Una citazione al giorno

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Data Rivoluzionaria

La fine della democrazia


 
Quello che i politologi e gli studiosi di democrazia sanno molto bene è il fatto che quest'ultima non ha mai garantito, da ben 25 secoli, una gestione umana della società. Alcuni di questi analisti affermano oggi - senza più sentire la necessità di nascondere la cosa - che la democrazia si caratterizza invece per un autoritarismo calcolato, voluto. Quello della libertà raggiunta attraverso la democrazia risulta (finalmente lo ammettono!) un mito, una favola, mera illusione. Peraltro, esperti di democrazia che rilasciano interviste alla radio nazionale (ascoltati poco fa - RaiRadio3) ammettono anche che la democrazia è moribonda e che una società può reggersi in modo umano e sostenibile utilizzando altre logiche, altre forme che non siano la democrazia. Ma non specificano quali. Quello che infatti questi esperti non osano ancora dichiarare apertamente è che la libertà e la giustizia tanto millantate dalla democrazia da fin troppo tempo possono essere raggiunte dall'anarchia, purché le masse si allontanino dalla cultura imperante e si accorgano finalmente, informandosi altrove che a scuola et sim., che l'anarchia è l'ordine senza l'autorità, non la trita serie di luoghi comuni o una promessa di terrore. Il terrore è adesso, lo è da circa 5000 anni, dall'invenzione dello stato.

La formula della convivenza tra uomini o tra gruppi di uomini all'insegna della libertà l'abbiamo già alla nascita; nulla di scritto sulla carta, è una questione biologica e di sopravvivenza, come ci insegnava già Kropotkin e successivamente antropologi e sociologi, è un istinto che si esplica e si articola in base ai contesti e ai tempi in cui i gruppi umani si trovano a vivere, purché esso venga assecondato e realizzato senza principio di dominio o di potere o di scale gerarchiche attive. Niente servi e niente padroni. 

Poiché è oggettivamente difficile - ma non impossibile - sbarazzarsi della nostra cultura fondata sul dogma della competizione e sul potere politico-economico-militare-religioso, è evidente e logico, mi pare, che l'indispensabile sia lasciare che i bambini non vengano influenzati da quella, ma che sviluppino completamente l'istinto di cooperazione e di libertà, quelle caratteristiche umane innate che non a caso l'istituzione scolastica distrugge sistematicamente, scientemente, ineluttabilmente, nonostante le buone intenzioni dei docenti, la maggior parte dei quali totalmente ignari del programma occulto della scuola e, di questo, esecutori/difensori agguerriti: i migliori alleati del sistema. Praticare dunque la libertà, senza soffocarla come fa la scuola e come vuole una società scolarizzata, è la strada più lungimirante da percorrere, certamente la risposta alla menzogna della dittatura democratica e di tutte le altre dittature.

Gli anarchici, i bambini e la scuola.

Gli anarchici hanno fiducia nell'individuo e nell'umanità. E' una fiducia rivolta all'individuo in quanto tale, cioè a un essere umano unico, irripetibile, il che significa credere a un essere umano non manipolato dall'esterno. Gli anarchici odiano la manipolazione, da qualunque parte essa arrivi e, a loro volta, ovviamente, non manipolano nessuno. E' una fiducia nell'individuo, quella anarchica, che concerne il nostro profondo, che sposta l'attenzione dalla competenza acquisita, a cui la nostra società aspira, alla potenzialità innata. Capite la differenza? Quella anarchica è una fiducia nei riguardi dell'essere umano inteso come l'espressione piena e viva della natura. L'essere umano non manipolato è in grado di soddisfare se stesso e, nel farlo, soddisfa e alimenta la natura, ne rispetta il ciclo vitale. 

Nessun anarchico potrebbe mai manipolare un bambino, quindi credere, ad esempio, come fa la massa, che un bambino è una specie di idiota o un sacco vuoto da riempire o un automa in cui inserire un programma per animarlo ed emanciparlo (un bambino nasce già libero e anarchico, non ha sovrastrutture, né dogmi e purulenze culturali, cos'altro desiderare?). Solo i preti, i politici e i pedagoghi - e ovviamente una società già indottrinata - pensano al bambino come a un essere da catturare e istruire obbligatoriamente per mezzo di qualche specialista, ancorché 'rivoluzionario', e di strutture istituzionali che sono sempre puntualmente istituzionalizzanti per loro natura. 

