Una citazione al giorno

Una citazione al giorno - L’unico metodo di istruzione è nell’esperimento e l’unico criterio pedagogico è la libertà (L. Tolstoj)
Data Rivoluzionaria

Manifestazioni per la pace? Ancora? E quale pace?

 E adesso, tutti i sostenitori dello stato, cioè tutti coloro che hanno sempre accusato gli anarchici di essere degli utopisti, dei sognatori, quando non dei terroristi e chi più ne ha più ne metta, dovranno ammettere, se ne hanno il coraggio, che i loro bei discorsi sulla pace e sull'amore fra i popoli garantiti dalla loro 'civiltà statuale' non erano soltanto delle falsità e anche piuttosto palesi, ma anche tutta una serie di frasi fatte, una vera dottrina religiosa, un catalogo di locuzioni retoriche tirate fuori alla bisogna. Che la pace sia impossibile da raggiungere attraverso lo stato, questo, i sopracitati, non lo ammetteranno mai! Infatti, proprio in questi giorni, stiamo assistendo a uno spettacolo mediatico indecoroso, miserevole, deprimente e imbarazzante, quello dove intellettuali e giornalisti, arrampicandosi sugli specchi, fanno a gara, con l'uso esagerato della retorica propagandistica, a chi nasconde meglio la verità, quella che dice palesemente che lo stato non è altro che un'organizzazione militare e non può fare a meno delle sue  care armi e delle guerre.

In tv e altrove non vediamo altro che cicisbei di stato, vassalli di regime, che non sanno più come fare per dire, nonostante l'evidenza, che la pace è una bella cosa, ma alla fine dobbiamo usare sempre le bombe, e i nostri arsenali devono essere sempre pieni e pronti. Pronti a cosa? Ovviamente pronti alla difesa da qualche attacco. Attacco da parte di chi? Degli anarchici o degli altri stati? La risposta è ovvia, e smentisce tutta la loro propaganda, ed eccola qui la risposta: lo stato, in qualunque modo lo si voglia aggettivare, e nonostante tutte le manifestazioni per la pace, è sempre guerra. E' questa la verità che si tende a nascondere, che non si può ammettere. Una tale ipocrisia da parte dei suddetti vassalli riassume perfettamente il carattere di un sistema organizzativo che si fonda sulla cultura della competizione e del disciplinamento, che è quella che viene inculcata a tutti i bambini attraverso l'addestramento scolastico prima, e il proseguimento di quell'addestramento nella società scolarizzata dopo. 

I popoli, le persone ancora sane di mente, non vogliono la guerra, vogliono la pace, quella totale, la attendono da 5000 anni, ma non hanno capito che devono prendersela, come la libertà, ma senza delegare a chi dice loro 'ghe pensi mi'! Infatti le persone, i popoli oppressi, non potranno mai ottenere la pace, e nemmeno la libertà e la giustizia, finché continueranno a credere e sperare in questo sistema oppressivo chiamato 'status', finché crederanno nei governi, nelle loro promesse. Avete mai visto un governo rinunciare all'esercito o alle spese militari? Parliamo dei tagli alla sanità? Quelli sì che li fanno, eccome! Insomma, al di là della retorica pacifinta, tutti sanno che questo è un sistema violento e guerrafondaio di cui sbarazzarci, ma è difficile ammetterlo perché lo stato è come la religione, è una religione a cui si crede per fede, cioè a prescindere, per cultura assorbita! Liberiamo i bambini dalla scuola e dalla cultura competitiva con cui vengono allevati. Liberiamo i bambini dal loro obbligo di dover essere, dover fare, dover dire, dover pensare...e avremo finalmente un mondo diverso, giusto, libero! 'Giro giro tondo, cambia il mondo', canta Gaber! E' l'unica via! Viva la controcultura!


