Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Sovrastrutture puzzolenti

 


 L
a morale sancita dal cosiddetto 'diritto divino', consacrata dalla violenza delle armi di stato e dal diritto costituzionale e civile di stampo borghese, ci inculca fin dalla nascita la menzogna secondo cui l'essere umano, in quanto tale, senza cioè sovrastrutture culturali, rimarrebbe una sorta di bestia immonda, dedita alla violenza e a ogni sorta di 'peccato' e trivialità. Ci inculca quindi che, per ovviare a questo destino, ci occorre seguire rigorosamente dei precetti e dottrine che altri individui, perfettamente umani come noi, decidono essere quelli giusti e buoni per tutti. Smettiamola con gli pseudo filosofi del XVII secolo! Le contraddizioni sono evidenti, ma questa condotta è sempre stata accolta dalle povere genti antiche e da queste salutata come vera opera di salvezza, propria e collettiva. 'Viva la cultura', si grida sempre. Già, ma nessuno si pone il problema di quale tipo di cultura si vada sempre inneggiando! Com'è possibile tanta dogmatica superficialità? 
Ancora oggi, direi anzi oggi più di ieri, fa comodo pensare che l'essere umano abbia bisogno di altri esseri umani per sapere il come si fa, il come si deve, il cosa è giusto o sbagliato. Perché mai un altro essere umano dovrebbe dire a me, che sono un essere umano come lui, cosa è giusto o sbagliato? Perché mai dovrei credere che lui sappia, mentre io no? Nei tempi antichi, i despoti e i teocrati potevano anche convincere le masse ingenue e schiave di possedere un mandato divino, che non erano quindi dei veri esseri umani a governarle, e quindi quelle masse ignoranti potevano credere alla natura divina di chi dettava loro le leggi, e accettavano ogni imposizione. All'epoca era forse concepibile una cosa del genere (anche se sappiamo che per convincere quelle masse ignoranti occorreva adoperare molta violenza). Ma oggi? 
Si direbbe che ancora oggi le masse vogliano inconsciamente attribuire ai governanti poteri sovrannaturali o natali divini. Esiste ancora, ahimé, il culto della personalità, che ogni governante non a caso cura con diligenza. C'è da ridere, o piuttosto da piangere. Non vorrei farla lunga, qui, raccontando ad esempio di come la violenza antica, visibile, quella fatta di catene e scudisci per persuadere gli schiavi a ubbidire, si sia trasformata oggi in violenza invisibile attraverso la scuola e in un tipo preciso di cultura (catene e scudisci mentali). Semplicemente voglio dire che in realtà, quando in questa società nasce un bambino, si comincia a ricoprirlo di sovrastrutture. Strato dopo strato, dopo strato, dopo strato... si avvolge l'individuo di morali, e credenze, e dogmi, di tutto un sistema paradigmatico che finisce per essere creduto - ahimé quello! - come la nostra vera identità. Noi oggi ci identifichiamo nelle sovrastrutture che ci rendono disumani e brutali, incredibile no?
Perciò bisogna dirlo: sotto le sovrastrutture non c'è il nulla, tutt'altro! La vera nostra identità è stata soffocata da tutti quegli strati. L'essere umano è sparito sotto il peso di tutte le nostre sovrastrutture che addirittura preserviamo e insegniamo ai bambini. Ora, nonostante tutti gli studi compiuti anche dalla sociologia e l'antropologia moderne, continuiamo purtroppo a credere che l'individuo, spogliato da queste sovrastrutture, diventi come la bestia immonda di cui sopra, senza neppure voler vedere - e l'immagine è chiarissima - che il mondo sta soffrendo di violenza e trivialità proprio per colpa di quegli strati soffocanti di immondizia culturale, e che sotto quegli strati c'è l'essere umano, col suo naturale istinto di vita e di felicità condivisa, non la violenza brutale, come ci fa credere quella stessa cultura che ci abbrutisce!

La fine della democrazia


 
Quello che i politologi e gli studiosi di democrazia sanno molto bene è il fatto che quest'ultima non ha mai garantito, da ben 25 secoli, una gestione umana della società. Alcuni di questi analisti affermano oggi - senza più sentire la necessità di nascondere la cosa - che la democrazia si caratterizza invece per un autoritarismo calcolato, voluto. Quello della libertà raggiunta attraverso la democrazia risulta (finalmente lo ammettono!) un mito, una favola, mera illusione. Peraltro, esperti di democrazia che rilasciano interviste alla radio nazionale (ascoltati poco fa - RaiRadio3) ammettono anche che la democrazia è moribonda e che una società può reggersi in modo umano e sostenibile utilizzando altre logiche, altre forme che non siano la democrazia. Ma non specificano quali. Quello che infatti questi esperti non osano ancora dichiarare apertamente è che la libertà e la giustizia tanto millantate dalla democrazia da fin troppo tempo possono essere raggiunte dall'anarchia, purché le masse si allontanino dalla cultura imperante e si accorgano finalmente, informandosi altrove che a scuola et sim., che l'anarchia è l'ordine senza l'autorità, non la trita serie di luoghi comuni o una promessa di terrore. Il terrore è adesso, lo è da circa 5000 anni, dall'invenzione dello stato.