Ogni bambino è in realtà un germoglio unico che nasce possedendo già un'istruzione precisa data dalla natura, e con quella sua istruzione innata vorrebbe continuare a svilupparsi, ma la società nostra, questa, culturalmente deviata, non glielo permette. Nessun anarchico penserebbe mai di legare quello splendido e autonomo germoglio a un bastoncino per farlo crescere dritto. Quelli di 'dritto' o di 'giusto' o di 'bene' (così come i loro contrari) sono concetti assolutamente relativi e interessati, perciò nessuno, nemmeno un anarchico, può arrogarsi il diritto di decidere per il bambino che cosa sia 'dritto', 'giusto' o 'bene'. Questo gli anarchici lo sanno. E' coerente credere che parlare di 'educatore anarchico' sia un vero ossimoro.

Il bambino rappresenta e contiene tutta la meraviglia e la libertà che ci aspettiamo dal mondo che sogniamo, perché modificare il bambino a nostro piacimento? Lasciamo dunque in pace i bambini! La scuola è distruttiva, è un'istituzione totale e autoritaria, e non si riforma, non si cambia, si deve solo abolire. Se anche una scuola libertaria si comporta in modo da catturare i bambini e decidere per loro cosa è bene fare o pensare, quella scuola è da abolire: non c'è nulla in merito alla libertà che un bambino non sappia già! Dobbiamo quindi cambiare il modo di pensare, se vogliamo cambiare davvero il mondo. Chi ha paura di questo cambiamento è parte del problema e si lascia volentieri catturare dalla favola secondo cui l'uomo nascerebbe malvagio, credendola una verità, come scriveva bene anche Erich Fromm, soltanto per giustificare la sua paura e rimanervi incastrato dentro, perché, diciamolo, è tanto comoda la paura della libertà per rimanere passivi, schiavi, e giustificare così la delega a un governo. Evviva i bambini liberi da noi adulti! E smettiamola con queste scuole, con tutte le scuole! 

Il libro 'Perché dobbiamo abolire la scuola'

Quale scuola, secondo l'anarchia? Nessuna, ovviamente!


Contro il sistema educativo, contro l'idea stessa di scuola, l'anarchia ha sempre reagito opponendo all'atto di fede - che è andato via via rafforzandosi fino a oggi - la potenza del dato reale, l'inoppugnabilità dei risultati visibili. Sono infatti i risultati ottenuti dalla scolarizzazione, specie da quando è stata introdotta l'obbligatorietà dell'istruzione di stato, l'unica forza in grado di smantellare la falsità del dogma scolastico. Da più di un secolo, quindi, i propositi dell'anarchia rispetto alla scuola esprimono l'idea di abolizione della stessa. 

L'anarchia ha da sempre la piena consapevolezza del fatto che il bambino è un individuo e che, come tale, possiede fin dalla nascita il diritto naturale di essere come egli desidera essere, senza sottomissioni ad ingerenze pedagogiche o progetti educativi provenienti dall'esterno, fossero anche i più progressisti, somministrati nel modo più 'libero' e dagli educatori più saggi. Anche il bambino ha bisogno di essere liberato da ciò che lo imprigiona, lui più di tutti, come diceva William Morris già nel XIX secolo! Chi dà voce al bambino prigioniero, se non l'anarchia odierna?

Alcuni filosofi e sociologi, come ad esempio William Godwin, posero la questione dell'istruzione sotto la lente di ingrandimento della critica sociale già alla fine del XVIII secolo, ma occorse aspettare gli anni '50 e '60 del secolo scorso - se vogliamo escludere il pensiero abolizionista di Giovanni Papini dei primi anni del Novecento - per far emergere in modo chiaro e limpido un bisogno condiviso di farla finita con la scuola. E' stato Ivan Illich a esprimere chiaramente in un testo specifico la necessità di abolire l'istituzione scolastica con il suo 'Descolarizzare la società', ma anche con altri scritti come 'Distruggere la scuola' e attraverso conferenze varie in giro per il mondo. Siamo già negli anni '70 del secolo scorso, e nello stesso periodo il famoso pediatra anarchico Marcello Bernardi auspicava per il bambino un mondo senza alcuna struttura educante. 