Il motivo della rinascita del fascismo nel mondo civilizzato

 

Negli anni che seguirono la fine della Seconda guerra mondiale, alcuni intellettuali, riunitisi già negli anni '20 del XX secolo, potenziarono i loro studi in merito ai motivi socioculturali che, anche in quegli anni, stavano producendo guerre e dittature. Com'è possibile che un tipo di società come la nostra, debitamente acculturata*, civilizzata*, possa far maturare personalità autoritarie e mostruose come quella di Hitler? E com'è possibile che masse di persone possano annullare la loro coscienza per sottomettersi al volere di queste personalità? Perché il razzismo? Eccetera. Venne quindi a formarsi la famosa Scuola di Francoforte
Gli studi condussero a delle risposte - famoso è il saggio di Theodor W. Adorno su 'La personalità autoritaria' - ma stando ai fatti, inequivocabili, il tema rimane ancora purtroppo attuale e inevaso. E' allora questa, secondo noi, la domanda che oggi dovremmo tutti porci: come mai, nonostante le risposte già date, nonostante l'esperienza storica, nonostante tutto il sapere che sappiamo, siamo di fronte a un escalation del nazifascismo nel mondo civilizzato? 
Eppure, la Scuola di Francoforte sembrava avesse analizzato proprio tutto. Sembrava, appunto. I fautori di quel consesso non avevano considerato l'elemento chiave, cioè quel fattore educativo capace di trasformare una persona autodeterminata, come lo è un bambino, in un perfetto adulto adattato, un produttore ubbidiente e remissivo, un seguace e adoratore di chiunque si presenti autoritariamente a lui come suo padrone. Quell'elemento non venne preso in considerazione, colpevolmente, tant'è vero che quegli intellettuali se lo adottarono persino per denominare il loro atto costitutivo: scuola. Quale errore!
Ancora oggi, nonostante l'individuazione dell'elemento chiave da parte di vari intellettuali (anarchici e non) che risiede nell'azione pedagogica direttiva - massimamente quella appunto della Scuola - esistono resistenze mentali fortemente dogmatiche che impediscono di accettare la realtà dei fatti e finalmente di additare la scuola come IL problema, come il luogo deputato alla (de)formazione delle coscienze, la palestra dove fare 'ginnastica d'obbedienza', come diceva giustamente Fabrizio De Andrè
Non è un caso se nessuno degli intellettuali prezzolati (pedagogisti in testa) si sia mai prodigato nell'analisi profonda e onesta degli effetti che l'azione reclusivo-coercitiva della scuola produce sulle personalità ancora in formazione come quelle dei bambini. Se lo facessero, si accorgerebbero anche loro che quegli effetti, frutto dell'obbligo di anni e anni passati tra i banchi, tradotti in migliaia di ore di ubbidienza all'autorità e reclusione forzata, conditi da paura costante e ansia da competizione, sono incredibilmente devastanti per un bambino, profondamente disumani, formativi in senso autoritario e, alla fine, non farebbero altro che darci la risposta veramente giusta riguardo al motivo per cui il mondo produce ancora oggi fascismo. 
I bambini non nascono fascisti, tutto il contrario! Il fascismo è un fatto culturale, di un tipo preciso di cultura, la nostra! E se il lettore adesso sente l'istinto di difendere la scuola (e di conseguenza il sistema) adducendo i suoi soliti luoghi comuni che hanno sempre lasciato il tempo trovato, lo invitiamo a liberarsene, magari cominciando da QUESTO e gli diciamo: ma se fossero bastati i vostri cinque o sei luoghi comuni per spiegare il fatto sociale e antropologico, pensate che migliaia di tonnellate di libri sulla questione sarebbero stati scritti o che migliaia di intellettuali avrebbero speso tutta la loro vita nei loro studi in questo campo?

* Parole come cultura e civilizzazione, così come molte altre, dovrebbero essere considerate in modo diverso, opposto a quello che comunemente ci hanno insegnato a pensare. Cultura (quale tipo di cultura? Specificare sempre). Civilizzazione (che cosa ha prodotto la civilizzazione e cosa ancora produce?). Riforma (se un male continua a insistere, è giusto ri-formarlo o dobbiamo eliminarlo?). Eccetera, eccetera. Mettere insomma tutto in discussione e abolire la scuola.

L'essere umano nasce cattivo?

 