La formula della convivenza tra uomini o tra gruppi di uomini all'insegna della libertà l'abbiamo già alla nascita; nulla di scritto sulla carta, è una questione biologica e di sopravvivenza, come ci insegnava già Kropotkin e successivamente antropologi e sociologi, è un istinto che si esplica e si articola in base ai contesti e ai tempi in cui i gruppi umani si trovano a vivere, purché esso venga assecondato e realizzato senza principio di dominio o di potere o di scale gerarchiche attive. Niente servi e niente padroni. 

Poiché è oggettivamente difficile - ma non impossibile - sbarazzarsi della nostra cultura fondata sul dogma della competizione e sul potere politico-economico-militare-religioso, è evidente e logico, mi pare, che l'indispensabile sia lasciare che i bambini non vengano influenzati da quella, ma che sviluppino completamente l'istinto di cooperazione e di libertà, quelle caratteristiche umane innate che non a caso l'istituzione scolastica distrugge sistematicamente, scientemente, ineluttabilmente, nonostante le buone intenzioni dei docenti, la maggior parte dei quali totalmente ignari del programma occulto della scuola e, di questo, esecutori/difensori agguerriti: i migliori alleati del sistema. Praticare dunque la libertà, senza soffocarla come fa la scuola e come vuole una società scolarizzata, è la strada più lungimirante da percorrere, certamente la risposta alla menzogna della dittatura democratica e di tutte le altre dittature.

Gli anarchici, i bambini e la scuola.

Gli anarchici hanno fiducia nell'individuo e nell'umanità. E' una fiducia rivolta all'individuo in quanto tale, cioè a un essere umano unico, irripetibile, il che significa credere a un essere umano non manipolato dall'esterno. Gli anarchici odiano la manipolazione, da qualunque parte essa arrivi e, a loro volta, ovviamente, non manipolano nessuno. E' una fiducia nell'individuo, quella anarchica, che concerne il nostro profondo, che sposta l'attenzione dalla competenza acquisita, a cui la nostra società aspira, alla potenzialità innata. Capite la differenza? Quella anarchica è una fiducia nei riguardi dell'essere umano inteso come l'espressione piena e viva della natura. L'essere umano non manipolato è in grado di soddisfare se stesso e, nel farlo, soddisfa e alimenta la natura, ne rispetta il ciclo vitale. 

Nessun anarchico potrebbe mai manipolare un bambino, quindi credere, ad esempio, come fa la massa, che un bambino è una specie di idiota o un sacco vuoto da riempire o un automa in cui inserire un programma per animarlo ed emanciparlo (un bambino nasce già libero e anarchico, non ha sovrastrutture, né dogmi e purulenze culturali, cos'altro desiderare?). Solo i preti, i politici e i pedagoghi - e ovviamente una società già indottrinata - pensano al bambino come a un essere da catturare e istruire obbligatoriamente per mezzo di qualche specialista, ancorché 'rivoluzionario', e di strutture istituzionali che sono sempre puntualmente istituzionalizzanti per loro natura. 

Ogni bambino è in realtà un germoglio unico che nasce possedendo già un'istruzione precisa data dalla natura, e con quella sua istruzione innata vorrebbe continuare a svilupparsi, ma la società nostra, questa, culturalmente deviata, non glielo permette. Nessun anarchico penserebbe mai di legare quello splendido e autonomo germoglio a un bastoncino per farlo crescere dritto. Quelli di 'dritto' o di 'giusto' o di 'bene' (così come i loro contrari) sono concetti assolutamente relativi e interessati, perciò nessuno, nemmeno un anarchico, può arrogarsi il diritto di decidere per il bambino che cosa sia 'dritto', 'giusto' o 'bene'. Questo gli anarchici lo sanno. E' coerente credere che parlare di 'educatore anarchico' sia un vero ossimoro.

Il bambino rappresenta e contiene tutta la meraviglia e la libertà che ci aspettiamo dal mondo che sogniamo, perché modificare il bambino a nostro piacimento? Lasciamo dunque in pace i bambini! La scuola è distruttiva, è un'istituzione totale e autoritaria, e non si riforma, non si cambia, si deve solo abolire. Se anche una scuola libertaria si comporta in modo da catturare i bambini e decidere per loro cosa è bene fare o pensare, quella scuola è da abolire: non c'è nulla in merito alla libertà che un bambino non sappia già! Dobbiamo quindi cambiare il modo di pensare, se vogliamo cambiare davvero il mondo. Chi ha paura di questo cambiamento è parte del problema e si lascia volentieri catturare dalla favola secondo cui l'uomo nascerebbe malvagio, credendola una verità, come scriveva bene anche Erich Fromm, soltanto per giustificare la sua paura e rimanervi incastrato dentro, perché, diciamolo, è tanto comoda la paura della libertà per rimanere passivi, schiavi, e giustificare così la delega a un governo. Evviva i bambini liberi da noi adulti! E smettiamola con queste scuole, con tutte le scuole! 

Il libro 'Perché dobbiamo abolire la scuola'

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

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