'Descolarizzare la società' di Illich si configurò fin da subito come un vero testo-faro per le coscienze rivoluzionarie anarchiche che, da tempo ormai, non avevano quasi più nulla da spartire con la 'vecchia guardia anarchica' riguardo al tema scuola. La scuola riformata, abbellita, modernizzata, aperta quanto si vuole, con insegnanti liberi quanto si desidera, non è infatti che la solita trappola universale (Paul Goodman), agghindata in modo più accattivante. Perciò le idee educative progressiste che potevano ancora attrarre la vecchia guardia anarchia ottocentesca - ma che in fin dei conti non risolvevano il problema (perciò oggi oggetto di interesse da parte del comunismo riformista) - evolvettero in idee autenticamente rivoluzionarie, anarchiche. 

Questa evoluzione dell'idea anarchica, che sul tema scuola da riformista divenne rivoluzionaria, fu necessaria anche a causa del sempre più crescente interesse del sistema industriale e militare nei confronti della scuola, un interesse con cui l'anarchia del dopoguerra ha dovuto fare i conti, reagendo proprio con il concetto di abolizione della scuola. Oggi l'anarchia è tesa allo sviluppo dell'autonomia del bambino e all'abolizione dell'educazionismo a tutti i costi, perché qualsiasi educazionismo si fonda sul dominio. Oltre a Illich, si aggiungono oggi altri studiosi come ad esempio Benjamin Kiesewetter, e altri anarchici come Yves Bonnardel, o Pedro Garcia Olivo, nella lotta per la descolarizzazione, per la liberazione del bambino e, di conseguenza, anche dell'umanità. 

Sono stati fatti molti passi avanti rispetto alle vecchie scuole libertarie di Francisco Ferrer, Lev Tolstoj, Sébastien Faure, ecc., e anche rispetto alle idee di Bakunin e Kropotkin sul tema scuola. Le loro visioni sul sistema educativo, buone ancora nell'Ottocento, oggi sono equiparabili ai progetti pedagogici riformisti tanto apprezzati dal sistema di potere padronale, quindi persino dalle destre che, come ultimamente abbiamo visto, ci tengono all'istruzione delle masse (non a caso) e condannano quei genitori che non mandano a scuola i loro figli. Saranno felici anche i comunisti di partito. 

Per l'anarchia, dunque, oggi non c'è più spazio per la scuola, ancorché riformata, non può più esserci, sarebbe come se l'anarchia dichiarasse - come fanno le masse istruite - che un potere buono esiste se il governante è illuminato. L'anarchia sa che questo è impossibile, come oggi sa perfettamente che non esiste una scuola buona, neppure se illuminato è il pedagogo! Sul tema scuola, insomma, Bakunin, Tolstoj, Kropotkin e gli altri sono ampiamente superati, hanno fatto il loro tempo, da un bel po'! Oggi è tempo di descolarizzare il mondo. 

'Giro giro tondo, cambia il mondo', cantava Gaber su testo di Luporini in 'Non insegnate ai bambini'. Non è un caso.

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Decreto Caivano: destra e sinistra unite appassionatamente per la scuola.


 Il governo dei seguaci del fascismo prende di mira i genitori dei figli che non andrebbero a scuola. Il governo nostalgico vuole tutti a scuola, proprio come i comunisti, ma anche più dei comunisti, visto che i fascisti prevedono pure il carcere per i genitori che non assolverebbero all'obbligo di istruzione dei loro figli. Questi fascisti ci tengono proprio a scolarizzare tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso! Ma esistono davvero quelli che non vanno a scuola? O si tratta anche questo di un mito, come emerge dai dati Istat che abbiamo riportato in un post precedente? E' bene ricordare che già oggi (e da anni è così) quando un genitore non manda il figlio a scuola è soggetto a denuncia, una denuncia che parte dalla segnalazione del dirigente scolastico e arriva fino ai carabinieri che alla fine bussano alla porta di quel genitore. Da quando è stato istituito l'obbligo di istruzione si fa così, purtroppo, e quindi nessuno si salva dall'essere scolarizzato (a scuola o altrove, ma tutti devono essere colonizzati da questa cultura autoritaria e devono dimostrarlo con esami specifici!). Se poi un giovane smette di andare a scuola a 16 anni, è liberissimo di farlo, perché oggi l'obbligo a quell'età svanisce. 