'Vedo in giro tanta violenza, l'essere umano è così, nasce cattivo'. Quanto c'è di vero in questa affermazione? Ci concederemo una sintesi estrema per rispondere. 
Dovremo anzitutto constatare che le violenze perpetrate dalle persone che hanno ricevuto un potere, e specialmente quelle che esercitano quel potere nel nome della legge, sono violenze enormemente superiori ed estese a quelle che potrebbero commettere se il potere non lo avessero, ammesso che commetterebbero ancora delle violenze. 
La violenza che affligge il mondo statualizzato da circa 5000 anni non è infatti data dalla cosiddetta 'natura umana cattiva' (come ancora qualcuno si ostina a pensare che sia, nonostante questa convinzione sia stata smantellata già da molto tempo), ma è data sia dal possesso legalizzato di un potere da parte di qualcuno - e più grande è il potere, ad esempio quella di un governo, più estesa è la violenza - sia dalle varie appartenenze ideologico-dogmatiche che fanno dell'individuo un elemento qualunque e brutale del branco, un anonimo assoggettato/adattato incapace di pensarsi libero, e che vede nella libertà propria e altrui un attentato all'integrità del mondo. Se una persona singola ha un potenziale di violenza proporzionato al suo essere singola (potenziale affrontabile da altri singoli), nella società statuale la cosa cambia radicalmente, e abbiamo persino due livelli di violenza, quella che discende dal legislatore con la sua legge (non più affrontabile dai singoli), e quella esercitata dal branco nei confronti di tutti i nemici 'pari-grado'; e a decidere chi sia il nemico di turno sono il legislatore, una morale costruita, una ideologia, una religione, e questo insieme di cose che diventano cultura
Se all'interno del branco (dalla patria-famiglia, alla patria-nazione) esistono persone che mettono in dubbio tutto l'apparato culturale su cui poggia questo sistema di violenze, queste persone diventano per il branco nemiche da combattere, ed ecco ancora emergere una violenza dal basso. E poiché il branco sociale è diviso in mille altri modi diversi, le mille altre categorie formate anche per colpa degli effetti della scuola sulla società non possono che dare origine a odii, dissidii e conseguenti altre violenze. 
Ecco in breve il motivo per cui esiste ancora qualcuno che, ignorando il ragionamento e navigando sempre nel mare della banalità o del luogo comune, dice sempre: 'io vedo tanta violenza in giro, vuol dire che l'essere umano è fatto così'. Come scriveva anche Erich Fromm che su questi temi ha scritto abbastanza, l'uomo è potenzialmente molto più violento delle bestie feroci, è vero, ma la sua enorme distruttività è dovuta a un costrutto sociale specifico, non alla sua biologia. E tutto nasce dal concetto di potere, che dovrebbe essere abolito, non conquistato. 'Chi ha il potere è automaticamente pericoloso', dice un vecchio motto anarchico. E' così! 
Esistono popoli ancora liberi e felici che isolano immediatamente quei singoli che, all'interno della loro comunità, vorrebbero ergersi a padroni di qualcuno o qualcosa. Ci sono popoli evidentemente non scolarizzati, quindi ancora intelligenti e umani, che capiscono la gravità del potere in sé e il pericolo mostruoso della creazione di capi o padroni. C'è da imparare. O da reimparare.

La banalità dell'Intelligenza Artificiale

Vi parlo di un'attività personale, ancorché effimera e ludica, perché penso sia utile in questo caso diffondere l'esperienza vissuta. Sto interrogando da giorni la cosiddetta 'Intelligenza Artificiale' per capire, capirla, prevederla, sondarla e scoprire - ed ho scoperto - come in realtà non sia altro che un potenziamento del sistema di comunicazione, in termini di velocità, relativa a una cultura specifica, la nostra, la stessa cultura che da 5000 anni sta conducendo l'umanità alla sua estinzione precoce. 
Quello che ho scoperto, in estrema sintesi, è che sui temi cari alla massa conformata la cosiddetta IA è insuperabile, fenomenale, risponde quasi bene a tutto (dico 'quasi' perché ci sarebbe da dire anche sul modo inutilmente ridondante con cui risponde), mentre se l'argomento è quel grande e complesso àmbito filosofico, politico, sociologico e antropologico che è l'anarchia, noto come questa IA cada in sterili semplificazioni e contraddizioni; insomma, risponde in modo superficiale, banale, stereotipato, proprio come se stessi discutendo con una persona che di anarchia sa ripetere soltanto tutti i luoghi comuni a essa colpevolmente riferiti e diffusi dall'ignoranza collettiva scolasticizzata. Anche se sollecitata a fare di più, a entrare nel merito di precisi argomenti o distinti pensatori, ad esempio sui libri di Proudhon, questa IA, una volta messa alle strette, commenta anzitutto così: 'effettivamente è come dici tu...', ricadendo però subito dopo nei soliti luoghi comuni. Se la correggo e ricorreggo mille volte, accade esattamente come prima: 'hai ragione, effettivamente è come dici tu...', ma continua a riportare il discorso sul campo dello stereotipo, sul pensiero unico. 
L'IA non acquisisce alcuna nuova conoscenza, né ne produce, ma propina le stesse cose, rielaborate, rimescolate, con una ridondanza direi persino stucchevole per i miei gusti. Quindi posso dire questo, associandomi a quanto dice anche Chomsky: la cosiddetta IA non è affatto un'intelligenza, ma un grande archivio di cose già date, già conosciute e codificate, quindi risponde solo in base a ciò che il sistema ha sempre voluto che la massa conoscesse. La differenza con quanto succedeva fino a qualche anno fa risiede nel fattore-tempo: se prima impiegavi qualche giorno nel fare una semplice ricerca sui libri avallati dalla cultura dominante, con l'IA ottieni le stesse risposte di prima, proprio identiche, ma le ottieni subito. 
E oltre a tutto quello che si potrebbe dire e che è stato già detto altrove intorno al 'pericolo IA' (ad esempio che è da sempre in mano alle forze militari o che è una tecnologia incredibilmente energivora), alcuni ricercatori puristi o filosofi come Ivan Illich potrebbero - a mio avviso con diritto - sostenere che con l'IA sparisce anche il gusto della ricerca fatta di biblioteche, archivi, schedari, appuntamenti, spostamenti, esplorazioni, interviste... che sono anche fonte di conoscenze, relazioni, convivialità... in una parola, di umanità! Se posso farvi un invito, è questo: riguardo a certi temi come l'anarchia, è sicuramente cosa utile e buona leggere direttamente i testi dei suoi pensatori, senza alcuna mediazione; di quei testi la rete e le biblioteche sono fornite. Fate dunque delle belle ricerche, ma di quelle vere, gratificanti e umane!

