, correttori, che mettono in opera quel circolo vizioso di cui sopra e che ancora ripeto: mi si corregge, dunque sono cattivo; sono cattivo, dunque mi si deve correggere.
Quello del progetto culturale (colonizzazione) di quanti hanno voluto questo tipo di società autopoieticamente violenta, competitiva e autoritaria, è un capitolo enorme che non apro qui, anche perché è stato trattato altrove e da altri in maniera migliore di quanto possa fare io. E' ovvio che si stava meglio prima dell'imposizione dello Stato. Ma non cerchiamo questi temi a scuola o in tv, sarebbe velleitario e ingenuo. In questo senso, credo valga la pena ricordare, tra gli altri, il lavoro di Alice Miller, la quale ha dimostrato che la violenza espressa politicamente nasce da individui che hanno avuto un'infanzia distrutta dalla violenza dei genitori e degli educatori. E non si parla solo di violenza palpabile, cioè quella che la massa vede e addita, ma soprattutto di violenza culturale e strutturale, quella che non si vede, quella che -a parte gli anarchici e qualcun altro- nessuno addita, ma che fa esplodere la violenza che tutti vedono (Johan Galtung). E val la pena anche riferirsi al lavoro di Marshall Sahlins che sul dualismo natura-cultura ha insistito parecchio, rivelando 'Un grosso sbaglio' in cui siamo caduti, smantellando dentro e fuori l'Università di Chicago convenzioni e pregiudizi duri a morire, fino a ribellarsi ad essi presentando le sue dimissioni dall'Accademia nazionale delle scienze in USA, collaboratrice dell'esercito americano nelle ricerche condotte nelle aree di guerra.
Ritornano le parole di Giorgio Gaber: 'non insegnate ai bambini la vostra morale...' e, aggiungo io, al fine di non avere più OCM che riproducono questo tipo di società.
Non voglio dire tout-court che l'essere umano nasca buono facendo di questa affermazione un assoluto, cadrei nell'errore di quelli che affermano il contrario, dico invece che che l'essere umano, essendo un animale sociale, nasce anzitutto solidale, cooperativo. Non è poco di fronte ad un sistema culturale che ci costringe pretestuosamente alla competizione feroce in ogni piccolo anfratto del nostro tipo di società, vissuta e/o rappresentata. E non è poco neppure di fronte al significato profondo che questa innata solidarietà porta con sé, la quale infatti designa un senso morale che preesiste a una qualsiasi organizzazione sociale, e che afferma anche una precisa capacità logica neonatale (Alison Gopnik e Sarah Gurcel).
Oggi noi sappiamo anche attraverso studi recenti compiuti in Québec che il senso morale del bambino è innato, portatore di un profondo senso di giustizia e di espressione empatica fin dai suoi primi giorni di vita. Proprio come gli animali non umani che non si esprimono attraverso un linguaggio a noi comprensibile, anche il neonato è impossibilitato a manifestare questi suoi sensi e sentimenti attraverso i nostri codici verbali, eppure quei sentimenti e quei sensi li ha. Quelli che profittano di tutti gli esseri viventi non parlanti, in quanto non parlanti, modificando il loro progetto naturale di vita per avvantaggiarsene, sono di fatto dei criminali, ma questo è un inciso personale che voglio fare qui. Di certo non si può sorvolare di fronte a un bambino piccolissimo, quindi non ancora scolarizzato, che si muove a compassione vedendo qualcun altro soffrire: quale morale, quale empatia lo ha spinto se non la propria, naturale, e di nessun altro? Quale senso di giustizia se non il proprio, naturale, e di nessun altro? E non si può neppure sorvolare sugli scopi distruttivi di un continuo processo correttivo dato da una morale esterna che viene imposta ormai per mezzo della stessa società già culturalmente modificata che aliena la natura dei suoi componenti. Siamo da molto tempo di fronte a una società composta da quelli che io definisco OCM, cioè Organismi Culturalmente Modificati, in grado di modificarsi da soli in funzione degli scopi del sistema. Anche le scuole sono contenitori istituzionali in cui la natura dell'essere umano viene modificata culturalmente, e fanno parte dei numerosi agenti moralizzatori, governativi, punitivi, correttori, che mettono in opera quel circolo vizioso di cui sopra e che ancora ripeto: mi si corregge, dunque sono cattivo; sono cattivo, dunque mi si deve correggere.
Quello del progetto culturale (colonizzazione) di quanti hanno voluto questo tipo di società autopoieticamente violenta, competitiva e autoritaria, è un capitolo enorme che non apro qui, anche perché è stato trattato altrove e da altri in maniera migliore di quanto possa fare io. E' ovvio che si stava meglio prima dell'imposizione dello Stato. Ma non cerchiamo questi temi a scuola o in tv, sarebbe velleitario e ingenuo. In questo senso, credo valga la pena ricordare, tra gli altri, il lavoro di Alice Miller, la quale ha dimostrato che la violenza espressa politicamente nasce da individui che hanno avuto un'infanzia distrutta dalla violenza dei genitori e degli educatori. E non si parla solo di violenza palpabile, cioè quella che la massa vede e addita, ma soprattutto di violenza culturale e strutturale, quella che non si vede, quella che -a parte gli anarchici e qualcun altro- nessuno addita, ma che fa esplodere la violenza che tutti vedono (Johan Galtung). E val la pena anche riferirsi al lavoro di Marshall Sahlins che sul dualismo natura-cultura ha insistito parecchio, rivelando 'Un grosso sbaglio' in cui siamo caduti, smantellando dentro e fuori l'Università di Chicago convenzioni e pregiudizi duri a morire, fino a ribellarsi ad essi presentando le sue dimissioni dall'Accademia nazionale delle scienze in USA, collaboratrice dell'esercito americano nelle ricerche condotte nelle aree di guerra.
Ritornano le parole di Giorgio Gaber: 'non insegnate ai bambini la vostra morale...' e, aggiungo io, al fine di non avere più OCM che riproducono questo tipo di società.
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