Ad ogni modo, che i fascisti abbiano a cuore la scuola non c'è da sorprendersi, sapete? Chi segue il blog o la pagina facebook sa bene qual è il vero scopo della scuola nella società, non è il caso di ribadirlo. Speriamo tuttavia che la notizia di questa attenzione dei fascisti nei riguardi della scolarizzazione forzata smonti finalmente il luogo comune secondo cui l'istruzione scolastica serva a edificare una società libera e antiautoritaria, perché la scuola fa invece esattamente il contrario, lo fa benissimo da sempre, nonostante i buoni propositi progressisti di molti docenti, propositi che non servono a niente perché tutti, soprattutto loro, i docenti, continuano a crogiolarsi con soddisfazione beghina nel luogo comune, e nel sistema perverso della competizione scolastica e del signorsì-avanti-marsh! E' il meccanismo scolastico in sé che fascistizza, ed è un meccanismo ben oleato dagli stessi operatori della scuola, dai docenti, dai tecnici, dai dirigenti, da tutta la società già perfettamente scolarizzata... E' un meccanismo distopico, quello della scuola, del quale tutti questi operatori, interni ed esterni, non saprebbero fare a meno, di cui non si vogliono liberare, in cui credono dogmaticamente. Perché la scuola, purtroppo, come diceva bene Ivan Illich, è una chiesa! e anche, come diceva Paul Goodman, una trappola universale!

'Intelligenza artificiale' ed etica. Quale etica? Chi la decide?


C'
è un modus operandi caratteristico di questo sistema che tende sempre al potenziamento dell'autoritarismo strutturale della nostra società. Questo modus si può riassumere con la formula 'se ci sarà da aggiustare lo vedremo, ma intanto lasciateci fare'. Ecco un inganno proprio di chi gestisce il potere e l'immenso apparato distopico amministrativo destinato ai nostri rapporti ormai disumanizzati. Lo scopo è raggiungere un obiettivo nefasto dicendo 'intanto facciamolo, poi faremo delle leggi specifiche che regolamenteranno il problema'. 
Ora, quelli che scrivono le leggi sventolano sempre ai quattro venti che la legge (soltanto la loro) si basa su dei valori etici o morali, invitandoci di conseguenza a stare tranquilli, perché - dicono sempre i governanti e i giuristi - la legge ha come sua base dei valori giusti e attenti (li chiamano 'valori democratici'). L'esperienza però ci racconta che a forza di fidarci delle loro 'leggi democratiche' o della loro etica siamo arrivati a un altissimo grado di disumanità e ingiustizia. Com'è sto fatto? Il fatto invece è che se la nostra società volesse fondarsi su valori veramente etici o morali, l'idea stessa di 'governo' sarebbe messa al bando ancora prima di pensare di realizzarla. Non c'è niente di meno etico o morale di un governo, già solo come concetto, figuriamoci le sue leggi! 
Vogliono quindi realizzare progetti che racchiudono dei pericoli per noi tutti catastrofici, distopici al massimo (ad esempio la cosiddetta 'Intelligenza Artificiale' - 'AI') e come sempre ci dicono: 'sì, ci possono essere dei problemi, ma voi lasciateci fare, poi scriveremo delle leggi a regolamentare il problema etico'. Ecco un nuovo inganno che si concretizzerà attraverso il solito vecchio modus operandi. Ci racconteranno ad esempio, come al solito, che l'AI è necessaria per la nostra sicurezza, lo stanno già dicendo, ma anche questa è una storia vecchia, un pretesto antico che non funziona quasi più. Da questo punto di vista la gente sembra più accorta di un tempo.
Ma una vera etica - dicasi vera e umana, libertaria - quindi messa veramente a difesa di tutti, se non venisse come sempre criminalizzata, avrebbe già dovuto imporsi, avrebbe già dovuto sovrintendere e orientare da molto tempo in quelle direzioni che, soltanto e sicuramente, non costituiscono pericoli per l'umanità. Ad esempio, si potrebbe benissimo usare l'AI soltanto per la tutela della nostra salute fisica e per poche altre cose davvero indispensabili, se poi ce ne sono, se non sono le solite velleità e capricci di autorità e ricercatori a caccia soltanto di primati e medagliette. Ma fare questo non conviene al potere e, come al solito, il progetto distopico dell'AI abbraccerà purtroppo ogni ambito del sistema (soprattutto quello relativo al controllo sociale e alla repressione) e ci travolgerà in malo modo, forse definitivamente, anche e soprattutto per colpa delle loro leggi democratiche. Abbiamo una grande esperienza, ormai. 
Ribadiamo il concetto in modo ancora più semplice: una vera etica o una morale integra e onesta rivolte all'essere umano e che agiscano a monte, come dovrebbero fare, non permetterebbero per nessun motivo al mondo l'esistenza di governi e di leggi calate dall'alto, nemmeno come idea, figuriamoci l'esistenza di un'AI in mano a polizie, eserciti e potentati burocratico-finanziari. L'AI sarà un'altra arma micidiale in mano alla violenza legalizzata che organizza guerre e genocidi, ma ci faranno credere che lavorano per il nostro bene e che il problema dell'umanità è il solito ladruncolo di quartiere.