Ex-ducere e altre fandonie

 

 Dobbiamo dir questo: fin da piccoli veniamo bombardati da un'insulsa retorica che prende le forme più varie. Quella scolastica è la più disgustosa, la più umiliante per il genere umano, proprio perché inganna gli spiriti più innocenti - i bambini - e racconta loro molte falsità alle quali poi crederanno tutta la vita. La scuola emancipa? Neanche per sogno, fa proprio l'opposto! La scuola sviluppa lo spirito critico? Sciocchezza, basta guardarsi intorno! Bisognerebbe iniziare a compiere un'immensa opera di smantellamento della retorica e dei luoghi comuni; la scuola e il suo mondo ne sono zeppi! 

Nel libro 'Perché dobbiamo abolire la scuola' ci sono ben due capitoli - su 18 totali - dedicati allo smantellamento degli automatismi mentali riguardanti il sistema di istruzione nazionale (pubblico o privato che sia, il 'programma occulto' è il medesimo). Come si fa a smantellare? In verità è molto semplice: si guarda alla realtà, ai fatti, che sono inoppugnabili. Ci vuol coraggio? Più che altro ci vuole la buona volontà di smascherare il sistema e avere a cuore il vero senso della giustizia! Ancora oggi, moltissimi adulti scolarizzati sono convinti - potenza della retorica, appunto! - che, poiché la parola 'educare' proviene da ex-ducere ('condurre fuori'), la scuola farebbe proprio questo, ma intendendolo nel senso più positivo e cioè tirar fuori dai fanciulli il meglio che hanno dentro. Ovviamente, la realtà e i fatti ci parlano di tutt'altro! L'umanità deve ringraziare un'infinità di autodidatti e analfabeti se ha fatto progressi in moltissimi campi. Si parla anche di questo, nel libro, con alcuni clamorosi esempi, a testimonianza del fatto che l'intelligenza non ha bisogno di scuole e pedagoghi. 

Coloro che sono ancora affezionati alla parola 'educazione' quale sostantivo a preludio di paradisi sociali e rivoluzioni liberatrici, dovrebbero, secondo noi, ravvedersi e cominciare a credere che sì, è vero, educare significa letteralmente tirar fuori, ma tirar fuori che cosa? a guardare la realtà, tutto il peggio che un essere umano tiene dentro come potenziale distruttivo e fascistoide: competizione, voglia di rivalsa, idea di vendetta e legge del taglione come strumento di risoluzione dei problemi, concetto di nemico e di confine, concezione gerarchica della società, convinzione di essere i migliori 'rispetto a', nazionalismo, volontà di aggregarsi alle maggioranze e, quindi, a un pensiero unico dominante, credere che senza capi e maestri non si possa vivere, patriottismo nazionale, desiderare leggi calate dall'alto... Chi non ha queste convinzioni? Quasi tutti ce l'hanno! E dove pensano di averle imparate? Davvero costoro credono ancora che, di fronte all'azione nascosta e deleteria della scuola messa in atto dai suoi stessi meccanismi e in cui credono ciecamente i docenti, sia sufficiente fare la predica nelle classi-celle dicendo a quelle povere vittime inconsapevoli destinate allo sfruttamento che 'siamo tutti fratelli e sorelle e dobbiamo volerci bene e fare gli educati' per salvare il mondo da noi stessi così tremendamente scolarizzati? Beh, non è così, ce lo raccontano i fatti! Questo e molto altro nel libro. Regalatevelo per natale. CLICCATE QUI