Basaglia e la scuola come istituzione violenta


F
ranco Basaglia, nel corso della sua vita, ha avuto modo di esprimere pienamente il suo pensiero anche in merito alla nostra società, al concetto di potere, alle istituzioni dello stato che egli definiva senza mezzi termini istituzioni violente: violente per loro stessa natura. Fra queste istituzioni Basaglia annoverava la scuola, con i suoi meccanismi interni distopici, spesso occulti, e con i suoi tecnici (i docenti) che, diceva, hanno un ruolo mistificante, perché, come gli altri tecnici delle altre istituzioni 'non fanno che consentire, con la loro azione tecnica apparentemente riparatrice e non violenta, il perpetuarsi della violenza globale. Il loro compito - che viene definito terapeutico-orientativo - è quello di adattare gli individui [nel nostro caso gli studenti, ndr] ad accettare la loro condizione di «oggetti di violenza», dando per scontato che l’essere oggetto di violenza sia l’unica realtà loro concessa, al di là delle diverse modalità di adattamento che potranno adottare'. La presa di posizione basagliana sulla scuola, però, come sappiamo, non è stata al centro delle sue battaglie. Tuttavia parlarne gli è servito per raggiungere il suo obiettivo. 
E' interessante notare come in quegli anni, tra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso, vi sia stata una concentrazione di intellettuali e professionisti che rilanciavano le medesime questioni, ognuno analizzando la società dal suo punto di vista e arrivando però tutti alle medesime conclusioni: questo sistema nasce dalla violenza e attraverso questa si esprime per ottenere la perpetuazione del suo tipo di ordine fatto di pochi oppressori e molti oppressi. Così, ad esempio, troviamo un Michel Foucault che ci parla della scuola come al modello usato per concepire le prigioni moderne, ma anche di come il vero potere, quello concreto e palpabile, consista non tanto nell'antico concetto del vertice di una piramide, ma nella rete operosa di funzioni svolte alla base dagli stessi oppressi, laddove le istituzioni che sembrano le più filantropiche sono invece quelle che ci sono più deleterie. Ma c'è anche un Ivan Illich che, anziché di tecnici come li chiama Basaglia, parla spessissimo di specialisti, quindi della loro dittatura che ha finito per inglobarci tutti nella convinzione che non si possa più fare nulla senza di loro, in primo luogo istruirsi.
Quando recentemente, dopo aver letto il mio libro, una persona mi ha definito 'il Basaglia della scuola', mi sono sentito lusingato da una parte, ma demoralizzato dall'altra, perché la storia della 'legge 180' - voglio dire, i suoi sviluppi storici - non sono poi quelli che Basaglia aveva sognato. E se quella libertà degli internati sognata da Basaglia si è solo trasformata in una prigionìa diversa, in una riforma del male, mi rendo conto che parlare di descolarizzazione oggi, soprattutto oggi, non solo risulta qualcosa di fortemente eretico e assurdo, ma anche qualcosa di molto ostico da comprendere, quando non impossibile. Basaglia, quanto meno, aveva il supporto morale di una società allora fortemente e fortunatamente critica, fatta di giovani sessantottini che lo capivano e ne appoggiavano il pensiero e gli obiettivi. E anche Illich, negli stessi anni di Basaglia, godeva del supporto morale di una larga parte di società. Erano davvero anni meravigliosi dal punto di vista del pensiero critico giovanile, dell'apertura mentale, e delle lotte sociali. Ma oggi parlare di descolarizzazione è condannarsi a una solitudine che rende minuscoli e impotenti dentro un'immensa galassia fatta di stelle ormai devitalizzate, normalizzate, morte. Lo dico con amarezza: mi sento una voce nel deserto.
Mi auguro solo, come storia insegna, che da questo silenzio siderale sulla descolarizzazione nasca presto un movimento di liberazione dei bambini così forte, così grande, così potente, da riuscire a cambiare definitivamente le sorti infauste di questo mondo disumanizzato e colonizzato dall'istruzione di stato. In direzione ostinata e contraria.

Non esiste alcun problema di abbandono scolastico


La scuola è utile soltanto all'autopoiesi di questo genere di società, e ci riesce benissimo. La classe dominante, interessata a perpetuare l'ordine statuale e il suo privilegio, gestisce la sua scuola in funzione di quell'obiettivo autopoietico, perciò essa rimane sempre oggetto di grande interesse dei vari governi. Secondo il volere e l'esigenza del Capitale pubblico e privato, nessuno studente (futuro schiavo ubbidiente e educato produttore/consumatore/contribuente) dovrebbe sfuggire alle maglie della scuola, perché l'addestramento delle nuove generazioni a questo sistema deve essere totale e capillare. 
A questo scopo, gli uffici della propaganda di stato fanno credere che i nostri problemi sono causati da coloro che lasciano la scuola. Quindi li vediamo, questi propagandisti del terrore sociale, che organizzano campagne pubbliche e corsi vari di aggiornamento sul modo in cui evitare che anche un solo studente abbandoni la scuola. 
Ma in realtà non esistono studenti che abbandonano la scuola, dal momento che l'istruzione è obbligatoria. Fino all'età di 16 anni tutti i giovani devono andare a scuola con le buone o con le cattive. Dopo i 16 anni, terminato dunque l'obbligo, nessuno studente che decida di lasciare la scuola può diventare oggetto di stigma e di caccia da parte dell'istituzione. Non è un caso che l'Istat, nei suoi computi statistici sul presunto problema dell''abbandono scolastico', inizi a computare a partire dall'età di 18 anni, fino ai 24. Ma a cosa serve saperlo se l'obbligo di istruzione è fissato a 16 anni? Ripeto, non può diventare uno stigma il fatto di uscire legittimamente dalla scuola una volta compiuti i 16 anni! Eppure, sembra che anche questa libertà costituisca un grave problema degno di segnalazione e allarme nazionale! 
Ma vediamoli questi giovani che si liberano dall'addestramento scolastico (comunque già abbondantemente ricevuto). Quanti sono? Secondo l'Istat, nel 2020 gli studenti dai 18 ai 24 anni che hanno abbandonato legittimamente la scuola sono in totale 543. Ora, per dirla terra terra e in modo chiaro, senza entrare nel merito della vita di questi giovani che, per quanto mi riguarda, potrebbero anche essere felici, ma se pensiamo che i problemi dell'Italia siano causati da loro, che sono appena 543, significa che non abbiamo neppure capito dove stiamo di casa. Io mi preoccuperei piuttosto dei 606 membri del Parlamento, augurandomi che siano loro - come altri al posto loro - a non dover mai più abitare quel luogo.

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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