Gli schiavi non devono pensare, devono solo marciare e marcire!

 

 Lo stato non ha mai incoraggiato i giovani a trascorrere il loro tempo libero a pensare in autonomia, non ha mai fatto propaganda allo stare fermi a riflettere e fantasticare, che è un'attività eminentemente intellettuale, creativa. Al contrario, lo stato ha sempre spinto le nuove generazioni all'attività antiriflessiva, muscolare, frenetica, sportiva, competitiva. 
Lo stato, attraverso i suoi funzionari scolastici e sociali (massa scolarizzata e istruita a dovere), elargisce al figlio/studente delle dottrine e delle morali nemiche dell'introspezione creativa, e gli dice: 
'Ragazzino, che fai in un angolo, muto? Attento che chiamo lo psicologo! Andiamo! là fuori c'è una vita di competizione, di produzione e consumo, quella è la realtà, unisciti alla massa in moto, non sognare, se ti fermi sei perduto, devi adattarti alla gara, non essere diverso dagli altri, non vedi come lavorano, lavorano, lavorano..? Non vedi anche quegli altri? Quali altri? Quelli che corrono lo stesso perché non hanno un lavoro e devono trovarlo per campare? Quella è gente responsabile, non tu! Non pensare, figliolo, iscriviti in palestra, gioca a calcio, fai karate, pallacanestro, gare di tuffi, atletica, pugilato. Fai vedere quanto sei forte! Fai tutti i corsi che ti propongono i miei insegnanti, così avrai dei crediti a scuola e alla fine ti dichiarerò maturo! Ma se proprio vuoi stare fermo e pensare, fallo solo per strategia militare, per battere un avversario, puoi quindi iscriverti a dei campionati di scacchi, usa la tua fantasia solo in funzione del conflitto e per vincere una medaglia, te la dò volentieri, sai? Oppure puoi pensare nel modo che voglio io, con ciò che voglio io, perciò ti fornirò i miei libri, i miei filosofi, ben inteso solo quelli che alla fine ti conducono sempre a me e a questa società, non un'altra. Ma non pensare per conto tuo al tuo essere, ai tuoi desideri più reconditi, non riflettere in autonomia, non trovare altre soluzioni, non inventare nuovi mondi e nuove possibilità. Sii serio e rinnega l'utopia! Se ti fermi a pensare significa che ozi, e io cosa ti ho sempre insegnato? Ti ho sempre insegnato che l'ozio è il padre dei vizi, e tu non dovrai mai scoprire che l'ozio è invece una santa virtù. L'ozio è rivoluzionario, risveglia il bisogno di libertà, ti allontana dalla società dei padroni... Rifuggi il pensiero e avanti marsh! Unò, duè, unò, duè.. Produrre, produrre!'

L'epoca del radicalismo scolastico, la scolacrazia e le sue vittime.


 La scuola produce nel popolo scolarizzato un fortissimo senso di devozione a essa, mille volte superiore al senso di appartenenza ecclesiastica che le teocrazie infondono nei loro fedeli servitori fin dall'età infantile. Stiamo inconsapevolmente vivendo nell'epoca di un mostruoso radicalismo scolastico, in un fideismo pericolosissimo. Ce ne possiamo accorgere attraverso le reazioni della folla, quando, di fronte all'evidenza scientifica di una scuola (che sia tradizionale o progressista, pubblica o privata, ortodossa o riformata...) che dimostra di creare una società tossica come la nostra, piena zeppa di coscienze asservite, massificate, violente, pronte solo all'obbedienza e alla produzione industriale-militare, questa folla reagisce con impeto virile a voler trovare - riuscendoci - qualsiasi pretesto pur di negare quell'evidenza scientifica e dare così la colpa a qualsiasi altra cosa, anche la più risibile e contraddittoria. Ad esempio, le reazioni degli scolarizzati in merito alle evidenze descritte in sintesi anche da Carl Sagan circa i danni cagionati dalla scuola e pubblicate recentemente sulla nostra pagina facebook, dimostrano proprio questo preoccupante fideismo, un asservimento generale dei cervelli nei confronti della scuola in quanto tale. Dice Carl Sagan:

'Se andate a parlare con i bambini dell'asilo o della prima elementare, troverete classi piene di appassionati di scienza. Fanno domande profonde. Chiedono: 'cos'è un sogno, perché abbiamo le dita dei piedi, perché la luna è rotonda, qual è il compleanno del mondo, perché l'erba è verde? Sono domande profonde e importanti. Vengono fuori da sole. Se andate a parlare ai ragazzi dell'ultimo anno delle superiori, non c'è nulla di tutto questo. Non sono più curiosi. Tra l'asilo e l'ultimo anno delle superiori è successo qualcosa di terribile'

E' evidente che la 'cosa terribile' di cui parla Sagan è la scuola stessa, ma questa evidenza non può essere ammessa dai devoti fondamentalisti della scuola, che intraprendono così la loro battaglia a sua difesa. La cosa oltremodo preoccupante è che la difesa, da parte di questo popolo cieco e iniziato fin da bambino alla devozione scolastica, viene attuata molto spesso inconsapevolmente, ormai come un automatismo mentale: è un riflesso condizionato pavloviano. E che cosa dice, di solito, questo popolo ferocemente in soccorso della scuola in quanto tale?  

  • E' questo tipo di scuola che non va bene.
  • La colpa è dei professori.
  • E' un problema di oggi, una volta non era così.
  • Sì, ma dipende.
  • La scuola italiana è da cambiare.
  • La scuola ha fatto anche cose buone.
  • La mia esperienza è positiva.
  • Sì, però Einstein...

Eccetera, eccetera. 

Tutte queste affermazioni, e molte altre (il campionario è vasto), non rivelano altro che una tenace devozione nei riguardi di una macchina concepita per lo sterminio delle coscienze e delle intelligenze quale è la scuola. Einstein, mente profonda, è poi uno di quelli da non prendere proprio in considerazione se si vuol perorare la causa della chiesa-scuola (nella nostra pagina facebook sono state pubblicate sue dichiarazioni in merito alla scuola, non c'è che da informarsi prima di cadere nel luogo comune o nello stereotipo; atteggiamento, questo, che proviene proprio da una formazione scolastica) e se la cavava anche male in matematica, finché è stato a scuola. 

Il cervello, per funzionare bene, ha bisogno di libertà, di autonomia individuale, di autodeterminazione, di ambienti non gerarchizzati o coercitivi, di tutte quelle cose che la scuola distrugge scientemente, che lo vogliano o no i docenti, che ne siano consapevoli o no, che facciano i rivoluzionari o i conservatori. I lettori possono spulciare tra i nostri post della pagina facebook e scoprire che il mondo è andato avanti per merito di grandi inventori autodidatti o di quelli che, malgrado l'azione devastante della scuola, sono riusciti a salvare la propria creatività, o di quelli che la scuola hanno potuto abbandonarla ancora da bambini. Davvero si pensa che il sistema metta in campo la scuola, per giunta con obbligo di istruzione, per emancipare le masse produttrici e liberarle dal sistema stesso? Di fronte a questa credenza c'è chi ride per non piangere.

E' gravissima questa coriacea e cieca fidelizzazione sacrale alla scuola da parte della massa, ma è proprio questo il segno irrecusabile del fatto che la scuola, in quanto istituzione che pone come fine se stessa, abbia svolto fino a oggi un lavoro eccellentissimo. E di certo, dato il suo prodotto sociale, continuerà a svolgerlo sempre più serenamente. Non è vero che 'la nostra scuola non funziona', come spesso sentiamo ripetere banalmente, in modo sbrigativo e onorando il consueto luogo comune e la volontà di difendere l'indifendibile: per gli scopi occulti - oggi assai meno occulti - che si è prefissa fin dalle sue origini istituzionali (vedi 'programma occulto' di Ivan Illich), la scuola funziona perfettamente e magnificamente, purtroppo! 

Il fine del potere è il potere. Il fine di un'istituzione è quell'istituzione. Il fine della scuola è la scuola, con tutto quello che ciò comporta in termini di addomesticamento e indottrinamento/manipolazione delle masse.

Consigli di lettura



Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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